Maša Kolar, una raffinata artista della danza

La pluripremiata ballerina e coreografa zagabrese racconta in un'intervista la sua esperienza di direttrice del Corpo di ballo del TNC «Ivan de Zajc» di Fiume aprendo il cassetto dei sogni

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Maša Kolar, una raffinata artista della danza
Maša Kolar. Foto: Goran Žiković

L’anno che verrà, con l’assunzione della sovraintendenza del TNC “Ivan de Zajc” di Fiume da parte di Dubravka Vrgoč, inevitabilmente smuovendo gli attuali equilibri e creandone altri, porterà decisamente svariati cambiamenti all’interno dell’apparato teatrale. Tra questi anche una nuova direzione artistica del Balletto, la cui energica e creativa forza guida dal 2017 a oggi è stata la pluripremiata ballerina e coreografa zagabrese, nonché pedagogista della danza Maša Kolar, dagli eccellenti curriculum e carriera, sia a livello nazionale che internazionale. Versatile, intuitiva, preparata, decisa, appassionata, coraggiosa, ha regalato al pubblico fiumano una miriade di splendide produzioni, facendo crescere il giovane corpo di ballo in una solida e originale realtà. L’abbiamo incontrata da remoto nel mentre si trovava in Portogallo, per farci raccontare della sua esperienza nel capoluogo fiumano, per riflettere sulle nuove dinamiche relative all’istituzione teatrale e per accennare dei suoi progetti futuri.

Una realtà ben nota
Alla nostra domanda se, prima di intraprendere la direzione della compagnia teatrale di danza, avesse avuto modo di conoscere il lavoro dell’ente fiumano, ha riferito che “collaborai con lo ‘Zajc’ all’epoca in cui fu direttore artistico Saša Zurovac, il quale in un momento invitò il coreografo portoghese Hugo Viera a firmare il ‘Carmina Burana’, nonché quest’ ultimo mi chiese di assisterlo. In quell’occasione, per una serie di circostanze relative agli infortuni di alcuni ballerini, mi trovai anche a danzare. Il balletto, che fu molto apprezzato e divenne popolare, rimase in repertorio addirittura per tre stagioni, per cui venni spesso a Fiume. Successivamente mi chiamò anche Ronald Savković, il successore di Zurovac, per coreografare, insieme a Leo Mujić, il progetto “Pour homme et femme”, per cui la realtà fiumana non mi era sconosciuta”.

Come si è trovata in questa città così diversa da Zagabria, la quale o si ama o si odia, ma che decisamente non lascia indifferenti?
“Nonostante sia nata nella capitale, ho vissuto molto all’estero e non ho difficoltà nel sentirmi una straniera, una turista, anzi, in quanto i problemi del Paese o della città che mi ospita fondamentalmente non mi riguardano, amo esserlo. Con Fiume, invece, dove mi trasferii, fu diverso, me ne innamorai. Mi piacque molto la sensazione di libertà artistica che vi si respirava, la connessione con la natura e il mio lavoro. Ogni qualvolta con la compagnia si rientrava da un viaggio e lo sguardo volgeva verso il Golfo, mi sentivo a casa. Indipendentemente da ciò che succederà nel futuro, rimarrò in contatto con il Teatro e con la città, per cui il mio piuttosto che un ‘arrivederci’ è un ‘ci vediamo’”.

A proposito di futuro, come vive la situazione relativa alla conclusione del mandato di Marin Blažević, alla neoeletta sovrintendente e ciò che la stessa eventualmente comporterà?
“Generalmente ogni sovrintendente, oltre a riprendere in parte il team artistico già operante in loco, si porta dietro il suo, il quale agisce seguendo una propria estetica, filosofia e visione che desidera mettere in pratica, nonché, sulla base delle stesse, sceglie gli artisti con cui collaborare. A mio avviso, in concerto con le sensazioni di insicurezza e incertezza inerenti alle decisioni (o non) della futura direzione dell’ente, è questa la ragione per cui una parte dell’ensemble dei ballerini del TNC ‘Ivan de Zajc’ ha deciso di andare via. In questo contesto, per quanto mi riguarda, precedentemente all’esperienza fiumana, ne vissi una simile mentre danzavo in seno al Dresden State Opera Ballet, dove rimasi per svariate stagioni. Lì conobbi il coreografo Stephan Thoss, che ad un certo punto, assumendo dapprima l’incarico di direttore del Balletto presso il teatro di Kiel e in seguito presso quello dell’Opera di Stato di Hannover, si spostò e io, desiderando rafforzare la collaborazione con lui, lo seguii. Nel primo caso vi danzai per tre stagioni e nel secondo, insieme a tutta la compagnia, per altre cinque. Posso, quindi, affermare di essere ben consapevole di che cosa comporti il concetto di istituzione, ma finora non mi era mai accaduto di vivere un cambio di gestione a metà stagione, bensì sempre al termine della stessa. Penso che addirittura nel resto della Croazia non si sia agito con similari modalità, per cui il tutto mi rende perplessa”.

