
Nell’elegante Salone delle Feste di Palazzo Modello, alla presenza della sovrintendente del Teatro Nazionale Croato “Ivan de Zajc” di Fiume, Dubravka Vrgoč, ha debuttato il balletto “Miniature di danza”, dalla delicata firma coreografica del nuovo direttore artistico dell’ensemble di danza fiumano, Paolo Mangiola, che ha visto in scena i talentuosi ballerini Benjamin Cockwell, Sephora Ferrillo, Marta Kanazir Bagadur, Yurika Kimura, Giovanni Liverani, Laura Orlić, Giorgio Otranto, Federico Rubisse, Tea Rušin, Ali Tabbouch e Marta Voinea Čavrak. L’innovativo progetto coreografico, concepito per ridefinire l’interazione tra danza, spazio e memoria, ha saputo magistralmente sovvertire le convenzioni sceniche, offrendo un’esperienza immersiva in cui il movimento si trasfigura in reminiscenza e la città si tramuta in palcoscenico pulsante di vita. Lontane dalle consuete cornici teatrali, le dieci celebrative “miniature” hanno delineato un percorso simbolico attraverso la storia e la geografia urbana, intessendo una sintonia suggestiva tra passato e presente.
L’esperienza coreografica
Mangiola ha cesellato con equilibrio i giovani interpreti, dotati di straordinaria versatilità, plasmando la coreografia in una sequenza di episodi distinti, ciascuno evocativo di una narrazione storica legata a un luogo simbolico di Fiume. Dai movimenti morbidi e fluenti ispirati al Molo Longo alla potenza e drammaticità suggerita dai refoli della bora, ogni frammento dello spettacolo si è contraddistinto per una cifra stilistica peculiare, mantenendo al contempo una solida coerenza estetica e concettuale. La grammatica coreografica ha fuso elementi del balletto classico con un linguaggio contemporaneo ricco di gestualità aggraziata e leggera, posture spezzate e sequenze dinamiche, instaurando un incessante dialogo tra corpi e spazi. L’interazione con il pubblico si è tradotta in un intenso linguaggio non verbale, intriso di sguardi espressivi, gesti allusivi, muscoli tesi, respiri che scandivano il tempo dell’emozione, mani intrecciate quali ponti tra danzatori e spettatori, come nella toccante miniatura “Moretto”. Ogni gesto si è fatto simbolo di inclusività, accoglienza e celebrazione della multiculturalità. La dolcezza e la fluidità delle azioni, la purezza delle linee, le punte instancabili e leggiadre delle ballerine, a modo del dipinto “Carolina la fiumana”, e le raffinate sequenze di tecnica coreutica hanno rivelato non solo una grande preparazione, ma anche una profondità espressiva capace di toccare corde intime. Particolarmente emozionante quello dedicato ad Agatha Whitehead e all’ufficiale navale, che ha saputo incarnare con estrema delicatezza un momento di poesia. Mangiola ha lasciato ampio spazio alla creatività degli artisti, consentendo loro di esplorare la propria individualità senza perdere l’armonia dell’insieme. Momenti di silenzio, dosati con sapienza, hanno amplificato la carica espressiva dell’opera: la sospensione musicale ha reso i corpi nudi nella loro essenza vulnerabile, trasformando questi attimi in un grido silenzioso che ha esaltato la potenza narrativa della danza, restituendole il suo ruolo più alto, quello di linguaggio universale dell’anima.

Foto: Goran Žiković
Gesti, sguardi, spazio e musica
Come accennato, uno degli elementi cardine del progetto è il legame profondo tra danza e pubblico, un invito a immergersi nei ricordi e nelle suggestioni personali legate alla storia cittadina. Disposti in una configurazione circolare a 360 gradi, gli spettatori sono divenuti partecipanti attivi in una dimensione performativa che ha dissolto la separazione tra chi danza e chi osserva, amplificando il senso di immediatezza e rendendo ogni sfumatura espressiva e cinetica perfettamente percepibile. La scelta musicale, spaziando dalle raffinatezze di Ravel alle audaci strutture di Thomas Adès, ha aggiunto una stratificazione emotiva ulteriore alla performance, nonché le partiture per clavicembalo e violoncello hanno alternato momenti di struggente lirismo a passaggi più dissonanti, sottolineando la molteplicità di registri della narrazione coreutica.
Simbiosi tra reale e immaginario
I costumi, provenienti dal fondo dell’ente teatrale fiumano, sobri ed essenziali, hanno privilegiato una palette cromatica di bianchi, tonalità carne e accenti di viola e verde scuro, evidenziando il contrasto tra la modernità dei corpi in movimento e la storicità degli spazi e dei personaggi evocati, tra cui il passaggio sotto la Torre Civica, l’Arco romano, la Fiumara, la scalinata e il Castello di Tersatto. Le luci, curate da Paolo Mangiola, hanno contribuito a modellare la percezione della scena, enfatizzando proiezioni che si stagliavano sulle superfici del salone (splendida la miniatura “Sguardo su Cosala”!), creando un effetto di simbiosi tra il reale e l’immaginario. L’idea di raccontare la storia di Fiume attraverso la danza si è rivelata una scelta vincente, restituendo al pubblico una riflessione profonda sul valore della memoria in un’epoca in cui il passato rischia di dissolversi nell’oblio. La serata si è conclusa tra entusiasti applausi, confermando il successo di un’opera capace di fondere armoniosamente ricerca artistica e tensione poetica.

Foto: Goran Žiković
Tutti i diritti riservati. La riproduzione, anche parziale, è possibile soltanto dietro autorizzazione dell’editore.
L’utente, previa registrazione, avrà la possibilità di commentare i contenuti proposti sul sito dell’Editore, ma dovrà farlo usando un linguaggio rispettoso della persona e del diritto alla diversa opinione, evitando espressioni offensive e ingiuriose, affinché la comunicazione sia, in quanto a contenuto e forma, civile.