Pagine di dolore e traumi

Il romanzo «Il paziente della stanza 19» dello scrittore fiumano Zoran Žmirić, considerato uno dei migliori scritti anti-bellici croati, è stato pubblicato dalla casa editrice Infinito edizioni. L’opera parla di persone che tuttora vivono con le cicatrici lasciate dalla guerra

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Pagine di dolore e traumi

Non accade raramente che un autore italiano contemporaneo venga tradotto in lingua croata (pensiamo soltanto alle recenti edizioni di Elena Ferrante o Niccolò Ammaniti), ma è molto più raro che uno scrittore croato punti al mercato librario dello Stivale. Il passaggio è stato fatto dal letterato fiumano Zoran Žmirić, il cui romanzo “Pacijent iz sobe 19” è stato tradotto in “Il paziente della stanza 19” ed è stato pubblicato dalla casa editrice Infinito edizioni.

 

A darne la notizia è stata la Società croata degli scrittori. Žmirić era entrato nella rosa dei finalisti del Premio per il miglior romanzo croato nel 2019, un concorso indetto dal Tportal, assieme a Julijana Adamović, Nikola Petković, Kristina Gavran e Ivana Šojat. Il premio era stato vinto da Nikola Petković per il romanzo “Put u Gonars” (Viaggio a Gonars).

La copertina dell’edizione italiana

Una vita distrutta

Il libro “Il paziente della stanza 19” parla di una generazione di ragazzi che è stata catapultata dalla spensieratezza delle serate trascorse nei ritrovi rock direttamente sul fronte, a prescindere da che parte dello schieramento si trovassero. Žmirić parla di persone la cui vita è stata distrutta e che tuttora vivono con i traumi e le cicatrici lasciate dalla guerra, un evento devastante che ha bloccato la loro crescita interiore. A descrivere in questo modo il romanzo è stato l’autore stesso, in un’intervista del 2018.

Il personaggio principale della vicenda è un ragazzo, Vanja Kovačević, che si divertiva a bere birra nel club fiumano Palach e che faceva cenno al DJ di mettere qualcosa del gruppo Sisters of Mercy, ma che il giorno dopo il suo diciannovesimo compleanno è stato mandato sul fronte. Vent’anni dopo, Vanja racconta allo psichiatra perché ha alzato la mano su sé stesso e ha fatto l’indicibile.

Nel 2019 la giuria del Tportal aveva scritto del romanzo: “Il dolore fantasma di una gioventù bruciata nell’interpretazione letteraria di Zoran Žmirić si trasforma in alcune delle pagine più dolorose della letteratura croata contemporanea. Si tratta di un romanzo anti-bellico ispirato a un passato che non vuole passare”.

Nella motivazione della giuria, della quale hanno fatto parte Ursula Burger, Katarina Luketić, Jadranka Pintarić, Miroslav Mićanović e Ivica Buljan, è stato spiegato anche che quando la finzione scrive la storia, lo scrittore può diventare rappresentante della memoria collettiva.

Un passato che non vuole passare

”Questa possibilità dipende non soltanto dal successo del romanzo nella comunità alla quale è destinato, ma anche all’efficacia di un lavoro storico – recita ancora la motivazione -. Il romanzo ‘Il paziente della stanza 19’ mette in dubbio il luogo d’incontro del linguaggio dell’autore con il dolore intimo e profondo della storia collettiva. La prospettiva letteraria di Žmirić descrive diversi elementi del trauma. Il personaggio principale è un ragazzo che trascorre in libertà le proprie giornate nel club Palach, alla scoperta dei propri gusti musicali, che ne segneranno la vita materiale e spirituale. Di punto in bianco viene inviato al fronte col fucile in mano e la sua vita si trasforma in un incubo. La vicenda inizia circa un quarto di secolo dopo, quando Vanja Kovačević, non riuscendo ad affermarsi nella vita e dovendo affrontare una crisi morale ed economica, accompagnata da un nazionalismo e dalla corruzione rampanti, decide di suicidarsi castrandosi. Nel corso della terapia psichiatrica il lettore scopre tanti dettagli sulla giovinezza bruscamente interrotta del paziente. Lui è allo stesso tempo un terapeuta e un giustiziere il quale dà alla finzione la forza morale della gestione delle emozioni. La memoria dell’eroe ha il potere di ricostruire le sfumature dell’esperienza vissuta”.

”Il romanzo – si legge ancora nella motivazione – è concepito come un’alternativa al vuoto sociale e politico oppure all’esperienza vissuta e al modo in cui se ne parla. La descrizione del disturbo da stress post-traumatico diventa autentica in quanto si basa sulla ripetizione di determinati motivi e sulla frammentazione dell’esperienza. Nonostante il tentativo drastico di autolesionismo, l’eroe fugge dal mondo dell’ortodossia psicoanalitica e descrive il trauma come un rapporto soggettivo nei confronti del tempo e del mondo in cui vive, piuttosto che come una patologia. Strutturato in 39 capitoli cronologicamente spezzati, il romanzo è pieno di immagini sanguinose intercalate da situazioni umoristiche legate alla quotidianità”.

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