«Se tutti noi facessimo la nostra piccola parte, le cose potrebbero davvero cambiare»

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«Se tutti noi facessimo la nostra piccola parte, le cose potrebbero davvero cambiare»

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sono indubbiamente i due personaggi più ricordati e ammirati della storia della lotta alla mafia in Italia. Anche a tre decenni dalle stragi di Capaci (23 maggio 1992) e di via D’Amelio (19 luglio 1992), che decretarono la morte dei due magistrati, le loro vite e l’innarrestabile energia con cui affrontarono la lotta alla criminalità organizzata rappresentano una fonte d’ispirazione e un esempio di tutela del bene comune. A ricordarli, Simone Luglio e Giovanni Santangelo, interpreti di “L’ultima estate. Falcone e Borsellino 30 anni dopo”, scritto da Claudio Fava (presidente della Commissione antimafia dell’Assemblea Regionale Siciliana), per la regia di Chiara Callegari. Lo spettacolo, prodotto dal Teatro Metastasio di Prato, ha debuttato ad aprile di quest’anno, mentre il pubblico croato avrà l’opportunità di vederlo in scena al centro culturale Urania di Zagabria domani alle ore 21 – grazie alla collaborazione con l’Istituto Italiano di Cultura (IIC) della capitale croata -, nonché – per il tramite della promozione e organizzazione del Consolato generale d’Italia a Fiume – alla Casa croata di cultura (HKD) di Fiume sabato 12 novembre alle 20 e al Teatro cittadino “Antonio Coslovich” di Umago lunedì 14 novembre alle 19. A parlarci del lavoro sulla messinscena e dell’importanza del ricordo di Falcone e Borsellino sono stati la regista Chiara Callegari e l’attore Simone Luglio.

Com’è nato il progetto?
Simone: “Sono direttore artistico di Collegamenti – Festival della Legalità, che si svolge a Canicattì, in Sicilia, località tristemente nota per l’assassinio dei giudici Rosario Livatino e Antonino Saetta. In questa direzione artistica avevo voluto inserire un mio progetto, che poi si è legato a una collaborazione che dura da qualche anno con Claudio Fava, al quale ho chiesto il permesso di mettere mano su un suo testo scritto dieci anni fa, sempre su Falcone e Borsellino. Ho chiesto poi a Chiara di occuparsi dell’adattamento e di farne la regia. È stata una specie di work in progress, nel senso che con l’autore e con Chiara, e con altri suggerimenti emersi durante le prove, è nata una nuova drammaturgia, firmata da Claudio Fava. Il progetto è stato inizialmente rappresentato come uno studio, ovvero semplicemente con due microfoni e due attori in scena. L’idea iniziale prevedeva che il progetto rimanesse confinato al Festival, ma all’evento di presentazione aveva assistito anche Leonardo Guarnotta del pool antimafia di Falcone e Borsellino, nonché Fiammetta Borsellino, figlia del magistrato, la cui reazione, assolutamente positiva e commovente, ci ha spinti a proseguire il lavoro. Ciò che distingue il nostro spettacolo dalle solite messinscene sui due magistrati è il punto di vista della storia, quello che parte dal rapporto di amicizia, a volte un po’ goliardico, tra i due personaggi”.
Chiara: “La grande preoccupazione che avevamo nel momento in cui abbiamo deciso di approcciarci a questo tema era di non creare l’ennesimo ‘spettacolo su Falcone e Borsellino’, nel senso che sono due figure fin troppo abusate. Ci siamo chiesti perché volessimo raccontarli oggi, rendendoci conto che in realtà molto spesso vengono presentati come due figure da piedistallo, cioè due figure lontane, più che umane. Sembra quasi un voler pulire le nostre coscienze dicendo: ‘L’hanno fatto loro perché erano persone speciali’. È proprio questo che volevamo evitare. È vero, erano speciali, ma erano uomini esattamente come noi, avevano paure, avevano dubbi, però l’hanno fatto perché era il loro mestiere, era il loro compito. E la cosa incredibile è che l’hanno affrontato perfettamente consapevoli di quello a cui stavano andando incontro. Quindi, toglierli dal piedistallo, avvicinarli e raccontarli dal loro lato più umano, nelle loro sfaccettature più intime, ci sembrava la strategia giusta per renderceli più vicini”.

