Matteo Bocelli. L’umiltà e il lavoro costante sono la ricetta per il successo

ll talentuoso musicista e cantante italiano, esibitosi lo scorso luglio ad Abbazia, fa ritorno in Croazia il prossimo 21 giugno con un concerto al «Vatroslav Lisinski» di Zagabria

0
Matteo Bocelli. L’umiltà e il lavoro  costante sono la ricetta per il successo
Matteo Bocelli in concerto ad Abbazia l'estate scorsa Foto: Roni Brmalj

ZAGABRIA

Talentuoso, carismatico e dedito al lavoro, ma anche amante della vita semplice, tra la compagnia della famiglia e la sua casa in Toscana: è questo il ritratto di Matteo Bocelli, musicista e cantante, classe 1997, secondogenito del celebre Andrea. Matteo si è formato al Conservatorio di Lucca e negli ultimi anni, grazie alla sua innata predisposizione alla musica ma anche a tanto lavoro, ha ottenuto un grande successo in tutto il mondo, esibendosi con artisti come Steven Tyler – storico frontman degli Aerosmith – e Sofia Carson, attrice cinematografica e cantante statunitense, oltre che con il padre. Al suo attivo ha vari singoli pubblicati a partire dal 2019, l’album da solista “Matteo” uscito nel 2023 e diverse tournée con le quali ha toccato tutti i continenti. Lo scorso luglio ha deliziato il pubblico croato con un concerto ad Abbazia. In vista del prossimo tour europeo “Summer Nights” – che include anche una data a Zagabria, alla Sala concerti “Vatroslav Lisinski”, il 21 giugno, e una all’auditorium di Portorose, il 23 giugno – Matteo ci ha concesso un’intervista esclusiva in cui si racconta tra musica, rapporto con la notorietà e vita privata.

Nonostante la giovane età ha già riscosso un importante successo internazionale e calcato numerosi palchi nel mondo: come riesce a gestire questa responsabilità pur non rinunciando alla spensieratezza e leggerezza della sua età?
“Penso aiuti il fatto che la mia vita a casa sia molto ‘normale’. Credo che la gente si aspetti che siamo una famiglia glamour tutto il tempo, ma a casa si gioca con i cani, si cucina insieme, si fanno i lavori domestici, si guarda lo sport in televisione… tutto si ferma per l’Inter! Avere questo ambiente in cui tornare mi mantiene con i piedi per terra. E ormai sono talmente tanti anni che mi esibisco che è davvero tutto ciò che conosco. È un lavoro come un altro. Essere professionale e cortese con tutti, arrivare puntuale, dare il massimo: questi sono i valori con cui i miei genitori mi hanno cresciuto, e sarebbe lo stesso indipendentemente dalla carriera scelta”.

In generale, come riesce a gestire la fama?
“Come ho detto, ho avuto un incredibile supporto dalla mia famiglia e questo aiuta davvero tanto. E naturalmente mio padre è stato una guida eccellente. Sono anche molto fortunato per il tipo di fama che ho. Posso fare la musica che più mi piace, esibirmi in concerti fantastici, divertirmi a incontrare i fan, ma posso anche vivere una vita normale. Non vengo assalito dalle telecamere ogni volta che esco di casa. Riesco a vivere tranquillamente. È il meglio di entrambi i mondi”.

Che consigli darebbe ai giovani che vogliono inseguire e realizzare i loro sogni?
“Lavorare, lavorare, lavorare, lavorare, lavorare! Non potreste immaginare tutto il tempo che impiego ad esercitarmi e a fare le prove. Non si è mai troppo preparati e non si smette mai di perfezionarsi. Un altro consiglio che darei è, quando le cose iniziano ad andare bene, di ascoltare i suggerimenti di coloro che hanno già avuto successo, fare tesoro della loro conoscenza, non pensare mai di sapere tutto ed essere sempre gentili”.

Quanto è stato importante e impegnativo per lei costruire la sua identità artistica originale nonostante il cognome «importante» che porta?
“È complesso, non c’è una sola risposta. Penso che ci sia questa idea che, siccome mio padre è chi è, tutto questo mi sia semplicemente caduto dal cielo. É vero che ho avuto molte opportunità che non mi sarebbero arrivate se non fosse per la carriera che mio padre si è costruito. Tuttavia, dall’altro lato, le aspettative delle persone sono ancora più alte rispetto a quelle rivolte a qualcuno che non ha una reputazione familiare da mantenere. Se non avessi avuto capacità, le opportunità sarebbero svanite molto in fretta. Se le persone mi mettono a confronto con mio padre, beh, mi sento onorato! Non mi sento oppresso da questo collegamento e mi godrò sempre i momenti in cui possiamo esibirci insieme, anche se ormai sono meno frequenti. È la persona migliore con cui stare”.

Come avviene il suo processo di scrittura musicale?
“A volte arrivo alle sessioni con un’idea tematica per una canzone o con una melodia abbozzata, e partiamo da lì. Mi piacciono molto le sessioni di scrittura collaborativa, dove si può costruire qualcosa insieme scambiandosi idee ed energia”.

