«Nella scienza nulla viene dato per scontato»

A colloquio con il prof. Dario Hrupec, docente di fisica all'Università «Josip Juraj Strossmayer» di Osijek, scienziato e divulgatore scientifico

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«Nella scienza nulla viene dato per scontato»
Il prof. Dario Hrupec Foto: Goran Žiković

In un mondo sempre più dominato da atteggiamenti apertamente ostili verso la scienza e dall’anti-intellettualismo dilagante, che al giorno d’oggi sembrano paradossali considerata la presenza e l’uso diffuso dei frutti della scienza nella vita quotidiana, e che portano a conseguenze molto serie per tutta la società, come la diffusione di pericolose malattie infettive che qualche decennio fa erano considerate quasi eliminate grazie ai vaccini (come il morbillo), è sempre rincuorante sapere che nel frastuono della disinformazione e della pseudoscienza ci sono ancora persone che tengono alta la torcia del pensiero razionale. Una di queste è lo scienziato Dario Hrupec, che abbiamo avuto modo di conoscere pochi giorni fa alla presentazione del Piccolo libro degli alieni di Adam Frank nella libreria V.B.Z. di Fiume del quale ha curato la traduzione.
Il prof. Hrupec è docente di fisica all’Università “Josip Juraj Strossmayer” di Osijek, dove insegna ai corsi “La scienza nella vita quotidiana”, “Linux per i fisici”, “Introduzione alla fisica delle astroparticelle”, “Fisica”, “Fisica computazionale”, “La teoria della relatività speciale e generale” e “Introduzione all’astronomia e all’astrofisica”. I suoi interessi scientifici comprendono la fisica delle astroparticelle, l’astronomia gamma di più alta energia, i telescopi Čerenkov e le simulazioni numeriche. È autore di centinaia di articoli di divulgazione scientifica, di una decina di manuali ginnasiali di fisica e di tre libri di divulgazione scientifica (Protiv nadnaravnog, Ažurirani svemir e Razumljivi svijet). È anche traduttore, redattore e recensore di libri scientifici, relatore e organizzatore di una serie di conferenze pubbliche dal titolo “La natura dal vivo”. Con il prof. Hrupec abbiamo avuto modo di conoscere un po’ meglio il suo campo d’interesse professionale, ma anche le sue riflessioni sull’epoca in cui viviamo.

La ricerca della vita nell’universo
Il tema del libro è un argomento che le interessa personalmente?
“Certo. Tutti i temi che riguardano lo spazio sono collegati e questo in particolare è un tema che interessa molte persone, anche quelle che non si occupano di fisica, astrofisica o astronomia. Mi interessa la parte che trovo vicina alle mie ricerche. Infatti, il mio campo di ricerca è l’astronomia gamma di più alta energia e assieme ai miei colleghi vi lavoro utilizzando dei telescopi speciali, i cosiddetti Telescopi Čerenkov – ne esistono pochi al mondo, tra cui una serie sull’isola La Palma nelle Canarie dove si trova uno dei tre migliori osservatori astronomici del globo – per osservare i raggi gamma ad alta energia provenienti da fonti lontane ed esotiche. Le ricerche di cui parla Adam Frank nel suo libro Piccolo libro degli alieni e nelle quali partecipa egli stessi sono molto simili a queste che si stanno portando avanti o preparando, anche se a livelli più bassi di energia e a lunghezze d’onda maggiori, e per le quali è necessario utilizzare altri tipi di telescopi, ovvero quelli che osservano segnali nella fascia infrarossa, com’è il caso con il telescopio spaziale James Webb. Esso è capace di svolgere osservazioni sia nello spettro elettromagnetico visibile che in quello infrarosso e grazie a quest’ultimo può osservare anche le atmosfere degli esopianeti e individuare i composti chimici che le compongono, a patto che esista un’atmosfera.
Le ricerche precedenti di evidenze di vita extraterrestre erano indirizzate all’individuazione di civiltà tecnologicamente avanzate che avrebbero potenzialmente inviato dei segnali che noi avremmo potuto intercettare. Questo tipo di ricerca non era ben sviluppato ed era troppo casuale il modo in cui venivano selezionate le stelle da osservare, per cui non ci potevamo attendere troppo in questo campo. Oggi, invece, la ricerca di prove di vita aliena prendono in considerazione una gamma molto più vasta di manifestazioni di tale vita. Gli scienziati non hanno rinunciato a cercare segnali di civiltà extraterrestri e tecnologicamente avanzate, ma hanno ampliato la loro ricerca a qualsiasi evidenza di vita, di ogni possibile forma. Tale forma di vita, infatti, dovrebbe lasciare delle tracce della sua esistenza nell’atmosfera di un esopianeta.
Prima che sulla Terra si sviluppasse la vita, infatti, il nostro pianeta aveva un’atmosfera completamente diversa, ma quando essa prese il sopravvento nella biosfera a subire dei cambiamenti fu anche l’atmosfera. Nell’atmosfera si possono difatti individuare, tra l’altro, anche composti chimici che possono servire da indicatori di una potenziale forma di vita. Se questi composti chimici sono sempre presenti nell’atmosfera, ciò vuol dire che c’è qualcosa che li produce. Il telescopio James Webb è capace di individuare questo tipo di composti, ma lo saranno ancora di più i telescopi ora in fase di costruzione, quelli del diametro di 30 metri, che saranno capaci di osservare gli esopianeti finora scoperti, selezionare quelli con un’atmosfera e cercare in esse le cosiddette biofirme (qualsiasi elemento, sostanza, molecola o fenomeno che fornisca prove scientifiche della presenza di vita, nda). Oltre alle biofirme, sarebbe ancora più intrigante e interessante trovare delle tecnofirme, ovvero prove dell’esistenza di una civiltà tecnologica capace di inquinare l’atmosfera, com’è il caso con l’umanità. Nel caso in cui nell’atmosfera venissero individuati composti come i clorofluorocarburi, che non esistono in natura, ma possono essere creati soltanto artificialmente, ciò vuol dire che avremmo individuato una tecnofirma. Si tratta di composti che si decompongono presto nell’atmosfera, ma siccome vengono prodotti in continuazione, essi continuano a essere presenti. Se qualcuno osservasse il nostro pianeta da un’altra stella nell’universo saprebbe che qui c’è la vita osservando l’inquinamento della nostra atmosfera”.

