Sergio Endrigo. Artista capace di stupire con la sua versatilità

Tre giorni dedicati alla punta di diamante della canzone d’autore italiana, su iniziativa della CI di Pola

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Sergio Endrigo. Artista capace di stupire con la sua versatilità
Tamata Brussich, Matija Dedicć, Igor Galo ed Edi Cukerić. Foto: GIULIANO LIBANORE

Eclettico, poliedrico, raffinato e capace di stupire con la sua versatilità: dalle canzoni d’amore alle canzoni per bambini, passando per i brani più impegnati. Sergio Endrigo, punta di diamante della canzone d’autore italiana, scomparso nel 2005, continua però a essere ingiustamente dimenticato da molti. Non da Pola, sua città Natale, che su iniziativa della locale Comunità degli Italiani ha voluto rendere il giusto e doveroso tributo e omaggio a uno dei più grandi artisti della musica italiana, un vero e proprio poeta della canzone. Lo ha fatto dedicandogli non una, non due, bensì tre giornate. Intitolata “Emozione e sentimento”, la tre giorni dedicata a Sergio Endrigo è stata inaugurata venerdì sera con una tavola rotonda sul cantautore polesano. Un incontro che ha visto la partecipazione della presidente della CI di Pola Tamara Brussich (in qualità di moderatrice della serata), della giornalista del nostro quotidiano, Carla Rotta, dell’etnomusicologo Dario Marušić e del giornalista musicale Andrea Effe, che ha esordito dicendo che quella di Sergio Endrigo è non soltanto la storia di un musicista, ma anche la storia di un esule istriano costretto a lasciare la città dov’era nato. “Un accadimento che lo ha segnato, ma che non ha lasciato in lui né amarezza nè recriminazioni per come sono andate le cose” ha detto Effe, che di Endrigo – che ha avuto modo di conoscere lavorando per Radio Capodistria – conserva un ricordo duplice e molto tenero. “Quando l’ho conosciuto era ormai molto anziano e cagionevole di salute” racconta il giornalista, che nel prosieguo del discorso ricorda che Endrigo aveva anche in parte perso l’udito e che il non poter più cantare come una volta lo faceva impazzire e lo rendeva ancora più fragile. Effe custodisce, però, anche un secondo ricordo, divertente, del cantautore. “Nonostante l’età, la sofferenza fisica e la malattia che lo rendevano fragile, Endrigo era un uomo dall’umorismo pazzesco. Rideva, scherzava e amava divertirsi, anche prendendosi in giro” rammenta Effe, dai cui ricordi traspare anche un Sergio Endrigo autoironico. “Parlando di sé diceva in modo scherzoso di essere sfigato perché aveva la faccia triste” ha raccontato Effe. D’altronde, proprio per questo motivo Endrigo fu da molti descritto come un cantante triste. Il giornalista ha voluto però sfatare questo mito. “Endrigo aveva un umorismo fuori dal comune e molte sue canzoni contengono diversi momenti di ironia e autoironia. Un umorismo che traspare anche nel modo in cui il cantautore raccontava la vita e i vari accadimenti. Effe ha quindi raccontato diversi aneddoti su Endrigo, esempio di cantautore colto, riflessivo, elegante e intimo. A differenza del collega, la giornalista e redattrice del nostro quotidiano, Carla Rotta, ha parlato delle canzoni e della poetica del cantatore, evidenziando che a differenza di molti Endrigo, in un periodo di forte crescita economica e prosperità come quello degli anni ‘50 del secolo scorso, ha portato sul palco canzoni che parlano di tristezza, delusioni e dolori, dando voce ai nostri sentimenti.

Carla Rotta ha quindi continuato dicendo che le canzoni di Endrigo, un uomo capace di sbottonarsi la camicia e mostrare a tutti la sua anima, sono state delle vere e proprie confessioni, delle radiografie dell’anima, delle anime, del sentito, del vissuto e delle esperienze che, purtroppo, per i corsi e ricorsi della storia ha avuto la sfortuna di condividere con una generazione che è stata purtroppo castigata. Carla Rotta si è quindi occupata di alcune canzoni del cantautore come l’Arca di Noè: una canzone con la quale Endrigo, già cinquant’anni, fa lancia un forte messaggio ecologico; una canzone che assieme a “1947” – in cui Endrigo parla dell’esodo e del desiderio di una “casa” stabile – è tutt’oggi più che attuale. L’etnomusicologo Dario Marušić, avvicinatosi alla musica di Endrigo dopo la sua prima apparizione al Festival di Sanremo, si è soffermato soprattutto su un libro scritto e pubblicato nel 2004 dal cantautore: “Quanto mi dai se mi sparo?”, una metafora pungente, un tentativo di raccontare le miserie artistiche della canzone italiana attraverso il dialogo tra i dirigenti della casa discografica del protagonista, Joe Birillo, sulla produzione da proporre al mercato e sul fastidio che egli rappresenta con le sue canzoni. “Insomma – ha detto Marušić – una specie di autobiografia con la quale Endrigo si fa beffa della discografia, dei tanto disprezzati discografici e della società in cui l’annuncio di un possibile suicidio di un cantautore può non essere una tragedia, ma spettacolo e business. Infine, Edi Cukerić, si è concentrato sul progetto “1947”, culminato con l’uscita di un doppio CD premiato con il Porin. A tale proposito ha ricordato che l’iniziativa – promosso in collaborazione con Maurizio Ferlin più di dieci anni fa – ha preso spunto dal concerto di Endrigo al Teatro Popolare Istriano del 1990. “Pensando a quell’esibizione mi venne l’idea di contattare telefonicamente Endrigo e proporgli di realizzare un album assieme ai musicisti di Pola. Era il 2005”, ricorda Cukerić, che nel prosieguo del discorso ricorda che qualche mese dopo Endrigo venne a mancare. “Decidemmo allora di continuare con il nostro progetto e di realizzare un album con le cover di Endrigo. Un’iniziativa che unì per la prima volta l’intera scena culturale e non solo musicale di Pola, desiderosa di rendere il giusto omaggio a un loro concittadino” rammenta Cukerić. Del concerto del 1990 si è parlato anche sabato mattina, quando alla Comunità degli Italiani di Pola è stato presentato il documentario della durata di una quindicina di minuti realizzato in quell’occasione da Igor Galo.

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