Ha collaborato con molti artisti: quanto è importante per lei confrontarsi con altri modi di fare musica e condividere la sua arte? Pensa che queste collaborazioni siano un momento di arricchimento artistico reciproco?
“Penso che sia davvero importante. Ovviamente, vengo da una formazione classica. In quel mondo le regole sono molto rigide, non c’è molto spazio per sperimentare. Ma quando introduci il pop, dove non ci sono regole fisse, hai molta più libertà di giocare con le idee. Allo stesso tempo, però, il pop ti spinge a usare la voce in modi che tecnicamente non sono corretti, quindi avere una base nella tecnica vocale classica mi ha davvero aiutato a modellare il mio modo di esibirmi e il tipo di musica che creo. I due generi si arricchiscono a vicenda”.

A quale delle sue canzoni è più legato?
“È davvero una bella domanda. Direi ‘Fasi’, dal mio album di debutto. Penso che il testo sia quello in cui mi sono avvicinato di più a mettermi completamente a nudo davanti all’ascoltatore, ed è per questo che era così importante scriverlo in italiano. Scrivo molto in inglese, ma questa canzone doveva essere in italiano, la mia lingua, per riuscire a cristallizzare pienamente le emozioni che volevo trasmettere. È la versione più autentica e vulnerabile di me stesso, almeno fino ad ora”.

Al di là della musica, quali sono i suoi hobby e le sue passioni?
“Direi che la mia più grande passione, oltre alla musica, sono le auto. Amo guidare, ma mi piace anche lavorare sui motori. Ho completamente restaurato una Jeep dei tempi della Seconda guerra mondiale e adoro guidarla nella campagna intorno a casa mia. In effetti, l’estate scorsa l’ho usata per attraversare i campi fino al Teatro del Silenzio la sera dello spettacolo. È stato fantastico, ho evitato tutto il traffico! Penso che, se non avessi intrapreso una carriera nella musica, sarei stato molto felice come meccanico”.

Si è già esibito in Croazia in passato: com’è stata l’accoglienza del pubblico?
“Mi sono divertito molto l’ultima volta che mi sono esibito qui, anche se quello spettacolo è stato un po’ folle. Ci fu un incendio dietro le quinte mentre ero sul palco; sentii uno strano scoppio negli auricolari e l’attrezzatura cominciò a sbuffare. Non sono sicuro che il pubblico se ne sia accorto, ma abbiamo portato lo spettacolo fino in fondo e nessuno si è fatto male!”

C’è qualcosa della Croazia che l’ha particolarmente colpita?
“La Croazia è un posto davvero meraviglioso. Molti paesaggi mi ricordano l’Italia, quindi mi sento molto a casa”.

Come cambia l’accoglienza del pubblico a seconda dei posti in cui si è esibito? Ha degli aneddoti a riguardo?
“Sono stato fortunato ad avere sempre un pubblico molto caloroso e ricettivo. Non mi viene in mente una singola situazione in cui ho pensato: ‘Non sta andando bene, non si stanno divertendo’. Direi che il pubblico del Sud America è il più espressivo nel dimostrare il proprio affetto. Si alzano tutti in piedi a ballare, portano tantissimi regali e preparano cartelloni e striscioni da alzare durante lo spettacolo. Hanno fan club locali davvero ben organizzati che pianificano in anticipo cose come portare stelle di gommapiuma da lanciare in aria tutti insieme in un determinato momento dello show. È davvero commovente vedere quanto la musica significhi per loro”.

Gli spettacoli che porta più nel cuore?
“Ce ne sono diversi. Uno è la prima volta che io e mio padre abbiamo cantato ‘Fall On Me’ al Madison Square Garden di New York. L’album era uscito da poco ed aveva subito raggiunto la vetta delle classifiche sia negli Stati Uniti che nel Regno Unito, la reazione del pubblico fu travolgente. Nulla di simile mi era mai capitato prima. Ci dimostrarono un calore incredibile. Un altro momento che mi viene in mente è quando ho cantato per Papa Francesco. Stavamo partecipando ad un programma di assistenza comunitaria che lui stava visitando, e ricordo che ero davvero agitato perché dovevo cantare davanti a lui; probabilmente l’occasione in cui sono stato più nervoso prima di un’esibizione. Per me significava davvero tanto”.

Il prossimo tour europeo, che la vedrà impegnata dal 29 maggio al 24 luglio, si concluderà a Lajatico, al Teatro del Silenzio: com’è per lei esibirsi a casa?
“Adoro gli spettacoli al Teatro del Silenzio. Mio padre ha alcune date lì ogni estate, un vero e proprio appuntamento fisso. È veramente essere a casa: si trova infatti a pochi chilometri da dove abito, quindi avere uno spettacolo tutto mio lì è un traguardo davvero speciale”.

Cosa ama di più dell’Italia? Quale aspetto del suo Paese cerca di portare in giro per il mondo con la sua musica?
“È impossibile rispondere! L’Italia è casa, è nel mio DNA. Amo lo stile di vita più lento: prendersi del tempo per il cibo, fare lunghe passeggiate e stare a contatto con la natura. Per quanto riguarda gli aspetti del mio Paese che cerco di portare con me, direi che la risposta può essere trovata nel mio nuovo album, in arrivo molto presto, quindi restate sintonizzati!”

Tutti i diritti riservati. La riproduzione, anche parziale, è possibile soltanto dietro autorizzazione dell’editore.

L’utente, previa registrazione, avrà la possibilità di commentare i contenuti proposti sul sito dell’Editore, ma dovrà farlo usando un linguaggio rispettoso della persona e del diritto alla diversa opinione, evitando espressioni offensive e ingiuriose, affinché la comunicazione sia, in quanto a contenuto e forma, civile.

No posts to display