«Recitare al Teatro dei burattini mi permette di esprimermi liberamente»

Chiacchierata con l'attore dell'ente teatrale per bambini di Fiume, Zlatko Vičić, che di recente è stato insignito dell'ennesimo premio per la sua maestria attoriale

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«Recitare al Teatro dei burattini mi permette di esprimermi liberamente»
Zlatko Vičić. Foto: Ivor Hreljanović

L’amore e l’entusiasmo per la recitazione e l’arte burattinesca traspaiono da ogni parola dell’attore del Teatro dei burattini di Fiume, Zlatko Vičić, che di recente, al Festival dei teatri dei burattini di Podgorica nel Montenegro è stato insignito dell’ennesimo premio per la maestria attoriale, per lo spettacolo “La casetta felice” (Sretna kućica). Con questo premio sono stati riconosciuti il suo talento e la dedizione alla sua professione, che Zlatko considera più una vocazione. Vivace, con la sua folta barba che gli permette di impersonare alla perfezione Babbo Natale durante le feste natalizie (lo fa con gusto, e i bambini lo adorano), Zlatko ha mille interessi. Nel tempo libero si occupa di immersione subacquea, ama le passeggiate in natura alla ricerca di funghi, o semplicemente per rilassarsi, e canta nella pluripremiata klapa maschile Kastav, della quale è membro da 23 anni. Nel corso di una piacevole chiacchierata, Zlatko ci ha parlato della sua passione per il suo lavoro, del significato che per lui hanno i premi e di quant’altro.
“I premi sono sempre importanti e sono una grande soddisfazione e una conferma che ciò che faccio ha un valore – esordisce –. Ritengo che, considerato tutto ciò che do nel mio lavoro, qualche volta tutto questo impegno si accumuli nella forma di premi. Si tratta di una grande soddisfazione anche perché sono consapevole di quanto questo lavoro sia importante per i bambini. Vedere il sorriso sul volto dei bambini nel mentre sto dando tutto me stesso in scena è davvero molto appagante, soprattutto quando ciò viene riconosciuto attraverso un premio”.
«La casetta felice» è il suo primo monodramma?
“Sì, mi trovo da solo in scena per la prima volta. Recitando in un monodramma, l’attore è costretto a trovare sostegno in sé stesso. Questo monodramma è particolarmente impegnativo perché tutto il testo è in rima, per cui se si dimentica anche una lettera, si perde il ritmo e crolla la struttura dei versi. Tuttavia, se si dimentica un verso, si può sempre saltare qualche riga e continuare come se niente fosse, ma è peggio se accade qualche distrazione. Una volta, durante una recita della ‘Casetta felice’ a Maribor, è successo che sul fiume si svolgesse contemporaneamente una gara di canottaggio, per cui proprio nel mezzo del monodramma qualcuno cominciò a gridare qualcosa a un gruppo di persone, facendomi perdere il filo. Mi fermai, osservando il pubblico, e dopo qualche momento mi girai verso la casetta della scenografia, saltai alcuni versi e continuai come se niente fosse”.
Lo spettacolo si basa su una storia reale.
“Sì, la ‘casetta felice’ è la più piccola biblioteca e casa di lettura in Croazia, oggi rifugio alpino, che si trova a Gornji Kuti, nei pressi di Brod Moravice. Un uomo nativo di Gornji Kuti, che viveva negli Stati Uniti tra le due guerre, spediva a sua madre tutti i libri in croato che poteva trovare al fine di dare un’opportunità agli abitanti del paesino di istruirsi. Sua madre custodiva questi libri nella sua casa e li dava in prestito ai suoi compaesani. Allo scoppio della Seconda guerra mondiale e con l’arrivo dei fascisti, non era più permesso avere libri in croato, per cui gli abitanti di Gornji Kuti decisero di nascondere questi volumi in diversi punti del paesino. Dopo la fine della guerra, i libri vennero riportati nella casa della donna e lei continuò a darli in prestito. Dopo la sua morte, la casetta iniziò a piano a piano a deteriorare e, verso la fine degli anni Settanta, i giovani del paese giunsero all’idea di sistemare questi libri in un posto, ma non potevano trovare uno spazio adatto. Qualcuno di loro allora si ricordò che a Zagabria, nello spazio del Velesajam, c’era una casetta prefabbricata che vollero comprare, ma i proprietari invece gliela donarono. Si tratta di un edificio di circa venti metri quadrati per il quale venne costruita una cantina. I giovani, però, dopo che tutti i lavori vennero completati, se ne andarono da Gornji Kuti e nuovamente nessuno si prendeva cura della casetta e del fondo di libri, al che qualcuno giunse all’idea di affidare la casetta alla Società alpinistica che l’avrebbe visitata ogni weekend prendendosene cura. Attualmente, della casetta si prendono cura una donna di Fiume e una di Zagabria (una di loro ha anche scritto la storia ed è stato realizzato pure un albo illustrato), mentre la sua storia viene tramandata ai bambini”.
Come reagiscono i bambini allo spettacolo?
“In primo luogo, i bambini sono incuriositi quando mi vedono arrivare in scena. Io sono il custode della casetta e me ne prendo cura. E poi inizio a raccontare la storia. I bambini ridono a crepapelle in alcuni punti, in altri i loro occhi si spalancano dallo stupore. Vedo che seguono con attenzione e quando chiedo loro se la storia sia loro piaciuta mi dicono di sì. Nello spettacolo tutti hanno ricevuto la loro casetta – il riccio, la rana, ma anche i libri”.
