«Necessaria una politica della coabitazione»

Il programma Isola-Ghetto-Asilo, inserito nella 30ª edizione del Salone del Libro di Pola, ha voluto ripescare la grande tematica della crisi migratoria

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«Necessaria una politica della coabitazione»
Katarina Penđer, Andrea Matošević, Donatella Di Cesare e Iva Grgić Maroević. Foto: ARLETTA FONIO GRUBIŠA

Il programma Isola-Getto-Asilo, inserito nella 30ª edizione del Salone del Libro di Pola, ha voluto ripescare la grande tematica della crisi migratoria affrontata dalla kermesse letteraria nel 2015. Nel fine settimana ha portato in sede una sola ospite, ma è bastato a far ragionare, a provocare opinioni, riflessioni e dubbi entro un medesimo contesto. Protagonista della serata di presentazione del libro “Stranieri residenti” – traduzione croata di Katarina Penđer – e della chiacchierata mattutina a colazione con l’autore è stata Donatella Di Cesare, filosofa, docente, scrittrice e saggista. Insegna Filosofia teoretica al Dipartimento di Filosofia e alla Scuola Superiore di Studi Avanzati della Sapienza di Roma ed è considerata una delle voci filosofiche più presenti nel dibattito pubblico, sia accademico sia mediatico italiano. Oltre a “Stranieri residenti. Una filosofia della migrazione” (Bollati Boringhieri 2017), ha scritto “Sulla vocazione politica della filosofia” (Bollati Boringhieri 2018). Presso Einaudi ha pubblicato: “Terrore e modernità” (2017), “Marrani. L’altro dell’altro” (2018), “Il complotto al potere” (2021) e “Democrazia e anarchia. Il potere nella polis” (2024).

Le lacune in materia di (im)migrazione
Ad incanalare il discorso nelle direzioni di propria preferenza, ci ha pensato l’intervistatore Andrea Matošević, supportato dagli interventi dell’interprete Iva Grgić Maroević, con partenza incentrata sulle ipotetiche lacune della filosofia e politica in materia di (im)migrazione. Donatella Di Cesare non ha fornito strategie e formule concrete su come gestire i flussi migratori al fine di permettere a una società di evolversi con giusto equilibrio, non ha certo parlato di appoggio agli Stati nel rispettivo diritto di controllare e di regolare i flussi migratori, come nemmeno di licenza di attuare politiche dettate dalla contingenza reale, pur sempre tutelando la dignità di ogni persona umana.
Piaccia o meno, ha detto peste e corna dello Stato-Nazione, della politica sovranista, delle responsabilità che pesano sull’Europa, per allinearsi dalla parte del migrante, del cosiddetto “malvenuto”, accusato di essere fuori luogo, di occupare il posto altrui, di colui che non pretenderebbe il diritto di circolare liberamente sul pianeta, quanto di guadagnare semplicemente una nuova chance e incontrare atteggiamenti di accoglienza.

Dicotomia nei confronti degli stranieri
Nell’esprimere particolare soddisfazione al veder la propria opera tradotta e resa accessibile anche al pubblico croato, ha specificato che la medesima è nata dopo la crisi migratoria del 2015, quale esigenza di produrre non solo un libro di filosofia, ma anche di politica abbordabile al grande pubblico. Al problema della dicotomia nei confronti degli stranieri (confini chiusi versus confini aperti), viene contrapposta un’etica alternativa che guarda alla giustizia globale e che in ogni migrante non vede l’altro, il “superfluo”, bensì riconosce la figura dello “straniero residente”.
Considerando pericolosissima la posizione che oggi in Europa si starebbe affermando, quella del sovranismo, Donatella Di Cesare mette in discussione le categorie politiche, il concetto di Nazione, tenta di decostruire lo stato nazionale, quale operazione da lei ritenuta importante per gli aspetti della migrazione, delle guerre e del futuro europeo. “Non possiamo accettare una comunità basata su criteri etnici, perché la democrazia, non è un’etnocrazia. Il demos, il popolo non è etnos, e quindi la comunità democratica è necessariamente aperta e accogliente”.
Dopo aver commentato la necessità di libri come questo anche nel contesto dei piccoli nazionalismi e le etnocrazie di casa in Croazia, la traduttrice Katerina Penšer ha restituito la parola all’intervistatore e all’ospite italiana per lasciar parlare dell’Europa e del rispettivo atteggiamento nei confronti della migrazione, menzionare le rotte del Mediterraneo, “il nostro mare comune di grandissima civiltà diventato grande cimitero” quindi di rispettive responsabilità collettive. Stando alla scrittrice tutti gli Europei dovrebbero sentirsi responsabili di quello che sta succedendo, perché il Vecchio continente sarebbe la patria dei diritti umani e non esisterebbe altro continente con una storia come la sua, fatta di nazionalismo, di fascismo ma anche di illuminismo e di diritti umani. “L’Europa ha scritto un capitolo buio, oscuro in questi ultimi vent’anni. Lasciar morire è una politica, una necropolitica”.

La migrazione come strumento di potere
Considerando l’Italia, un Paese fortemente polarizzato tra nord e sud, tra destra e sinistra, e ancora non libero da sprazzi di mentalità coloniale Andrea Matošević si è lanciato in una domanda tendenziosa e difficilmente condivisibile: “quanto il rapporto nei confronti degli stranieri in Italia è in effetti un patrimonio tacitamente ereditato dal fascismo italiano e dalle leggi razziali?” Risposta: “L’Italia non ha fatto i conti con la propria storia e la sua storia coloniale è un tabù”. Avanti a definire l’Italia “un paradosso”, “una nazione mancata perché è un Paese di diversità”. Donatella Di Cesare si è spinta anche oltre con opinioni sue e parole estremamente feroci, durissime, fino a rasentare l’esagerazione: “Oggi abbiamo un nazionalismo, un sovranismo spinto, un ipernazionalismo e una grande xenofobia di Stato, il Governo più xenofobo e più razzista che abbiamo mai avuto. Forse un razzismo e una xenofobia peggiori di quelli presenti in alcune parti della Germania dell’est. Il tema della migrazione in Europa è quello attraverso il quale la nuova destra si è affermata. Io parlo di post-fascismo, perché mi sembra il termine giusto, ma il post-fascismo del Governo italiano è dovuto pure a tutta la propaganda contro gli immigrati, a tutta quella fobia, quella paura creata anche intenzionalmente. Vi è una politica che non risolve i problemi e che semplicemente usa la migrazione come strumento di potere. Questo, oggi, noi lo vediamo soprattutto in Italia”.
Dopo aver analizzato i suoi tre modelli simbolici di città – l’Atene, la città dell’autoctonia che esclude l’altro, Roma che riconosce la cittadinanza nel vasto impero e Gerusalemme, la città biblica degli stranieri protetti – Donatella Di Cesare ha concluso che non si è di fronte alla questione dell’ospitalità, come nemmeno della carità o della convivenza. “Noi abbiamo bisogno di una nuova politica: la politica della coabitazione quale futuro progetto politico europeo”.

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