«Orlando furioso». Un mondo caotico

Al Teatro Nazionale Croato «Ivan de Zajc» di Fiume è andato in scena lo spettacolo del Dramma Italiano basato sul poema cavalleresco di Ludovico Ariosto

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«Orlando furioso». Un mondo caotico
Andrea Tich (Orlando) e Serena Ferraiuolo (Angelica). Foto: RONI BRMALJ

Teoricamente parlando, le arti sceniche sono in grado di accogliere nel loro interno, assimilare e rielaborare pressoché qualsiasi contenuto, letterale o letterario, fantastico o fantasioso che sia. Vale a dire che sono davvero rare, se non del tutto inimmaginabili, le situazioni che, curate “teatralmente”, rischierebbero di compromettere la propria essenza e il proprio valore simbolico. Considerazioni come questa, e altre simili, sembrano formare la base della determinazione del Dramma Italiano a realizzare produzioni nate da opere letterarie che, per loro stessa natura, sfuggono alle redini della scena teatrale. Questa volta, la materia prima è arrivata da uno dei maggiori capolavori della letteratura moderna in Europa, la cui fama non viene neanche minimamente lesa dal passare dei secoli: l’”Orlando furioso” di Ludovico Ariosto è stato messo in scena al Teatro Nazionale Croato “Ivan de Zajc” di Fiume nell’adattamento drammaturgico di Luciano Delprato e Jazmín Sequeira, per la regia di quest’ultima e nell’interpretazione attoriale di Serena Ferraiuolo, Andrea Tich, Ivna Bruck, Annamaria Ghirardelli, Stefano Surian, Mirko Soldano, Ariella Reggio, Stefano Iagulli e Giuseppe Nicodemo, e con la partecipazione di Tino Trkulja, Karla Aračić, Dora Čiča, Mihael Marković, Nika Grbelja, Andreja Brozović Adžić-Kapitanović.

La specificità del poema
Data la specificità del poema cavalleresco di Ariosto, in cui il tessuto dell’opera viene elaborato attraverso un’intricata concatenazione di molteplici nuclei narrativi, una sua trasposizione teatrale comporta una scelta tra almeno due alternative diverse, ovvero quella incentrata sull’utilizzo di tutti (o quasi) i contenuti dell’opera, nel segno di una trascrizione quanto più fedele all’originale – che, come è evidente, implicherebbe una serie di problematiche spazio-temporali –, e quella basata su una distillazione, più o meno rigorosa, del materiale letterario secondo un determinato principio di selezione.
Nel caso dell’”Orlando furioso” dello “Zajc”, l’adattamento drammaturgico firmato da Delprato e Sequeira, oltre a utilizzare il secondo dei due orientamenti, opera una totale attualizzazione in senso linguistico – cioè, riformulando e parafrasando i versi dell’Ariosto – dell’originale, tuttavia riuscendo a rispettare il senso e la poeticità del poema. Ciononostante, pur dimostrandosi Delprato e Sequeira assai abili e attenti nell’inserimento rispettoso dell’opera in un contesto moderno – tanto dal punto di vista del linguaggio, quanto da quello sociale –, la messinscena diretta dalla regista argentina presenta diversi aspetti che compromettono la ricezione della grandezza del capolavoro ariostesco da parte del pubblico.

I grandi temi dell’opera
Si tratta, in primis, di una sostanziale mancanza di misura nel maneggiare gli elementi della messinscena al fine di dotarli del giusto peso in riferimento alla complessiva struttura dello spettacolo. In altre parole, pur optando per una selezione dei contenuti dell’”Orlando furioso” di Ariosto da rappresentare, il progetto drammaturgico-registico di Delprato e Sequeira li riordina scenicamente secondo un procedimento che, al costo di dar spazio in egual misura a tutti dei grandi temi affrontati nel poema e nel suo adattamento drammaturgico, sacrifica molto dello spazio che ciascuno di essi meriterebbe individualmente. Ciò che ne risulta è una rassegna di problematiche che, piuttosto che venire elaborate e approfondite – in maniera più o meno critica –, si presentano sottoforma di effimeri accenni che stentano a individuare il giusto piano da occupare.