A proposito di libri, è un amante di lettura?
“Da bambino non mi piaceva leggere, ma in età adolescenziale iniziai a divorare i libri, dopodiché nuovamente mi fermai. Successivamente ripresi, ma attualmente sono nuovamente in fase di pausa dalla lettura. Non ho tempo per leggere, in quanto mi rilasso passeggiando nel bosco, facendo immersione subacquea e quant’altro. Leggo qualche volta sul cellulare. Occasionalmente mi succede di leggere qualche libro che mi rilassa e mi diverte, come quelli di Ante Tomić. Preferisco ricaricarmi in natura, andando a spasso con il nostro cane. Uno dei miei hobby è anche cantare nella klapa maschile Kastav, con la quale ho viaggiato e mi sono esibito in tutto il mondo. Ne faccio parte ufficialmente dal 2001. Venni invitato nel 1998 da Saša Matovina (direttore artistico della compagine, nda) a registrare la parte parlata del brano ‘Nadalina’, che era sempre eseguita dal noto attore croato Boris Dvornik, ma egli non poté farlo perché all’epoca era malato. Io registrai il brano e rimasi con loro. Effettivamente, divenni membro della klapa grazie a un’unica canzone”.
Iniziò a recitare già ai tempi della scuola media superiore…
“Frequentavo la Scuola di edilizia di Fiume, dopodiché mi unii al laboratorio di recitazione Porat, guidato da Josip Silov e Branka Renko Silov, che all’epoca insegnava matematica presso la mia scuola. In seconda classe venne a insegnare lingua e letteratura croata la prof.ssa Marina Šaflin Karadakić, successivamente Marina Fabrio, che mi fece innamorare dei libri e dei versi. Era bravissima a trasmettere l’amore per la parola scritta e fu proprio quello il periodo in cui iniziai a dedicarmi alla lettura. Dopo aver svolto il mio percorso nel laboratorio di recitazione Porat, andai a sostenere l’audizione presso il Teatro dei burattini di Fiume”.
Perché proprio il Teatro dei burattini, perché non cercò di iscriversi all’Accademia di Arte drammatica?
“Il mio percorso non fu proprio… regolare, per così dire. Esso fu in parte condizionato dai miei genitori. Da giovane volevo essere tante cose, veterinario, sommozzatore e via dicendo. Al termine della Scuola di edilizia mi iscrissi alla Facoltà di Edilizia. Un giorno mi chiamò il signor Silov, che mi propose di sostenere l’audizione al Teatro dei burattini, che cercava attori. Dopo più di un’ora di conversazione nel corso della quale cercò in tutti i modi di convincermi, alla fine acconsentii. L’audizione era fissata per il giorno successivo, al che gli dissi che non fosse possibile per me superare la prova dal momento che non mi ero affatto preparato. Egli era convinto che ci sarei riuscito. Per l’audizione bisognava preparare una canzone, recitare una poesia ed eseguire un monologo. Recitai la poesia ‘Morčić’ di Drago Gervais, cantai il brano ‘Vela Luka’ di Oliver Dragojević (cioè cantato da lui), mentre per il monologo scelsi un dialogo da uno spettacolo realizzato con il Porat, che trasformai in monologo. Non avevo nessuna aspettativa, ma alla fine superai l’audizione assieme ad alcuni colleghi”.
Ha mai avuto la sensazione di essere visto come un attore di «seconda lega» non essendo membro di un ensemble del «grande» teatro, quello «serio»?
“Devo dire di no. Nel mondo degli attori del Teatro dei burattini ci sono quelli che vorrebbero tanto esibirsi sul palcoscenico di un teatro ‘serio’, ma per me il piccolo palcoscenico del nostro Teatro dei burattini è enorme e qui posso esprimermi e fare tutto ciò che non posso fare nella vita reale. Il burattino può essere smembrato e riassemblato ed essere nuovamente vivo, il che una persona viva non può fare; può cadere dall’altezza di cinque metri, rompersi completamente e riassemblarsi. Il burattino può volare, nuotare, rimanere senz’aria e dopo dieci minuti rivivere. I burattini sono una specie di aggiunta alla vocazione di attore. Ho incontrato molti attori membri del Teatro ‘serio’ che mi hanno detto di voler tanto lavorare nel Teatro dei burattini. Anche un nome illustre come Edita Karađole mi disse una volta di aver un grande desiderio di recitare con i burattini. Una volta Zrinka Kolak Fabijan (attrice e per diversi anni direttrice del Teatro dei burattini fiumano, nda) mi disse che avrei potuto recitare con grande successo anche al ‘grande Teatro’, ma non volli. Recitare nel Teatro dei burattini è qualcosa di speciale, lì possiamo fare tutto ciò che vogliamo”.
Immagino che uno spettacolo per bambini debba in primo luogo divertire…
“Deve essere educativo, ma non in un modo tedioso. Bisogna farlo in maniera divertente, sorprendendo. Il nostro ruolo è essenzialmente educativo, in quanto ci occupiamo della formazione di un pubblico che un giorno sarà il grande pubblico che visiterà il ‘grande teatro’ e seguirà balletti, spettacoli di arte drammatica, concerti e quant’altro. Nei nostri spettacoli non c’è soltanto recitazione, ma anche musica, danza, movimento scenico. Qui ogni capacità e competenza è una risorsa che arricchisce il mondo che creiamo in scena”.

 

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