Piero Soffici, il Maestro che lasciò un’eredità di pura eccellenza musicale

Presentato all'Estivo della CI di Cittanova l'album «Grasie Piero!» con 26 successi scritti esclusivamente in dialetto rovignese

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Piero Soffici, il Maestro che lasciò un’eredità di pura eccellenza musicale

È firmato dal cantante solista Sergio Preden “Gato” il nuovo CD “Grasie Piero!” inciso in occasione del centenario della nascita del rovignese Piero Soffici, direttore d’orchestra, compositore, pianista, sassofonista e, in alcune occasioni, paroliere italiano, scomparso nel 2004. Per la prima volta presentato lo scorso fine settimana all’Estivo della Comunità degli Italiani di Cittanova, l’album contiene 26 successi di Soffici esclusivamente in dialetto rovignese.

 

Una serata dialettale

Presente Rosanna Bubola, direttrice dell’UPA di Buie, che per l’occasione ricopriva le veci di presentatrice del gruppo (El Gato e le Volpi) e dei brani proposti alla serata, il tutto in un connubio tra dialetto istroveneto e rovignese, per includere al meglio il pubblico presente nelle forti emozioni emerse nella serata: “La prima parte de quel che vedarè ‘sta sera no xe un semplice concerto, ma versi in muzica, muzica de viver, parché la xe vera…come noi, zente de contrada che ‘sta sera no volemo prezentarse in vestito de sera ma in jeans e majeta…semplici e manigoldi…come che semo: veri! Xe ancora una persona che xe presente in maniera fisicamente invisibile…ma che ritrovaremo duta la sera, Piero Soffici”, ha rilevato tra le altre cose, Rosanna Bubola, presentando i musicisti, Cristian Salvi al basso, Francesco Salvi alla batteria, Boris Lìcita di Karlovac ma rovignese per amicizia con Vlado Benussi, Eligio Bosazzi alla chitarra a la voce e anima della serata, Sergio Preden – Gato.

Piero Soffici e Sergio Preden – Gato a Rovigno negli anni ‘80

Classici della tradizione canora locale

Gato, classe 1946, per molti voce simbolo di Rovigno, completamente e indissolubilmente immerso nella sua lingua madre, l’antico dialetto istroveneto (istrioto), incontra il Maestro Piero Soffici agli inizi degli anni Ottanta, quando alla fine di una prestigiosa carriera musicale, ritorna nella sua Rovigno. Il maestro inizia a comporre, sfrutta l’esperienza accumulata durante il lungo sodalizio con Mogol e oltre alla musica scrive testi che sono autentica poesia. Buona parte del repertorio rovignese nasce dall’incontro di Soffici con la poesia di Giusto Curto e Ligio Zanini. Il Maestro trova in Sergio Preden – Gato la “sua” voce, le note e gli arrangiamenti paiono cuciti su misura. Per oltre un decennio Soffici e Gato vivono l’uno accanto all’altro, incidono una lunga serie di canzoni che diventano classici della tradizione canora rovignese. La produzione rovignese di Piero Soffici nasce al tramonto della lunga carriera ma mantiene la freschezza degli anni migliori. Soffici a Rovigno rinasce e lascia alla sua città natale un’eredità di pura eccellenza musicale. Gato è l’interprete di questa stagione generosa, la sua voce modella l’armonia e restituisce al dialetto rovignese la dignità di una lingua dalla melodiosità unica e inimitabile, da ora trasferita pure in un CD.

Una carriera trascorsa in Germania

Soffici iniziò giovanissimo Ia sua vita musicale a Pola nei primi anni Quaranta dirigendo un’orchestrina che ebbe grande successo e con la quale cantarono tutte le più valide, interessanti voci locali. Dopo l’esodo operò in Germania negli spettacoli allestiti per le forze armate americane. Entrò quindi a far parte, come sassofonista e clarinettista, ma anche come arrangiatore, della più note orchestre di musica leggera. Allestì una propria orchestra che si esibì alla radio, alla televisione e incise dischi per marchi internazionali. Fu anche direttore artistico della RIFI Record. Alla sua attività interpretativa, unì sempre anche quella di compositore. Effettuò concerti per il mondo e, dopo aver “tirato i remi in barca” per quanto concerne gli impegni contrattuali, Soffici si dedicò alla composizione di motivi dedicati all’Istria.

La copertina dell’album

Versi dedicati al mare e alla proprie radici

A Cittanova, la serata è stata inaugurata con “Ruveîgno”, con la quale Soffici fa passeggiare gli ascoltatori nella sua città, con nostalgia in quanto abbandonata con l’esodo. È seguita “Adeîo mar”, registrata per la prima volta nel 1983 da Vlado Benussi e Sergio Preden – Gato. Il brano parla di coloro che non hanno lasciato Rovigno con i carri ma con le barche, le famose batane, fino all’Italia, un’altra costa dove veniva costruita un’altra vita.

Proposta pure “Cume Cièpi”, poesia de Ligio Zanini musicata da Soffici e “Ruveîgno zi senpro Ruveîgno”, che catapulta gli ascoltatori negli anni ‘60 nel periodo del boom turistico. Immancabili i brani, “Sièmo istriani” (Siamo istriani) che parla di gente, sparpagliata per il mondo e rimasta in Istria, che non ha mai avuto paura, lavora e si fa rispettare e “La Ciruleîna”, una bella ragazza esistita davvero, con i capelli neri che però si vestiva da anziana e portava la crocchia e lavorava tanto. “Sira” invece è un altro quadro istriano che parla di mare, terra, barche e pescatori che, calate le reti, tornano a casa.

La serata si è conclusa con tre successi nati dal profondo dell’anima, “La nostra tièra”, inno nostalgico all’Istria, “Sugando caza mièia”, brano ricco delle emozioni di Soffici per la sua casa, le sue radici, la sua identità, per quel posto che “mancherà dovunque andremo” e “CuriVa zeî pal mondo” brano che cela una storia interessante. Forse il più conosciuto in quanto qualche anno fa il cantautore Simone Cristicchi l’aveva incisa per primo. Ad anticipare quest’incisione è stata una telefonata di Soffici a Gato dove gli ha proposto di cantare questo brano. Gato, dopo averla ascoltata, gli ha detto che nessuno poteva cantarla meglio di lui in quanta parla della sua vita, della sua storia personale. Un brano che per un periodo venne proibito, dagli esuli, di intonare a Trieste. Non volevano che venisse cantata in quanto dice che non dovevano andare via, ma restare siccome “duto el mondo lo gavevimo qua… la tua tera, no te ga mai inganà… bastava un toco de sofita e volerse tanto ben”.

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