Pitture rupestri preistoriche rinvenute nella grotta di San Romualdo

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Pitture rupestri preistoriche rinvenute nella grotta di San Romualdo

CANALE DI LEME | Sensazionale! L’archeologia in Croazia e in Istria celebra la scoperta del secolo accendendosi d’orgoglio per avere portato alla luce la sua Altamira, unica in tutta l’Europa sud-orientale: niente meno che pitture rupestri preistoriche risalenti agli albori dell’umanità, addirittura a più di 30mila anni fa, in pieno Alto paleolitico. E il luogo del rinvenimento a cui è risalita un’équipe internazionale di esperti spagnoli e francesi è a dir poco spettacolare: la mitica grotta di San Romualdo, ubicata a 120 metri sopra il livello del mare, sul pendio meridionale del pittoresco Canale di Leme. La stessa caverna che ora, dopo avere consegnato in mano alla ricerca scientifica le prove dell’esistenza in loco degli uomini di Neanderthal, fornisce ulteriori testimonianze di vita risalenti alla notte dei tempi. Dopo un’attenta analisi delle pareti rocciose, irregolari, lisce ma piene di patina, scorie e limo colato giù dalle stalattiti, il risultato ottenuto seguendo le tracce cromatiche individuate è sbalorditivo: un bisonte, stambecchi, figure umane per uno stupefacente complessivo di 44 tracce pittoriche di colore rosso e ocra…

«Cave art» istriana

C’era voluto l’occhio attento dell’archeologo-speleologo Darko Komšo, oggi direttore del Museo archeologico istriano di Pola, per sospettare ancora diversi anni fa e capire che sotto le incrostazioni si celava un meraviglioso esempio di “cave art” istriana. E dire che la caverna, nota all’archeologo Anton Gnirs fin dalla fine del XIX secolo, era stata setacciata da Malez negli anni ‘60, dabbene rovistata da studiosi che si erano dati il cambio, introducendosi dentro un androne lungo in tutto 105 metri.
Ricco l’inventario di reperti di cui si è fatta incetta, ma mai prima ci si era accorti del tesoro d’arte preistorica presente e recondito, di quei pigmenti di colori minerali imbevuti per sempre negli strati litici della caverna. L’informazione sulla scoperta è ufficiale da ieri con la pubblicazione su “Antiquity”, una delle più prestigiose riviste d’archeologia al mondo. L’articolo nell’edizione di aprile, intitolato “Allargando gli orizzonti dell’arte rupestre paleolitica: il sito della grotta di San Romualdo”, porta la firma degli studiosi Darko Komšo e Ivor Karavanić del Dipartimento di archeologia della Facoltà di Filosofia di Zagabria e di tutta l’équipe internazionale che ha esaminato la caverna da vicino, sotto la guida più che esperta dello spagnolo Aitor Ruiz-Redondo. Comprovano la medesima scoperta anche Diego Garate Maidagan, Oscar Modo-Abadìa, Manuel Ramòn Gonzales Morales e Jaques Jaubert.

Brand di notevole interesse turistico

Alla conferenza stampa nella Galleria polese dei Sacri Cuori, convocata ieri mattina con grande interesse mediatico, Darko Komšo affiancato dalla direttrice dell’ente “Natura Histrica”, Silvia Buttignoni, ha presentato quello che un giorno potrebbe diventare un brand di notevole interesse turistico concentrato a metà percorso dentro la Grotta (ora chiusa), dove San Romualdo si sarebbe ritirato secondo una leggenda risalente all’anno 1.000. Ascoltando la cronistoria della scoperta, si apprende che le prime tracce pittoriche erano state individuate dallo scienziato istriano nell’ambito del progetto CRORA (Croatian Rock art), avviato nel 2010. Le prime conferme arrivarono timidamente nel 2017 dopo l’intervento del team che Aitor Ruiz-Redondo ha guidato nell’ambito del progetto BALKART, finanziato dalla Francia e dallo stesso museo archeologico polese per individuare eventuali tracce d’arte paleolitica nei Balcani. Diversi studiosi hanno contribuito a rendere palesi questi dipinti stilizzati che rappresentano le prime forme di espressione artistica dell’essere umano. L’arte rupestre, al di là delle sue funzioni non precipuamente creative, quanto propiziatorie e d’identificazione con l’”anima nobile” degli animali raffigurati, ha qualcosa di speciale che permette di intuire la straordinaria avventura dell’uomo, negli ultimi millenni, durante la sua evoluzione dal Paleolitico al Neolitico e da lì fino all’epoca storica. Un periodo durante il quale l’uomo ha “inventato” ed evoluto diversi metodi di adattamento a un ambiente modellato da cambiamenti climatici estremi.

