Per «Amarcord» debutto scoppiettante

Felice collaborazione tra il TPI di Pola e lo «Zajc» di Fiume

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Per «Amarcord» debutto scoppiettante
In famiglia. Foto: KARLO ČARGONJA

Debutto scoppiettante, effervescente, giocoso e malinconico insieme per l’”Amarcord” di Federico Fellini, trasformato miracolosamente in uno spettacolo di arte scenica dall’argentino Luciano Delprato in un’altra felice collaborazione tra il Teatro Popolare Istriano di Pola e l’”Ivan de Zajc” di Fiume. Lo sforzo è stato notevole, i risultati notabili. Passare dalle due dimensioni dello schermo al volume di un teatro con questa moltitudine di personaggi, luoghi e vicende da narrare ha richiesto un’abilità praticamente scultorea degli autori che col regista sono quattro: Delprato firma la trasposizione e la regia, Belen Parra la scenografia e i costumi, Michele Pastorini le coreografie e Osman Eyublu la musica.

Una commedia con elementi grotteschi
Fedele al film tanto quanto alle illustrazioni di Fellini, l’Amarcord di Delprato è certamente una commedia con elementi grotteschi, ma è riduttivo attribuirle un genere e collocarla nello stanzino della forma teatrale circoscritta perché tale non è. Le scene “corali”, che sono il punto forte dello spettacolo, sono coreografate fino alla perfezione, la scenografia è quasi un personaggio a parte, i costumi sono un capolavoro, il movimento scenico è semplicemente tutto. Per non parlare della musica, che ha un potere rievocativo eccezionale, anche per chi non ricordasse più il film se non per i particolari che sono entrati di diritto nell’immaginario collettivo.
Inutile insistere sulla trama e sui personaggi che sono arcinoti. “Amarcord” è stato il più autobiografico dei capolavori di Fellini. Sullo sfondo della scena c’è sempre la sua Rimini, piccolo borgo antico popolato da personaggi bislacchi a metà strada tra il tragico e il comico, immersi nello squallore del fascismo, sempre proiettati verso il collettivo: l’individuale è ancora sepolto e protetto nell’inconscio e deve guardarsi bene dall’uscire allo scoperto, perché c’è sempre qualcuno che pretende di possederlo e manipolarlo a proprio uso e vantaggio: la scuola, la chiesa, la famiglia, la piazza, il partito, il capitale, il costume…

Una storia d’iniziazione
Amarcord è la storia dell’iniziazione dei ragazzi alla vita attraverso la scoperta delle pulsioni sessuali, della donna, dell’autorità, del potere, delle inibizioni. Tutto lo spettacolo è costruito a contrappunto, il solo espediente che consente di fare di un palcoscenico il contenitore di una tale vastità di personaggi e vicende: al monologo seguono i dialoghi, alla luce le tenebre, all’esperienza individuale quella collettiva, al fatto comico l’episodio tragico, alla prova di recitazione il numero di danza. Ovviamente l’elemento grottesco è onnipresente. Il grottesco s’impone fin dalle prime battute con la parata dei professori di greco, matematica, filosofia, storia e geografia patria, una galleria di personaggi iperbolici che apre la scena ai protagonisti veri e propri: Titta (Deni Sanković), Miranda (Olivera Baljak), Aurelio (Dean Krivačić), La Gradisca (Tanja Smoje), Volpina (Aleksandra Stojaković Olenjuk), lo Zio pazzo (Edi Ćelić), il reverendo e il dignitario fascista (Giuseppe Nicodemo), la tabaccaia (Serena Ferraiuolo), Biscein (Jelena Lopatić), L’Avvocato (Mario Jovev) e altre parti minori realizzate dai medesimi interpreti ad una velocità di trasformazione pazzesca.

La follia di un secolo
La scena ruota ogni tot di minuti per contenerli tutti. È divisa in quadranti per dare una cornice a turni alla famiglia, alla piazza, al confessionale, al Grand Hotel, al porto di Rimini, alla stanza dell’ospedale, al cimitero, al manicomio. La scena ruota velocemente come ruota la bobina del cinematografo e certamente il “quadrante” con la rampa a scalinata che rappresenta ora la scuola, ora la sala del cinema, ora la piazza ed ora la chiesa, è quell’elemento di scenotecnica che costituisce il doveroso omaggio al film in generale e al film di Fellini in particolare. Gli episodi delle adunate fasciste, lungi dal cadere nello stereotipo (dipingono piuttosto il quadro della follia di un secolo) e quelle della tabaccaia, della confessione, dell’onanismo collettivo sono semplicemente quintessenziali nella costruzione e comprensione dello spettacolo che riesce gradito al vasto pubblico, tanto meglio se italofono e a maggior ragione se amante di Fellini.
Gli spettatori di Pola potranno assistere ad “Amarcord” ancora questa sera, mentre a Fiume lo spettacolo andrà in scena a novembre.

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