«Sotto il mantello rosso» e l’esperienza femminile

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«Sotto il mantello rosso» e l’esperienza femminile

FIUME | “Sotto il mantello rosso” è il titolo della mostra, tutta al femminile, allestita nella galleria “Juraj Klović“, che vede la partecipazione di otto autrici la cui espressione artistica si basa sull’introspezione e sulla ricerca nella loro storia intima – Ivana Butković, Adela Vilić-Miloš, Sara Salamon (con Hrvoje Spudić), Liberta Mišan, Ela Štefanac, Nives Žarković, Darija Žmak-Kunić e Melita Sorola Staničić. La metafora del “mantello rosso” – come spiegato dalle autrici del catalogo, Darija Žmak Kunić e Sara Salamon – fa riferimento al libro “Il tendone rosso”, di Anita Diamant, nel quale si intrecciano storie della Bibbia e la quotidianità delle donne raccontate attraverso la protagonista Dina. Il libro segue la sua vita dall’infanzia, attraverso l’amore tragico, fino a raggiungere la pace in Egitto. Attraverso la sua storia viene illustrato il mondo pittoresco e spietato dell’Antico Testamento, epoca in cui le donne venivano isolate in un tendone rosso dal resto della tribù durante il loro ciclo mestruale, il parto o la malattia e durante questi periodi apprendevano i segreti della sessualità e i rituali della tribù.

Dal momento che la salute della donna è intrecciata fino alla radice con la cultura dalla quale proviene, il suo status nella società e lo stile di vita, le artiste Ivana Butković, Sara Salamon, Ela Štefanac e Darija Žmak Kunić hanno deciso di… confessarsi includendo nel processo le loro amiche Adela Vilić-Miloš, Liberta Mišan, Nives Žarković e Melita Sorola Staničić. Il risultato è una ricerca nei vari aspetti dell’esperienza femminile e della storia intima, “il legame senza tempo tra le donne e un’immersione nei segreti del ciclo della vita dalla nascita alla morte”.
Intervallo tra vita e morte
Ivana Butković si presenta con “La straordinaria storia senza parole” (2015), ovvero un video nel quale l’artista esplora le possibilità espressive del corpo attraverso la manipolazione di oggetti e un rapporto interattivo tra gli stessi per creare una storia. Stando all’artista, il potere creativo si muove nell’intervallo tra la vita e la morte. Adela Vilić-Miloš propone l’installazione “Kolam/Insieme” (2018), ispirata ai disegni che le donne in India creano sulla soglia delle loro case con pigmenti naturali per proteggere le loro famiglie. L’artista “disegna” un motivo circolare, che celebra l’energia della comunione, su un tessuto, utilizzando i fossili detti nummuliti. Sara Salamon, assieme a Hrvoje Spudić, si presenta con l’installazione acustica “Oggetti silenziosi” (2018), un progetto molto particolare nell’ambito del quale i due artisti sono alla ricerca del suono nei media più improbabili, in questo caso – la carta. I lavori si basano sul post-minimalismo nella musica, dal momento che il materiale che compone l’installazione si consuma. L’installazione è pure interattiva, in quanto l’osservatore è invitato a creare il suono sovrapponendo un pezzo di carta su una riproduzione di disco in movimento.

La noncuranza della famiglia

Nel suo lavoro “Anonimo” (2017), un ritratto sfocato, Liberta Mišan esplora i rapporti tra le persone che incontriamo quotidianamente, con i quali scambiamo qualche parola in conversazioni banali, ma per le quali non dimostriamo un interesse autentico. Pertanto, nella nostra immaginazione risultano sfocate. Molto intimo e poetico è il lavoro audiovisivo “Il suono del tempo perduto” (2018) di Ela Štefanac, ovvero una serie di diapositive che il padre dell’artista scattò negli anni Novanta, ma che rimasero abbandonate in cantina, riposte in una scatola di cartone sulla quale per anni gocciolava da un tubo che perdeva. Il lavoro è effettivamente la conseguenza della noncuranza della famiglia. Oltre alle diapositive danneggiate, ancora più affascinanti con i segni dell’umidità che le ha intaccate, creando dei “disegni” astratti.

Abusi ignorati dalla società

Nives Žarković denuncia nel suo lavoro “Vergognati” (2018) l’abuso verbale, psicologico e sessuale del quale è stata vittima, ma del quale non si parla. Su un tappeto rosso sono stampati i messaggi volgari e violenti inviateli da un uomo, che dovrebbero suscitare una reazione dal pubblico e fare sì che questioni come queste non vengano ignorate dalla società. Nella sua opera “No, lo farà la mamma” (2018), Darija Žmak-Kunić riflette sulla sua posizione di madre intenta ad allevare i suoi figli, un ruolo bellissimo che, però, al momento non le permette di occuparsi di arte. Per questo motivo, propone un tavolo con sopra una teglia di biscotti sui quali ha inciso le richieste dei suoi figli come “Mamma, ho fame”, “Mamma, mi annoio”, “Mamma, devo andare al bagno” e via dicendo. Melita Sorola Staničić si presenta con tre fotografie che compongono il lavoro “Il tempo dei cambiamenti (crone)” (2018). Negli scatti ritrae tre amiche con le loro madri (nella mitologia del Galles, crone è una vecchia donna. Dopo avere partorito, la donna entra nello stadio di crone, si ritira per riposarsi in solitudine). La mostra si può visitare fino al 29 novembre.

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