Romanze e arie per una piacevole serata

Al TNC «Ivan de Zajc» di Fiume si è esibito il tenore cubano Bryan Lopez Gonzalez, accompagnato al pianoforte da Viktor Čižić e con in veste di ospite il soprano Gabrijela Deglin

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Romanze e arie per una piacevole serata
Viktor Čižić e Bryan Lopez Gonzalez. Foto: RONI BRMALJ

Al Teatro Nazionale Croato “Ivan de Zajc” di Fiume si è esibito sabato scorso il tenore cubano Bryan Lopez Gonzalez, che ha proposto una serata incentrata sulla lirica vocale da camera e sulle arie più note del repertorio operistico avvalendosi dell’accompagnamento al pianoforte di Viktor Čižić e con in veste di ospite il soprano Gabrijela Deglin. Il tenore, che il pubblico fiumano ha già avuto modo di vedere sul palcoscenico dello “Zajc” nei panni di Romeo nell’opera “Romeo e Giulietta” di Gounod e di Rinuccio in “Gianni Schicchi”, ha deciso in questa occasione di cimentarsi, almeno nella prima parte del concerto, con un repertorio leggermente diverso, che nel XIX secolo e a cavallo tra il XIX e il XX secolo veniva proposto nei salotti musicali dell’alta borghesia sia da dilettanti che da grandi compositori dell’epoca.

Brani esigenti
La serata allo “Zajc” è stata inaugurata con “Tre sonetti di Petrarca”, S. 270 di Franz Liszt (1811-1886) “Pace non trovo”, “Benedetto sia il giorno” e “I’ vidi in terra angelici costumi”. Si tratta di un ciclo di brani del quale Liszt si occupò per ben 23 anni. Salvo un tentativo di scrivere un’opera, queste sono le sue prime composizioni dedicate alla voce. La prima versione dei sonetti risale al 1839, originariamente erano destinati alla voce di tenore e al pianoforte, ma in seguito il compositore li adattò per le voci di baritono e mezzosoprano. Nei sonetti, Liszt sperimenta con la melodia, l’armonia, il timbro e con la tonalità, dando vita a brani esigenti dal punto di vista tecnico e interpretativo. Bryan Lopez Gonzalez ha eseguito i tre sonetti con una dinamica ricca di sfumature e un buon controllo della sua voce dal timbro caldo che, tuttavia, non si presenta particolarmente robusta, ma è comunque duttile. Dobbiamo segnalare pure l’accompagnamento al pianoforte, curato con grande sensibilità da Viktor Čižić.
Hanno fatto seguito le “Quattro canzoni d’Amaranta” – “Lasciami! Lascia ch’io respiri”, “L’alba separa dalla luce l’ombra”, “In van preghi” e “Che dici, o parola del Saggio?” – di Francesco Paolo Tosti (1846-1916) sui testi di Gabriele D’Annunzio, in cui viene raccontata la perdita dell’amore, l’impossibilità di confrontarsi con questo dolore, accompagnato dalla tristezza, dalla rabbia e infine dal silenzio.

Musica melodiosa
La prima parte del concerto si è conclusa con il brano “Musica proibita”, op. 5 di Stanislao Gastaldon (1861-1939), composto nel 1881 e dedicato al baritono italiano Felice Giachetti. Si tratta della prima di sei canzoni che Gastaldon firmò con il pseudonimo Flick-Flock e che subito dopo la pubblicazione divenne un enorme successo, simbolo di giovani amanti che, incapaci di esprimere il loro amore, si servivano della musica e delle parole di Gastaldon per farlo. Nel corso dei decenni, la canzone venne tradotta anche in altre lingue e interpretata da grandi tenori del XX secolo quali Enrico Caruso, Luciano Pavarotti, Josè Carreras e altri. Il tenore ha eseguito con disinvoltura questo melodioso brano. La serata è proseguita con una selezione di alcune delle arie più celebri del repertorio operistico: l’aria di Ferranda “Un’aura amorosa”, tratta dall’opera “Così fan tutte” di W.A. Mozart, l’ultima scritta dal genio austriaco, è stata interpretata dal tenore con un bel fraseggio. A salire quindi sul palcoscenico è stata la sua ospite Gabrijela Deglin, la quale ha proposto una disinvolta esecuzione dell’esigente aria di Fiordiligi “Come scoglio”.

Il fascino del belcanto
Bryan Lopez Gonzalez ha quindi interpretato con convinzione la splendida romanza di Nemorino “Una furtiva lagrima”, tratta dall’opera “L’elisir d’amore” di Gaetano Donizetti (1797-1848), al che il palcoscenico è stato nuovamente affidato al soprano, che ha offerto una graziosa interpretazione dell’aria di Mimi “Sì, mi chiamano Mimi”, tratta dall’opera “La Bohème” di Giacomo Puccini (1858-1924).
La parte ufficiale del concerto si è conclusa con il duetto di Mimi e Rodolfo “O soave fanciulla”, i quali hanno dato un tocco registico alla serata incamminandosi fuori dal palcoscenico e concludendo l’aria dietro le quinte. Il pubblico ha premiato con calorosi applausi il tenore e la sua ospite, al che Lopez Gonzalez ha proposto un bis: “No puede ser” di Pablo Sorozábal.

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