Trattamento superficiale della lotta
La rappresentazione della lotta tra Cristiani e Saraceni, ad esempio, non si spinge oltre la banale identificazione con le odierne tensioni tra Occidente e Oriente – e l’utilizzo occasionale di materiali multimediali che illustrano emblematicamente la realtà contemporanea non fanno altro che confermare la superficialità del loro trattamento –, mentre la pazzia di Orlando perde il proprio impatto a causa del collocamento e della dimensione che le viene assegnata rispetto alle altre componenti della messinscena.
È proprio la follia del paladino cristiano l’elemento che, secondo l’opinione di chi scrive, potrebbe rappresentare il principale punto di forza dell’intero spettacolo. Grazie alla straordinaria interpretazione di Andrea Tich – che, purtroppo, viene troncata dalla regia proprio nel momento in cui sembra spiccare il volo –, il protagonista del poema sale sul palco in tutta la sua forza e offre un’immagine tangibile e del tutto verosimile alla caratterizzazione che gli viene impressa attraverso la magnifica scrittura dell’Ariosto. A livello drammaturgico e quello dell’azione scenica, tuttavia, la follia di Orlando si presenta insufficientemente motivata e, pertanto, risulta anch’essa scarsamente elaborata.

Una fonte d’incomprensioni
Un discorso simile riguarda, infine, la gestione della comicità all’interno della pièce. L’utilizzo del senso dell’umorismo nell’ambito di lavori che trattano di temi universalmente cupi – come l’atrocità della guerra, l’ingiustizia nei confronti dei deboli e quella legata alla questione femminile, come anche la passione dell’amore a scapito della ragione – non rappresenta un compito facile e, nel caso dell’”Orlando furioso” del DI dello “Zajc”, sembra costituire una fonte d’incomprensioni nella percezione dello spettacolo da parte del pubblico. È innegabile la comicità del testo ariostesco e l’ironia che viene emanata da certi episodi del poema, un aspetto che gli autori dell’adattamento drammaturgico non si sono fatti sfuggire, ma ciò che appare del tutto superfluo a livello scenico è la propensione ad accentuare l’umorismo di certi elementi fino a farli relegare nel ridicolo – pensiamo, in questo caso, all’utilizzo di alcuni elementi scenografici che, soprattutto in combinazione con i costumi (realizzati da Sandra Dekanić), fanno una parodia del personaggio rappresentato, come nel caso di Bradamante interpretata da Ivna Bruck.

Ottime performance
Per quanto riguarda la recitazione attoriale, vanno però sottolineate le ottime performance offerte dal sopracitato Tich e, soprattutto, da Serena Ferraiuolo nei panni di Angelica, che sfrutta al massimo ogni momento in scena. Con una presenza scenica che sembra maturare e ampliarsi con ogni nuova produzione, Ferraiuolo rende indimenticabile il personaggio di Angelica, strappandola anche dall’oblio dello stesso poema ariostesco.
Il nuovo spettacolo della compagnia italiana del Teatro Nazionale Croato “Ivan de Zajc”, pur presentandosi coerente dal punto di vista visivo e sonoro – le scenografie firmate da Delprato si sposano, in questo senso, molto bene alle musiche di Marco Bueno (con il disegno del suono progettato da Saša Predovan) –, appare a più riprese come un mondo caotico, dai colori accesi e dalle sfumature punk, in cui i nuclei narrativi dell’Ariosto si combinano per formare un amalgama uniforme in cui né i personaggi, né le problematiche socio-politiche accennate, riescono a ottenere un’adeguata rivendicazione, lasciando al pubblico un ricordo indefinito e impersonale. Le prossime repliche dell’”Orlando furioso” sono in programma allo “Zajc” dal 9 all’11 marzo.

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