Ridere tra le lingue e rinascere dai ricordi in una pièce universale

La Comunità degli Italiani di Fiume ha ospitato la trasposizione croata della «quasi» stand up comedy firmata dalla connazionale Laura Marchig e da Darko Jurković-Charlie

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Ridere tra le lingue e rinascere dai ricordi in una pièce universale
Laura Marchig accompagnata da Darko Jurković-Charlie alle chitarre. Foto: IVOR HRELJANOVIĆ

Nella suggestiva cornice del Salone delle Feste di Palazzo Modello, l’altra sera ha preso vita la “quasi” stand-up comedy di Laura Marchig, “Rođenja i preporođenja”, elegante trasposizione croata della coinvolgente “Nascite e rinascite”. Arricchito da nuove riflessioni e spunti creativi, anche questo lavoro si rivela, come il precedente, sorprendentemente profondo. Un testo in bilico tra autobiografia e riflessione esistenziale, che intreccia con leggerezza e acume temi universali come la memoria, la perdita, l’identità e la rinascita. Una scrittura che accarezza e trafigge, mai patetica, capace di trovare nella grazia una forma di resistenza.

In scena, Marchig è affiancata dal poliedrico musicista Darko Jurković Charlie, con le sue due chitarre che paiono un’estensione corporea, le cui melodie dialogano con la parola, creando un contrappunto lirico che avvolge il racconto. Insieme, i due artisti guidano lo spettatore lungo un percorso che, pur radicato nel vissuto personale, diventa presto specchio della condizione umana.

L’ironia come strategia vitale
Come nella pièce italiana, fin dalle battute d’apertura, l’opera si distingue per un’ironia tagliente e consapevole, spesso autoironica. L’umorismo è cifra espressiva e al tempo stesso uno strumento per attraversare il reale, decostruirlo, renderlo sopportabile. Il testo si muove tra frammenti, digressioni e paradossi, richiamando la forma del monologo stand-up, ma superandola per profondità emotiva e spessore letterario. Tra i momenti più emblematici, la riflessione sul passaggio linguistico dall’italiano al croato, un cambiamento che investe sia la dimensione idiomatica che quella identitaria. Laura parla di un “croato fluentemente improbabile”, e trasforma le due lingue in metafore di appartenenze mutevoli e contraddittorie. L’italiano, con la sua “dolcezza sessualmente fluida”, si scontra con la “durezza macho” del croato in un gioco fonico ironico e intelligente, che rivela la fatica di abitare due mondi, due storie, due culture.

La memoria come spazio di guarigione
Il tessuto dell’opera è attraversato da un continuo ritorno alla memoria familiare, evocata come fonte di identità e affetto. In particolare, le figure femminili che hanno segnato l’infanzia dell’autrice: la nonna Maria, la madre, le zie Olga e Maria, e soprattutto la tata Carmela. Quest’ultima emerge con forza quasi mitica e rappresenta la rinascita dopo un’infanzia turbata da esperienze traumatiche. Il suo amore, le storie raccontate, il gesto antico del tabacco da fiuto diventano simboli di cura e trasmissione. Il racconto familiare si intreccia ai luoghi – la casa di Cosala, il cimitero di Drenova, Abbazia – che diventano geografia sentimentale, mappa interiore condivisibile da chiunque.

Uno sguardo lucido sulla società
“Rođenja i preporođenja” è anche un’opera che guarda fuori di sé, denunciando le tensioni della società contemporanea quali il bullismo, le dinamiche tossiche sul lavoro, la violenza domestica, la crudeltà nei confronti degli anziani, le guerre, l’indifferenza. Laura affronta questi temi con amarezza e sarcasmo, mai con retorica. Emblematica, in questo senso, è la scena del “verme solitario”, la cosiddetta “tracaviza”, che da episodio grottesco si trasforma in parabola sulla solitudine e sul potere liberatorio del ridere.

La rinascita come gesto quotidiano
Il fulcro profondo del testo è una intensa celebrazione della rinascita, intesa come gesto silenzioso e continuo. Marchig narra i propri incidenti, le malattie, le difficoltà professionali con schiettezza e autoironia. Due figure emergono con forza: la zia Silvia, che dopo una caduta si rialza e si reinventa in esilio, e Darko, che trasforma una malattia in musica, in memoria condivisa, in melodia ironicamente intitolata “Dexa”, omaggio alla medicina che l’ha curato. Lo spettacolo si chiude con un momento di intensa emozione in cui Laura intona “Grazie alla vita”, celebre canzone di Gabriella Ferri, che diventa un inno personale e collettivo alla forza della vita. Un ringraziamento profondo che include la vista, l’udito, il cammino, il cuore, la capacità di distinguere la gioia dal dolore, e soprattutto di cantare.

Una voce che abita i margini
In questo viaggio tra lingue, memorie e identità, Laura Marchig si distingue per un timbro unico e profondamente personale, che rende la sua voce teatrale immediatamente riconoscibile e autentica. La multiculturalità che permea l’opera rappresenta una condizione esistenziale che emerge nei suoni, nei gesti, nei riferimenti disseminati con naturalezza. La protagonista vive negli interstizi tra lingue, paesi, epoche. E da questi margini, culturali, linguistici, biografici, costruisce un racconto che è insieme radicato e universale. “Rođenja i preporođenja” è dunque un’opera che abita il confine e lo trasforma in centro narrativo. Uno spettacolo che ride per non piangere, ma che, proprio nel ridere, ci permette di piangere in modo più vero, più consapevole. La sensibile autrice ci regala un’autopsia poetica dell’essere contemporaneo, frammentato, bilingue, vulnerabile, ma ancora capace di bellezza.

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