
Ha avuto inizio da Parenzo il progetto “Sulle orme di Dante in Istria e… oltre!”, una serie di conferenze dedicate alla presenza del Sommo Poeta nelle nostre terre, a cura della studiosa capodistriana Valentina Petaros Jeromela. A introdurre la lezione tenutasi presso la Comunità degli Italiani è stato lo storico dell’arte e archeologo Marino Baldini, che ha accennato alle testimonianze dantesche nella storia dell’arte regionale.
Tracce risalenti al XIV secolo
Certamente, la testimonianza letteraria scritta e più nota relativa al rapporto dell’Alighieri con la nostra penisola, è il famoso passo “Sì com’a Pola, presso del Carnaro / ch’Italia chiude e suoi termini bagna”, citato nei versi 106-120 del nono canto dell’“Inferno” della sua “Divina Commedia”. In “Dante e la Venezia Giulia”, del 1948, Baccio Ziliotto, partendo da quanto scritto dallo storico Camillo De Franceschi in “Dante e Pola” ripercorre la storia della “dantofilia” giuliana, basandosi su notizie, testimonianze e tradizioni. Questa “dantofilia”, è iniziata molti secoli addietro: tra il 1394 e il 1399 a Isola, Pietro Compenni da Tropea, cancelliere comunale, trascrisse due copie di Codici della “Divina Commedia”, commentate da Benvenuto da Imola. Grazie anche a questi due Codici – studiati da Petaros Jeromela – tra i più antichi in assoluto, si sono ipotizzati i soggiorni di Dante in Istria, forse nel periodo in cui, durante l’esilio, era protetto da Cangrande Della Scala, o quando era ospite di Pagano Della Torre. Questo soggiorno si sarebbe realizzato probabilmente tra gli anni 1304 e 1308. Nel suo intervento, la studiosa connazionale ha citato un documento penale di Parenzo, del 4 ottobre 1308, in cui viene citato quale testimone un “Danto tuscano” a Parenzo.
Pubblicazioni e traduzioni
Alle tracce dantesche in Istria, Valentina Petaros Jeromela ha dedicato un libro, “Dante e le leggende in Istria – Come è nato il mito di Dante, Vate delle terre irredente?” pubblicato dalla Lega Nazionale di Trieste nel settecentenario dalla sua morte, illustrando la presenza o meno “dantesca”, con particolare attenzione ai miti e alle leggende, legate alla grotta di Tolmino, allo scoglio di Dante a Duino, ai Codici di Isola, alla casa Delise di Isola, al citato episodio parentino, alla realtà storica, alla geografia, recuperando tutti gli scritti che raccontano e testimoniano di una leggenda di Dante.
L’autrice ha pubblicato i “Codici isolani” e collegato le famiglie degli Ughi e dei Besenghi di Isola, che probabilmente hanno portato due copie della “Divina Commedia” in città e da cui, sono nati i due Codici con il commento di Benvenuto da Imola. Nell’incontro ha ricordato le traduzioni di Dante in lingua croata e slovena. Le prime sono molto più antiche rispetto a quelle slovene, che sono recentissime. Le traduzioni della “Divina Commedia” in sloveno hanno determinato la presenza di Dante nel nostro territorio, con leggende che hanno lasciato spazio a immaginazione, verità e mito. Al centro dell’attenzione anche un terzo Codice dantesco: quello di Chiavari, che molto probabilmente risale allo stesso scriptorium di quelli isolani.
Alla lezione, seguita con molta attenzione dai presenti, è seguito il dibattito che ha accentuato ulteriormente l’attenzione sull’ipotetica presenza del Sommo Poeta in Istria.

Foto: DENIS VISINTIN
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