Gli elementi chimici come mattoncini Lego
Quali sono i composti chimici la cui presenza è una prova dell’esistenza della vita?
“Il metano è il gas strettamente legato all’esistenza della vita basata sul carbonio. Per quanto riguarda altre sostanze, qui si ipotizza anche la presenza del silicio, ma questo non è molto probabile. Il carbonio si presta molto più facilmente alla nascita della vita. È interessante il fatto che nello spazio esistono dei composti chimici molto complessi: sono stati trovati anche gli amminoacidi, ovvero molecole organiche che compongono il nostro DNA. Gli elementi chimici sono come dei mattoncini Lego con i quali possiamo costruire un oggetto. Quando parliamo di amminoacidi, essi non sono soltanto pezzi singoli, bensì mattoncini più complessi. In condizioni idonee, la combinazione degli amminoacidi potrebbe portare alla creazione della vita”.

Alla presentazione del libro, lei si è dichiarato un po’ scettico per quanto riguarda la possibilità che un giorno si possa scoprire l’esistenza di una forma di vita intelligente e tecnologicamente avanzata.
“Mi viene in mente la risposta di Stephen Hawking (celebre scienziato inglese, uno dei maggiori del XX secolo, nda) alla domanda se credesse che nell’universo esista una forma di vita intelligente, come sulla Terra, al che egli rispose ‘davvero sulla Terra esiste una forma di vita intelligente?’, alludendo ovviamente a tutto ciò che gli esseri umani sono capaci di fare gli uni agli altri.
Nell’analisi dell’equazione di Drake, che Adam Frank menziona nel suo libro, la quale è una formula matematica utilizzata nell’esobiologia per stimare il numero di civiltà extraterrestri esistenti in grado di comunicare nella nostra galassia, ho dichiarato che sia possibile trovare una forma di vita intelligente se definiamo l’intelligenza come la capacità di un essere di adattarsi al proprio ambiente e a nuove circostanze. In questo senso credo che questa sia possibile, ma la possibilità che possa nascere una civiltà capace di costruire un radiotelescopio o qualcosa di più complesso è secondo me meno probabile. Potrei avere torto, in quanto in questa fase si tratta soltanto di speculazioni considerata la mancanza di dati. Credo che anche gli alieni dovrebbero sottostare all’evoluzione, ovvero alle leggi della biologia, in quanto tutto l’universo è composto dai medesimi elementi. In tal caso, ovvero se l’evoluzione vale anche in altre parti dell’universo e crea diverse forme di vita e se prendiamo in considerazione il fatto che l’evoluzione non ha un traguardo finale – è sbagliato credere che l’essere umano sia il fine ultimo di questo processo – allora non è indispensabile che essa porti alla nascita di una civiltà tecnologica con la quale noi potremmo comunicare. Molti non amano sentire che noi esseri umani siamo praticamente il frutto della casualità, ma stando alla scienza è proprio così”.

