Pola. «Duran Duran». I ragazzi selvaggi brillano sempre

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Pola. «Duran Duran». I ragazzi selvaggi brillano sempre

“Duran Duran”, scusate il ritardo. Era il 1984 quando una delle band britanniche di maggior successo pubblicò il primo album live dal titolo “Arena”. Ebbene, esattamente quarant’anni dopo Simon Le Bon (voce), Nick Rhodes (tastiere), John (basso) e Roger Taylor (batteria), hanno fatto tappa nell’anfiteatro polese per la loro terza esibizione in Croazia.
Non ce ne abbiano i Millennials, ma la musica degli anni Ottanta era davvero un’altra cosa. L’hanno dimostrato i “Simple Minds” circa un mese fa sullo stesso palcoscenico, l’hanno confermato i “Duran Duran” l’altra sera. Un’ora e 53 minuti di orologio (Dua Lipa sempre in Arena in giugno non è andata oltre un’ora e 25 minuti) a gran ritmo durante i quali si sono divertiti tutti: dai nati negli anni Sessanta, Settanta e Ottanta tra il pubblico alla band sul palco. A volte dal parterre, anche grazie ai due maxi schermi, riesci a capire se un musicista si diverte: ebbene i DD si sono divertiti eccome, in primis Simon Le Bon, tanto che dopo il concerto hanno pubblicato una foto su Facebook con tanto di scritta: “Siete stati eccezionali, Pola. Grazie per l’amore, ci rivedremo presto”.

Un susseguirsi di successi
Un concerto pieno, zeppo di successi, con alcuni brani che tengono duro anche a 40 e passa anni dalla loro uscita. In apertura un video che inquadra i quattro della band in un’astronave che scende sulla terra e si presenta sul palco. Esordio con “Night boat” e l’immancabile “Dobro večer, Pula”. E poi via con uno dei più grandi successi, quella “Wild boys” che nel 1985 fece tremare il palco del teatro Ariston di Sanremo. Facile per i “Duran Duran” “sparare” una delle maggiori hit subito in apertura, quando ce ne sono molte altre, da “Hungry like the wolf”, a “Notorious”, attraverso quella “View to a kill”, l’unico brano delle colonne sonore di film di James Bond a conquistare il numero uno nelle classifiche mondiali. Davvero una scoperta l’interpretazione di “Friend of mine”, brano del 1981 quando Simon Le Bon aveva 23 anni. Con i “Duran Duran”, i ritmi sono serrati, non c’è un attimo di tregua, il cantante indossa per alcune canzoni anche un giacchino rosa stile Ken di Barbie, ma anche un momento di riflessione quando dedica “Ordinary world” alle popolazioni che vivono in Ucraina, Gaza e Israele. Per “Come undone” il frontman si avvale della collaborazione della back vocalist Anna Ross. Dopo un’altra carrellata di successi planetari “New moon on monday”, “Planet Earth” e “Sunrise” arriva la rockettara “White line” prima delle due chicche che chiudono i “tempi regolamentari”: “The reflex” e “Girls on films” inframezzata da “Psycho killer” dei “Talking Heads” in maniera sublime. I quattro della band più un altro chitarrista, un sassofonista e le due back vocalist se ne vanno. Ma manca qualcosa, manca il gran finale che arriva puntuale con due canzoni tanto differenti quanto sublimi. Il magnifico lento “Save a prayer” (con migliaia di telefonini accesi) e “Rio” alle cui note non si può rimanere impassibili. Cala il sipario con un finale che pare non finire mai, con i 7-8mila dell’Arena che non volevano fermarsi. Dopo 46 anni di carriera, la band di Birmingham sembra non avere intenzione di andare in pensione. E fa bene, perché riesce ancora a emozionarsi e a emozionare. Bravi. O per dirla con la frase di un loro brano: “I ragazzi selvaggi brillano sempre” (Wild boys always shine).

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