Se le venisse offerto il terzo mandato in qualità di direttrice artistica lo accetterebbe?
“Sei mesi or sono, o poco più, ho subito un’operazione all’anca la cui riabilitazione è stata lunga, estenuante e dolorosa, per cui sono stata costretta a fermarmi e calmarmi. Momenti del genere insegnano a valutare le priorità e a focalizzarsi sulle cose importanti. In tale contesto, a modo dei due mandati a Fiume in qualità di direttrice artistica, che per me sono stati importantissimi e che, per ragioni a me sconosciute, o forse per una specie di folle coraggio, sin da subito ho sentito che avrei potuto gestire, oggi mi rendo conto che questo tipo di ruoli logorano e non senza motivo hanno una determinata durata. Infatti, non sento di essere più la Maša dell’inizio degli incarichi, bensì sono un’altra persona, che, nonostante non abbia abbassato i criteri o diminuito le aspirazioni, si è semplicemente esaurita. È indubbio che lavorare con gli altri richieda lo spendere moltissime energie e una importante partecipazione, una mente lucida e il pensiero veloce, adeguate competenze sociali, il che può affaticare, per cui, sebbene speravo che il transito sarebbe stato maggiormente collaborativo, nel senso di aiuto alla seguente gestione, ritengo vada bene fermarsi. In effetti, pensandoci bene, forse doveva andare così. Per riallacciarmi alla sua domanda, malgrado tra le opzioni offertemi vi fosse l’assunzione dello stesso incarico, che ritengo lodevole e sono grata per l’opportunità datami, non l’ho valutata in quanto non avrei avuto la possibilità di lavorare con lo stesso team di prima, il che per me è impensabile”.

Capisco. Ha investito molto impegno, conoscenza ed esperienza nel corpo di ballo dello “Zajc”, creando un gruppo energico, forte, accattivante, aperto, empatico, di alta qualità, internazionale, riconoscibile e di carattere. Immagino, quindi, che ricominciare da capo non sarebbe facile…
“Non posso immaginare di interagire nello stesso teatro con un altro gruppo. Marin Blažević ha riconosciuto il nostro lavoro, supportandolo e prendendolo a cuore, soprattutto nel corso del suo secondo mandato. Ha creduto in noi, ha insistito nel procurarci uno spazio e ci ha permesso di crescere, non scoraggiandosi di fronte alle nostre idee più progressive. Per ciò che concerne gli artisti, siamo riusciti a creare una comunità compatta e omogenea, in cui non c’è spazio per le gerarchie e dove i ruoli principali possono essere danzati sia dai primi ballerini che da qualcuno che ha appena iniziato. L’ importante è fare delle buone scelte e assegnare gli stessi a seconda delle loro affinità, talento, sapere e abilità, nonché il loro supportarsi a vicenda e l’imparare l’uno dall’altro. Nonostante si tratti della nostra professione, in quanto persone, volenti o nolenti, si crea una componente sociale con i collaboratori, basata sull’amicizia e sulla fiducia. Ricominciare tutto da capo sarebbe faticoso”.