Come funziona il metodo scientifico
All’Università di Osijek insegna al corso «La scienza nella vita quotidiana». Qual è l’obiettivo di questo corso?
“Questo è un corso che ho ideato qualche anno fa perché ho notato che nei nostri atenei, a differenza di quelli all’estero, non si parla del modo in cui la scienza funziona e cosa sia utile non soltanto agli scienziati, ma anche a tutti noi in quanto viviamo in un mondo immerso nella tecnologia. Non viviamo più nei boschi, non siamo più isolati, ma siamo circondati dagli smartphone, dall’internet, dall’intelligenza artificiale che sono tutti mezzi creati dalla scienza. Di conseguenza, se siamo compatibili con il funzionamento e il ragionamento della scienza ci destreggeremo molto più facilmente nella società odierna. Se la nostra visione del mondo non è compatibile con la scienza – ciascuno di noi ha ovviamente una sua visione del mondo e del modo in cui esso funziona – e se siamo convinti, ad esempio, che durante un temporale i tuoni siano prodotti dalle carrozze che gli dei guidano nel cielo, allora siamo in contrasto con la realtà del mondo, non ci troviamo bene e siamo anche capaci di prendere delle decisioni che possono fare male sia a noi che a chi ci circonda.
L’obiettivo del corso è spiegare agli studenti come funziona il metodo scientifico. Esso parte dalla curiosità degli scienziati, che desiderano scoprire come funzioni un determinato fenomeno. Dopo averlo osservato, cercano di comprenderlo – a differenza della pseudoscienza, che imita la scienza, ma non è realmente interessata a comprendere un determinato fenomeno e il suo obiettivo non è la conoscenza –, dopodiché formulano un’ipotesi, che è un tentativo di spiegare, meglio dire indovinare il risultato finale in base all’esperienza precedente, alle conoscenze e all’intuizione. Segue il passo più importante: la verifica dell’ipotesi. Ci sono anche altri campi dell’attività umana nei quali si cercano di trovare delle soluzioni a determinati fenomeni, ma qui le ipotesi non vengono verificate. Questo passo viene fatto soltanto nell’ambito delle scienze naturali. Se l’esperimento o l’osservazione dimostrano che l’ipotesi è sbagliata, allora dobbiamo rinunciare a essa e cercare una nuova soluzione.
Per poter cercare una conferma della nostra idea è necessario avere dei dubbi, perché se siamo sicuri che la nostra soluzione sia esatta non abbiamo bisogno di verificarla. Chi è sicuro di possedere l’unica giusta spiegazione non avrà alcun bisogno di verificarla. Gli scienziati, però, devono avere dei dubbi, per cui nella scienza è incorporato lo scetticismo e nulla viene dato per scontato. Nel caso in cui l’esperimento confermi la nostra ipotesi, questo non è una dimostrazione e nemmeno un numero infinito di dimostrazioni non sono una prova. Basta che soltanto uno degli elementi venga confutato per far crollare l’intera idea.
Gli scienziati devono quindi essere scettici e avere un acuto senso critico. Se adottiamo questo tipo di ragionamento anche nella vita quotidiana, allora saremo compatibili con il mondo in cui viviamo e potremo prendere decisioni migliori per noi stessi e per chi ci circonda”.

L’anti-intellettualismo
Oggigiorno è molto diffuso un atteggiamento antiscientifico nella società, le cui cause vanno ricercate anche nei social che permettono il proliferare di queste opinioni. Tantissime persone rifiutano la scienza e il metodo scientifico e si sentono competenti ad esprimere opinioni su argomenti di cui non conoscono nemmeno le basi. Allo stesso tempo, si servono come tutti gli altri di tutto ciò che la scienza ha prodotto. Si può dire che la scienza è diventata vittima del proprio successo?
“L’atteggiamento antiscientifico non è una novità, esso ha sempre accompagnato qualsiasi progresso della società. Credo che siano due le cose che intensificano questo atteggiamento. In primo luogo, il fatto che l’Internet e i social ci permettono di connetterci più facilmente con persone che condividono le nostre opinioni, il che intensifica la nostra sensazione di avere ragione. Gli algoritmi che vengono utilizzati nei social sono infatti pensati per filtrare i contenuti e offrirci ciò che ci interessa. Di conseguenza, ci chiudiamo in una camera di risonanza dove le opinioni come la convinzione che la Terra sia piatta, che l’uomo non sia mai stato sulla Luna, o che siamo governati dai rettiliani vengono amplificate.
Il secondo problema è il fatto che la scienza progredisce molto rapidamente, tanto che non possiamo nemmeno immaginare quanto le cose cambieranno nell’arco di un decennio, mentre al contempo la mentalità dell’essere umano cambia molto più lentamente. Dal punto di vista morale ed etico abbiamo sicuramente fatto tanti progressi, ma essenzialmente saremmo capaci di comunicare senza grandi problemi con una persona vissuta all’epoca dell’Impero romano o nel Medievo. Considerato questo fatto, è sempre più grande il divario tra il nostro sviluppo come esseri umani e la tecnologia, in quanto oggigiorno sono poche le persone che sanno come funziona uno smartphone, oppure come vola un aereo. Questo grande divario produce una tensione che non so in che modo possa risolversi.
La nostra società coltiva l’individualismo, il diritto all’opinione personale e all’espressione del proprio pensiero, che sono valori importanti, ma portano anche all’abuso nel senso che siamo testimoni di persone di poco sapere, che forse conoscono qualche nozione imparata a scuola e poi mai approfondita, ma che si ritengono competenti a esprimere la propria opinione.
Quando menziono i terrapiattisti, dico sempre che la loro motivazione è positiva, in quanto qui si mette in dubbio un luogo comune, il che è essenziale nel funzionamento della scienza. Questo è il primo passo, ma poi segue il passo della verifica di quest’idea. Quanto più straordinaria l’affermazione, tanto più impegno bisogna investire per provarla. Ma qui i terrapiattisti si fermano e si limitano a credere a questa affermazione senza prove attendibili, oppure prendendo per vere le ‘prove’ fornite dalla pseudoscienza e dalle teorie del complotto. Se dubitiamo di un’affermazione dobbiamo pure cercare le prove per smentirla”.