Una storia che unisce le generazioni
Dal debutto lo scorso aprile a oggi, lo spettacolo ha avuto diverse decine di repliche. Quale è stato il riscontro del pubblico finora?
Chiara: “Le reazioni sono state sempre bellissime ed è interessante vedere la differenza tra pubblico italiano e pubblico straniero. In Italia, gli spettatori vengono a vedere lo spettacolo per via della tematica, si emozionano tantissimo perché conoscono molto da vicino la storia, però nel pubblico si percepisce una sorta di rispetto reverenziale, quindi nei punti più ‘comici’ ridono solo i ragazzi, mentre gli adulti non si sciolgono, provando quasi un’amarezza. Alla fine delle repliche ci fermiamo spesso a parlare con gli spettatori perché le persone hanno voglia di raccontarci dov’erano quando avevano avuto le notizie e parlarci di altre esperienze legate agli eventi. L’incontro finale dello spettacolo diventa un momento di catarsi perché le emozioni sono così forti che poi si sente il bisogno di stare insieme, anche solo per chiacchierare e sentire quello che gli spettatori ci vogliono dire. È una storia nazionale che abbraccia tutti, e poi sono eventi che non riguardano solo la storia italiana. Falcone e Borsellino sono famosissimi in tutto il mondo, per cui quando andiamo all’estero le emozioni e l’interesse degli spettatori sono altrettanto forti, in più c’è anche il piacere di godersi lo spettacolo, per cui in momenti comici il pubblico straniero ride davvero, con gusto. L’altra cosa interessante è che si tratta di uno spettacolo che funziona benissimo con gli adulti, che hanno vissuto in prima persona gli eventi, ma anche con i ragazzi e con i bambini, un aspetto che non ci aspettavamo. Infatti siamo stati invitati per proporlo diverse volte ai ragazzi già dalla quinta elementare e quindi diventa una storia che unisce le generazioni”.

In quale modo è stato creato il progetto registico?
Chiara: “Dovendo lavorare sulla relazione di amicizia tra Falcone e Borsellino, abbiamo lavorato in primis sul rapporto tra Simone e Giovanni. Con le prove cresceva anche la loro amicizia, per cui è stato veramente un intreccio. L’autenticità del rapporto, è quello che funziona e che rende forte il nostro spettacolo. Dall’altro lato, ho voluto creare una messinscena molto semplice da un punto di vista scenografico e tecnico, poiché il nostro obiettivo era quello di portarla quanto più in tournée, ovvero sia nei grandi teatri, sia in spazi meno convenzionali. Per questo non c’è una scenografia vera e propria, ma solo degli elementi scenici che, nel caso delle repliche all’estero, troviamo in loco. Da non dimenticare poi la portata emotiva e l’immagine che si crea, il tutto accompagnato da musiche create ad hoc da Salvo Seminatore. Diciamo che c’è stato un bel incontro tra gli attori, il testo di Fava e le musiche. Lo spettacolo è costruito su quadri che alternano scene in cui gli attori parlano al microfono, come se fosse un dialogo diretto con lo spettatore, a scene puramente ‘teatrali’, per cui c’è questo gioco tra il raccontare, il raccontato e l’agito”.

Come sono stati realizzati i costumi?
Simone: “Abbiamo cercato di replicare in qualche modo lo stile dei due. Anche se si parla dell’ultima estate, ho voluto lavorare su vestiti che invece sono pesanti, proprio per metaforizzare il peso e la difficoltà che i due avevano addosso. Infatti, pur essendo lo spettacolo ambientato in estate, soprattutto le prime scene in ufficio, i personaggi indossano completi di lana, assai pesanti. Mi piace che il costume aiuti l’attore a parlare di qualcosa. Se il costume indossato da un attore gli dà una sensazione di pesantezza, di caldo eccessivo, l’interprete è portato a percorrere quella strada. Quando lavoro sui costumi e le scene, cerco di farne non solamente degli elementi estetici, ma anche degli strumenti concreti per l’interpretazione attoriale”.

La necessità di conoscere i fatti
Anche voi ricordate le stragi del 1992 che segnarono le morti di Falcone e Borsellino?
Simone: “Avevo 16 anni quando successero. Ricordo che ero appena uscito da scuola quando un mio amico, che faceva l’Università, mi disse: ‘Hanno ammazzato Falcone’, non riuscendo a trattenere le lacrime. Da sedicenne liceale, non avevo ancora questo legame empatico con Falcone, ma quegli eventi mi stimolarono a informarmi meglio. È la stessa reazione che stiamo vedendo con i ragazzi dei licei e delle scuole superiori, che non hanno vissuto personalmente i fatti, ma vedono negli occhi degli insegnanti le lacrime e capiscono che la storia a cui essi hanno assistito, o meglio partecipato, è stata vera e terribile. Allora anche loro cercano di informarsi di più, ma per entrarci empaticamente. Vedendo a teatro certe cose, ti interessi di più e ti viene la voglia di conoscere i fatti da vicino”.

Perché è importante raccontare oggi la storia dei due magistrati?
Chiara: “Perché possiamo fare pure noi la nostra parte. Quello che diciamo sempre è che Falcone e Borsellino hanno semplicemente fatto, cosa non facile, il loro lavoro, il loro dovere. Se tutti noi facessimo il nostro piccolo pezzettino, la nostra piccola parte, le cose potrebbero davvero cambiare”.
Simone: “In questo momento, le mafie sono meno evidenti, meno esposte. Hanno dovuto cambiare il loro modus operandi, il che ha fatto sì che abbiamo abbassato la guardia, siamo meno attenti, e questo crea più facilità alle mafie di operare. Dall’altro lato, più la società sta andando in direzione di un consumismo assoluto, in cui tutti vogliamo sempre di più e nella maniera più facile possibile e più diventa facile per le mafie di operare. Cercando di accorciare i tempi, accettiamo dei compromessi, che poi paghiamo nel modo di vivere, nel bene comune. È ormai un male invisibile e questo ci mette sotto scacco”.

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