A suo parere che cosa manca al Balletto fiumano?
“Purtroppo, a mio grande dispiacere, Fiume non riesce a mantenere a lungo la continuità: ad ogni cambiamento di gestione si riparte dall’inizio, come se si trattasse di una compagnia completamente nuova, e soltanto alcuni artisti vi rimangono a lungo. A sua differenza, Zagabria, la cui struttura è molto salda, non subisce lo stesso destino ed è del tutto irrilevante chi sia il responsabile artistico. Ciò mi rattrista in primis per gli artisti che hanno deciso di fermarsi e sistemarsi qui, i quali si trovano nuovamente a dovere investire. In secondo luogo è da rilevare la manchevolezza delle basilari condizioni di lavoro, come ad esempio il poter usufruire di un’adeguata sala prove. A mio avviso, in considerazione del fatto che i ballerini, affamati di esperienza e crescita artistica, sono pieni di entusiasmo e si sentono appagati già solo nel potersi esibire, senza cercare chissaché a livello economico, il Balletto fiumano dovrebbe essere un pochettino coccolato”.

Effettivamente nell’ultimo periodo ne sono arrivati tanti…
“Per le summenzionate ragioni, sebbene non fosse stato semplice far venire dei bravi artisti, non è stato impossibile. Se un programma è valido e si presenta interessante per i giovani danzatori, indipendentemente dalle condizioni, loro arrivano. A tale riguardo, Fiume è stata un ottimo trampolino di lancio per molti, talentuosi ma senza molta esperienza, i quali, per forza di cose, hanno dovuto acquisire in poco tempo, il che ha permesso ad alcuni di inserirsi in altre realtà molto attraenti”.

Ballerina, coreografa, pedagogista di danza, direttrice artistica… Chi è Maša Kolar?
“Dato che la società tende a categorizzare, noialtri ci adeguiamo e ci appiccichiamo svariate definizioni, diciamo di appartenere a questa o a quella categoria pensando di avvalerci di un’identità, invece facendolo la possiamo soltanto perdere. Ritengo che ognuno di noi abbia diritto ad avere diverse identità, solo che la standardizzazione e la classificazione ce lo tolgono. Quando mi chiedono che cosa faccio o che cosa sono non so mai cosa rispondere, in quanto non capisco se desiderano sapere ciò di cui mi occupo in modo informale, del mio ufficiale percorso formativo oppure di quello che sto facendo in questo momento. Quindi, dico che sono un’artista della danza”.

Il suo lavoro è stato gratificato e premiato dal pubblico, dalla critica, dai colleghi con riconoscimenti molto importanti. Sente la forza dell’esperienza accumulata e di esserseli meritati?
“Mi rendo conto dell’esistenza di una carriera di cui nessuno mi può privare in quanto effettuata, mia e che non fuggirà, il che mi fa sentire bene e mi dà le sicurezze necessarie. Fintantoché si può studiare, approfondire e investire nella formazione, che è fondamentale per continuare a crescere, essere sempre vivi e non spegnersi, tutto il resto, che viene e va, come pure le incertezze, non m’infastidiscono. Un’altra convinzione che ho appurato nel corso dei miei due mandati a Fiume è che dobbiamo permetterci di imparare dai giovani, è fondamentale farlo”.

Che cosa la fa arrabbiare dal punto di vista professionale?
“Le persone vanitose, i colleghi che si proibiscono di crescere e aprire gli orizzonti, l’ostinazione, la provincialità, che può essere pericolosa e dannosa e, malgrado ognuno abbia il diritto alla sua, il non credere ci siano più verità”.

Custodisce nel cassetto qualche progetto/idea/collaborazione che non ha (ancora) realizzato e che le piacerebbe tirare fuori?
“I progetti coreografici che rappresentano per me un’inesauribile fonte d’ispirazione sono certamente quelli relativi all’eredità dei balletti russi da Stravinskij, Ravel, Debussy fino a Erik Satie. Inoltre, se ne avrò la possibilità, continuerò ogni tanto a collaborare con il TNC ‘Ivan de Zajc’ in qualità di coreografa. In effetti, ho molte idee e una miriade di progetti, di cui molti sono sicuri e altri meno, il che è normale nel mondo del freelance, dove si inizia sempre da un’idea, di cui qualcosa si realizza e qualcosa no. Finora, richiedendo la mia posizione a Fiume la continua presenza, non ho potuto spostarmi molto, il che, soprattutto nel periodo del Covid, quando tutti siamo stati maggiormente statici, non mi è dispiaciuto. In effetti, come già accennato, Fiume è un luogo straordinariamente positivo per la pace creativa e la libertà artistica, privo dello stress tipico di Zagabria”.

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