Pitture dell’Homo sapiens sapiens

Sorge un dubbio subito fugato dallo studioso Darko Komšo: le pitture rupestri che abbiamo di fronte sono opera dell’Homo sapiens sapiens, la “specie” odierna, non quella Neanderthal, che qui ha lasciato la traccia del proprio passaggio antecedente. In ogni caso, si specifica che la caverna, nella profonda Età preistorica, avrà avuto più una funzione di culto che di abitazione permanente. E così, si dirà, diventa ancora più affascinante e bizzarra: tra i 44 schizzi figurano anche diversi triangoli che, parola di archeologo, ricondurrebbero a delle simboliche raffigurazioni della vulva. Un elemento che non rappresenta una novità, ma sul quale gli intenditori della “cave art” hanno già tratto queste… erotiche conclusioni. Le nostre pitture rupestri “made in Istria”, realizzate quando il Canale di Leme non esisteva, ma era soltanto un fiume infilato nella pianura adriatica e le aree silvestri erano ancora popolate da mammut e altra fauna completamente estinta, non rappresentano che il punto di partenza per successive indagini.
“Sotto le incrostazioni rocciose – asserisce Komšo più che convinto – ci sta dell’altro da analizzare. Altre indagini parallele si sono concentrate ai piedi delle pitture che si trovano a un metro o due e una anche a cinque metri d’altezza, per estrarre utensili di selce, un frammento di minerale ocra e alcuni di carbone. Le analisi al carbonio radioattivo (C14) hanno confermato con esattezza scientifica che erano stati usati 17mila anni fa. Quanto alle tracce pittoriche, l’anzianità è ancora più incredibile alla pari della loro fattura: l’aspetto stilizzato dei bisonti è praticamente identico a quello rinvenuto, sempre nel 2010, nella Caverna di Coliboaia, in Romania, che risale a 32mila anni fa.”

Pitture rupestri senza eguali

“Per la Croazia, le pitture rupestri paleolitiche di San Romualdo sono uniche e, a parte l’esempio rumeno, senza eguali nell’Europa sud-orientale.
Vi si possono affiancare soltanto le incisioni individuate nella Grotta di Badanj in Bosnia ed Erzegovina, però sono solo segni e non si tratta di rappresentazioni figurative. La nostra scoperta concorre a smentire una convinzione ormai ‘anziana’, ovvero che le pitture paleolitiche dei cavernicoli siano limitate soltanto all’Europa sud-occidentale, alla Spagna settentrionale, alla Francia meridionale, celebri per le loro Altamira e Lascaux.
Lungi dall’eguagliare la loro bellezza e stato di conservazione. Tuttavia, le scoperte istriane e rumene, avvenute in contemporanea, detengono un grande valore per il solo fatto di confermare che la pittura paleolitica esiste anche altrove e che merita compiere ricerche in luoghi inesplorati”.

Appartenenza a una medesima cultura

Perché la somiglianza del bisonte istriano e di quello rumeno? 

“La medesima è indicativa in quanto – rivela l’interlocutore – riconduce all’appartenenza a una medesima cultura, a distanza di migliaia di chilometri percorsi dai popoli nomadi che probabilmente si spostavano dall’est europeo in direzione della penisola iberica e dell’area francese”. La direttrice di Natura Histrica, Silvia Buttignoni, ha stimolato ulteriormente l’interesse nei confronti della Grotta di Leme, tra l’altro perché abitata da centinaia di specie di pipistrelli, animali in estinzione e da tutelare, per cui il sito va trattato con piedi di piombo cercando di creare un rispettoso equilibrio tra natura e archeologia.
La prospettiva non manca: l’équipe degli archeologi-antropologi capitanata da Ruiz-Redondo tornerà alla carica indagando dentro San Romualdo forte dei finanziamenti della British Academy.

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