
A seguito della tappa capodistriana, presso il Dipartimento di Italianistica della Facoltà di Filosofia dell’Ateneo si è svolto un incontro di notevole spessore culturale e intellettuale, volto a esplorare le nuove frontiere della drammaturgia europea. L’iniziativa, frutto della sinergia tra il Dramma Italiano di Fiume, il Centro Italiano “Carlo Combi” e il suddetto Dipartimento, ha visto come ospite d’onore Federico Bellini, raffinato autore e dramaturg di rilievo internazionale, accompagnato da tre giovani voci emergenti del teatro contemporaneo: Giulia Bartolini, Simone Corso e Floria Laetitia (alias Francesco Cecchi Aglietti).
L’incontro, intitolato “Le nuove forme di drammaturgia in Europa”, si inserisce nel progetto “Futuro Passato” promosso da FESTIL, dedicato quest’anno ai temi dell’identità europea, dei confini culturali e dell’appartenenza. I tre autori stanno partecipando a una residenza artistica tra Udine e Fiume, sotto la guida di Bellini, con l’obiettivo di dar vita a testi inediti che riflettano sulle contraddizioni e le tensioni dell’Unione Europea. Al termine della residenza, il testo giudicato più significativo sarà prodotto e portato in scena, mentre gli altri due verranno proposti in forma di lettura scenica. L’evento ha offerto una riflessione comparativa sulle estetiche teatrali emergenti in Europa, permettendo agli studenti di confrontarsi con le profonde trasformazioni che interessano oggi la figura del dramaturg, divenuta sempre più centrale nei processi creativi.
La Giornata della Facoltà
A dare il benvenuto agli ospiti sono state Corinna Gerbaz Giuliano, responsabile del Dipartimento di Italianistica, e Barbara Kalebić Maglica, preside f.f. della Facoltà di Lettere e Filosofia, che hanno espresso profonda soddisfazione per poter celebrare la Giornata della Facoltà con un evento di tale rilievo. Numerose le presenze accademiche, tra cui le docenti Gianna Mazzieri-Sanković, Martina Sanković Ivančić, Iva Peršić, Maja Đurđulov, la lettrice Chiara Cenci e i professori Elvio Baccarini e Ivan Jelić, il presidente della Comunità degli Italiani di Fiume Enea Dessardo, e Mirko Soldano, direttore ad interim del Dramma Italiano, affiancato da Noemi Dessardo, produttrice esecutiva dello stesso.

Il teatro come spazio di dialogo
Molto significativo l’intervento della sovrintendente del Teatro Nazionale Croato “Ivan de Zajc” di Fiume, Dubravka Vrgoč, che ha illustrato il suo progetto di un teatro profondamente radicato nella realtà locale, ma aperto a un dialogo costante con il contesto europeo. Forte di una lunga esperienza con teatri italiani, tra cui spiccano le recenti collaborazioni con il Teatro Veneto e l’allestimento de “La moglie saggia” di Goldoni, Vrgoč ha descritto un modello di teatro contemporaneo, accessibile e consapevole, attualmente impegnato nella coproduzione di “Castelli di rabbia” di Alessandro Baricco. Ha inoltre posto l’accento sull’urgenza di valorizzare la figura del drammaturgo, spesso trascurata, e sull’importanza di una sostenibilità istituzionale che consenta al teatro di essere anche uno spazio formativo e critico per le nuove generazioni.
Sullo stesso tono, Soldano ha ribadito il valore centrale della parola e della scrittura nella tradizione del Dramma Italiano, istituzione prossima a celebrare ottant’anni di attività, ponte vivo tra l’identità italiana e il contesto croato-sloveno. Ha sottolineato come “Futuro Passato” rappresenti un’occasione per rafforzare il legame tra teatro, lingua e comunità, generando una memoria condivisa che intreccia tradizione, innovazione e appartenenza.

La parola come gesto
Fulcro della giornata è stato l’intervento di Federico Bellini, che ha offerto un’analisi lucida delle trasformazioni della drammaturgia europea. Primo tema affrontato è stato il superamento della cosiddetta “quarta parete”, paradigma ormai in crisi, a favore di un teatro che interroga, coinvolge e destabilizza. Bellini ha illustrato le nuove configurazioni relazionali tra scena e spettatore, che da osservatore passivo diviene interlocutore attivo, co-autore del senso. Dalle forme immersive al teatro-conferenza, la scena contemporanea si orienta sempre più verso dispositivi che favoriscono una partecipazione critica e consapevole. L’autore ha individuato nella parola il nucleo vitale del teatro europeo contemporaneo.
Citando Peter Handke e Samuel Beckett, ha evidenziato una tendenza crescente verso scritture che non raccontano, ma affermano. La narrazione cede il passo all’enunciazione, alla riflessione, al conflitto linguistico. Il drammaturgo assume così il ruolo di architetto del pensiero, costruttore di dispositivi ideologici e culturali. Questa mutazione comporta una ridefinizione profonda del mestiere, evidenziando, in particolare in Italia, la carenza di una memoria drammaturgica condivisa.
L’assenza di un sistema editoriale e distributivo strutturato ostacola la trasmissione intergenerazionale delle poetiche. In tale scenario, il progetto “Futuro Passato” rappresenta un raro esempio virtuoso, pur restando un caso isolato.

Visioni a confronto
L’intervento si è arricchito di un confronto tra i modelli teatrali europei. In Germania, il ruolo del dramaturg è consolidato e istituzionalizzato, con funzioni che spaziano dalla mediazione artistica alla co-curatela della stagione. In Francia prevale una scrittura autoriale densa di suggestioni filosofiche; in Inghilterra domina un teatro d’immediata attualità, orientato al presente e alla realtà sociale. L’Italia, invece, sconta l’assenza di una progettualità coerente. Ancora legata alla tradizione ottocentesca del capocomico, fatica a strutturare un ecosistema drammaturgico moderno e competitivo.
A conclusione del suo intervento, Bellini ha posto l’attenzione sul tema della ricezione, sottolineando come la comprensione del testo teatrale da parte del pubblico non possa mai essere data per scontata. Il rischio di incomprensioni è elevato, soprattutto in contesti internazionali caratterizzati da codici culturali differenti. Citando un’esperienza personale in Germania, ha mostrato come l’assenza di riferimenti condivisi possa generare fraintendimenti profondi, evidenziando la responsabilità etica e comunicativa che grava su chi scrive.
La domanda che ha accompagnato l’intera giornata resta aperta e carica di interrogativi: ha senso parlare oggi di una “drammaturgia europea”? Secondo il dramaturg, non ancora. Persistono memorie nazionali, scuole stilistiche, modelli produttivi differenti, ma manca un disegno comune, una politica culturale capace di promuovere il dialogo e la coesistenza tra le diversità. Eppure, proprio in questa pluralità risiede il potenziale di una scena futura, un teatro che, senza rinunciare alle proprie radici, sappia farsi attraversamento e occasione di dialogo tra le culture.
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