Una delle più diffuse teorie del complotto è quella che afferma che l’uomo non sia mai stato sulla Luna. Come approcciarsi a chi crede a questa affermazione?
“Da giovane ho scritto tanti articoli, tenuto conferenze cercando di spiegare queste cose, ma poi ho concluso che si tratta di uno sforzo inutile in quanto qui sono in conflitto la ragione e l’emozione. Chi vuole credere continuerà a farlo respingendo ogni prova contraria e oggettiva. Le credenze sono infatti legate all’identità di una persona, all’emozione, e quindi ogni tentativo di screditarle verrà respinto con più convinzione.
Ovviamente, esistono persone che riescono a vedere le cose anche da un altro punto di vista, ma il primo passo è sempre il dubbio. Già Darwin aveva notato che certe persone si sentono tanto più sicure di sé quanto più basso è il loro livello di conoscenza”.

L’attacco alla scienza
Considerato l’attacco alla scienza messo in atto negli Stati Uniti dal presidente Donald Trump e concretizzatosi con lo smantellamento illegale di numerose agenzie e istituti scientifici di prim’ordine, con il ritiro di finanziamenti a innumerevoli ricerche e via dicendo, come vede lo sviluppo futuro della scienza a livello mondiale? Gli Stati Uniti sono stati infatti per decenni il motore dello sviluppo in questo campo, per cui ciò che succede in questo momento sembra molto preoccupante.
“Ciò che accade attualmente negli Stati Uniti è sicuramente preoccupante, ma è difficile prevedere quali saranno gli effetti di questi tagli. Spero che con il tempo si renderanno conto che ciò che stanno facendo non porti a nulla di positivo e che faranno pressione affinché questo processo di distruzione si fermi. Il governo di Trump e della sua amministrazione non influirà affatto positivamente sulla scienza. La situazione attuale negli Stati Uniti è l’illustrazione del divario tra la ragione e il pensiero razionale sul quale si basa la scienza, nonché la tecnologia sulla quale si basa la nostra civiltà e, dall’altro lato, delle reazioni emotive e dell’impulsività come risultato di pregiudizi ai quali tutti noi siamo inclini in misura minore o maggiore.
Come esseri umani abbiamo bisogno sia della ragione che delle emozioni, ma bisognerebbe capire in che momento sarebbe meglio non lasciarsi andare ai pregiudizi e guardare avanti. I politici populisti sono visti da certe persone come la risposta alle loro paure e ai loro problemi, senza pensare alle conseguenze per la società in generale”.

Per finire, una domanda personale. Che cosa l’ha portata a dedicarsi alla scienza?
“Questa decisione maturava in me durante la scuola media superiore, quando tra tutte le materie che seguivo scoprii che alcune mi piacevano di più e per loro avevo più affinità. La mia materia preferita era la matematica, ma alla fine scelsi di studiare la fisica. Amavo molto anche leggere. Anche attraverso i libri possiamo scoprire i nostri interessi. Per una decina di anni ero sicuro che se avessi dovuto scegliere ancora una volta che avrei nuovamente fatto le medesime scelte, ma con il tempo i miei interessi si ampliarono, per cui una delle opzioni diventò anche la biologia. In ogni caso, ero sempre portato verso le scienze naturali”.

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