Riflessioni sulla realtà del fenomeno Jasenovac

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Riflessioni sulla realtà del fenomeno Jasenovac

FIUME | È stato presentato ieri pomeriggio nella gremita Aula consiliare, il libro “Jasenovac”, una voluminosa monografia di Ivo Goldstein (editore “Fraktura”). Un volume, di quasi mille pagine, che rappresenta e corrobora non solo la fenomenologia di sofferenze umane inenarrabili, ma pure un esempio equilibrato tra ricerca scientifica e aspetto morale.

Nel saluto d’apertura il sindaco Vojko Obersnel ha rilevato, tra l’altro, che non aveva mai considerato la possibilità che in tempo di democrazia, sullo stesso scaffale di una libreria potessero poggiare un volume come “Jasenovac” accanto a titoli di letteratura revisionista.
Dopo l’intervento dell’editore della Fraktura, Sead Serdarević, in cui ha rilevato l’interesse della casa editrice per gli scritti inerenti alla Seconda guerra mondiale e sottolineato la sua presa di distanze dal revisionismo, la parola è stata presa dal redattore e pubblicista Vuk Perišić.

Campo di lavoro e luogo di morte

“La monografia di Ivo Goldstein è stata scritta in tempi in cui emerge con decisione, in vari Paesi europei, il revisionismo storico. I nazionalisti si ostinano ad affermare che Jasenovac non sia stato un campo di morte e, nel contempo sminuiscono drasticamente il numero delle vittime di questo luogo tristemente noto. Il libro ‘Jasenovac’, di Ivo Goldstein sarà interpretato da molti come una reazione polemica rispetto al revisionismo storico. Questo però non corrisponde alla realtà per due motivi. Innanzitutto il revisionismo – sia che tenti di negare la natura criminale del regime ustascia sia che tenti di stigmatizzare un intero popolo come criminale – non è degno di polemica. In secondo luogo, questo libro di Goldstein rappresenta la prima vera monografia scientifica su uno dei più terribili luoghi di tortura e di morte della Seconda guerra mondiale. L’autore costruisce il suo discorso in base a innumerevoli documenti d’archivio e si approccia alla tematica in maniera responsabile, senza acribia, pregiudizi ideologici e senza secondi fini. Comunque, l’obiettività scientifica – considerando la spaventosa aggressione nazifascista che l’umanità sperimentò nella Seconda guerra mondiale – non può annullare l’empatia per le vittime di tale aggressione né il suo giudizio morale in merito a Jasenovac”. Alla fine Ivo Goldstein, nella sua esposizione, ha rilevato che il fenomeno Jasenovac va visto e considerato nella sua interezza, ossia nella sua rete di campi di concentramento in Croazia della quale Jasenovac era la vetta, concludendo che tale lager era anche un campo di lavoro, ma innegabilmente un luogo di morte e di crimini che indignarono perfino dei nazisti di alto grado che si trovavano a Jasenovac. L’autore ha citato pure il cardinale Stepinac, il quale aveva dichiarato che Jasenovac rappresentava la macchia più ignominevole nella storia del popolo croato.
Si è soffermato in particolare sulle terribili condizioni di vita dei prigionieri che morivano d’inedia, di malattie, di sfinimento e in seguito a crudeltà varie.
Vigeva il sistema dell’1/10, ossia per la fuga di un prigioniero ne venivano fucilati dieci. “La Croazia non può difendere la propria croaticità con il regime ustascia bensì con i partigiani della resistenza”, ha concluso Goldstein.

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