L’interazione con il pubblico attraverso l’assolo di danza

A colloquio con la danzatrice e coreografa fiumana Silvia Marchig, insignita di recente del Premio del Teatro croato per lo spettacolo «Sol»

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L’interazione con il pubblico attraverso l’assolo di danza
La danzatrice e coreografa Silvia Marchig. Foto: SINDRI UČU

Quest’anno, tra i vincitori del Premio del Teatro croato figura anche la danzatrice e coreografa fiumana Silvia Marchig, autrice e interprete di “Sol”, proclamato miglior spettacolo di danza insieme a “Sad sam Matthaus” di Matija Ferlin. La performance, prodotta dall’associazione Kik Melone di Zagabria (fondata e diretta da Silvia Marchig e Igor Hofbauer) e realizzata con il sostegno del Ministero della Cultura e dei Media e dell’Ufficio per la Cultura della Città di Zagabria, si presenta come un assolo in cui l’artista ripercorre il proprio passato riflettendo sul presente e condividendone l’esperienza con il pubblico. Lo spettacolo ha debuttato a ottobre del 2020 nell’ambito del programma “Antisezona” del Museo d’Arte moderna (MSU) di Zagabria. A firmare l’installazione e alcuni dei costumi di “Sol” è Tea Kantoci, mentre il disegno luci è di Saša Fistrić e le musiche sono di Josip Maršić. Nel corso di un’intervista, l’autrice Silvia Marchig ci ha rivelato alcune delle particolarità del lavoro che ha portato alla realizzazione dello spettacolo.

Un lavoro individuale
Come nasce “Sol”? Qual è il significato del titolo della performance?
“A differenza dei progetti sui quali avevo lavorato in precedenza, realizzati in collaborazione con altri autori (da attori a coreografi, ad artisti del campo dei nuovi media), nel caso di ‘Sol’ ho voluto creare una performance in solitudine, cercando di sperimentare nel lavoro individuale la metodologia che portavo avanti fino a quel momento. In un certo senso, cercavo di capire che cosa rimane della mia arte una volta rimosso l’apporto di altri collaboratori. Per coincidenza, nel 2020 è scoppiata la pandemia, che ha portato a severe limitazioni alle produzioni collettive, costringendoci a lavorare in solitudine. Il titolo è un gioco di parole e rimanda, da un lato, all’aspetto solistico della performance, alla sensazione di isolamento che provavo in quel periodo, e, dall’altro, al sale inteso come essenza del performer. Durante il lavoro, forse anche per sentirmi meno ‘sola’, mi servivo dei costumi degli spettacoli precedenti, che quindi svolgono un ruolo attivo in ‘Sol’, soprattutto nella prima parte, in cui danzo al suono delle musiche composte da Josip Maršić. La prima sezione della performance, infatti, rappresenta una sorta di liberazione dal passato. All’inizio mi presento con tutti i costumi addosso e poi li rimuovo uno per uno. Nella seconda parte, invece, li descrivo al pubblico a parole, con racconti fantastici e documentaristici, tra finzione e realtà. Lo spettacolo si conclude poi con un altro numero di danza”.

I costumi sono tra i punti focali di “Sol”. Foto: NINA ĐURĐEVIĆ

Dove è stato rappresentato “Sol” finora?
“Lo spettacolo è nato nell’ambito del programma ‘Antisezona’ promosso dall’MSU di Zagabria, con il quale collaboro da anni. Durante il periodo pandemico, abbiamo insistito sulla continuità delle rappresentazioni, anche a condizione di limitare il pubblico ammesso agli spettacoli oppure svolgendoli in modalità virtuale. Per gli artisti, l’arte rappresenta un bisogno elementare. ‘Sol’ è vivo, aperto, e viene completato anche in base alle reazioni del pubblico della serata. La première ha avuto luogo nella sala Gorgona dell’MSU. In seguito, lo abbiamo presentato a Zagabria nel 2020, nell’ambito del Festival ‘Sounded bodies’ e successivamente presso la Filodrammatica di Fiume al Festival ‘Perforacije’, sempre nel 2020, mentre quest’anno lo abbiamo portato al Karlovac Dance Festival”.

Si aspettava di vincere il Premio del Teatro croato?
“Assolutamente no, devo ammetterlo. Sono rimasta assai sorpresa, soprattutto per il fatto che ho condiviso il Premio con Matija Ferlin, il cui spettacolo ‘Sad sam Matthaus’ era già stato premiato in diverse altre occasioni, con grande successo di pubblico e critica. È bellissimo ottenere un riconoscimento di questo tipo”.

Una pièce della performatività
Come spiegato sul sito web di Kik Melone, le produzioni della compagnia si muovono lungo tre direzioni principali, il Teatro del performer e della performatività, i Corpi intuitivi e i Tuffi collettivi. In quale di queste categorie rientra “Sol”?
“Lo classificherei nella prima corrente, quella del Teatro del performer e della performatività”.
In che modo intende influire sullo spettatore che si trova ad assistere a “Sol”?
“Innanzitutto, considero uno spettacolo teatrale in generale un’esperienza condivisa tra interprete e pubblico. L’impressione dello spettatore dipende in larga misura, perciò, dallo stato d’animo con cui quest’ultimo si reca a vedere lo spettacolo. L’aspetto interattivo è fondamentale in ‘Sol’, in quanto, come accennavo, nella seconda parte viene abbattuta la quarta parete e io mi rivolgo in maniera diretta al pubblico, che reagisce sempre bene. L’esperienza dello spettatore credo dipenda proprio da questo contatto diretto”.

Alcuni dei costumi sono stati creati da Tea Kantoci. Foto: NINA ĐURĐEVIĆ

Aperti a collaborazioni
Ci sono artisti che intravedono un ritorno alla normalità dopo il periodo delle restrizioni antiepidemiche, mentre altri percepiscono dei cambiamenti permanenti innescati dalla pandemia. Lei che cosa ne pensa?
“Credo che le cose siano in perenne trasformazione e che non si possa mai tornare allo stato di prima. Per fortuna o purtroppo, non credo ai ‘ritorni’. È impensabile un’arte totalmente isolata dagli avvenimenti del mondo. Credo che gli artisti debbano sempre dare un loro contributo al bene comune, per quanto limitato il loro apporto possa essere. Nella messinscena dello spettacolo ‘Java’, la cui première ha avuto luogo a fine novembre, abbiamo perciò voluto includere un’artista dell’Ucraina, Tetiana Maslyk, pittrice e architetta, dandole l’opportunità di svolgere il proprio mestiere. Lei ha infatti realizzato le scenografie di ‘Java’. È vero, non si tratta di un lavoro che parla della guerra e che esprime una critica sociale, ma ciononostante abbiamo voluto fare qualcosa di concreto per dare un nostro piccolo contributo”.

A quali progetti sta lavorando al momento?
“L’anno prossimo realizzerò un progetto con le danzatrici Ana Kreitmeyer e Ivana Bojanić e la sassofonista Ana Kovačič. Il titolo della performance, almeno per il momento, è ‘Oh, Mary Shelley’. Lavoreremo sul ‘Frankenstein o il moderno Prometeo’ di Shelley, considerato il primo romanzo di fantascienza della storia, scritto dall’autrice a soli 19 anni. Dal punto di vista coreografico, ci occuperemo della multidimensionalità del corpo del performer, sia in senso simbolico, sia in quello ‘scientifico’ e fisiologico. Nel progetto verrà incluso anche l’artista visivo Niko Mihaljević, che realizzerà la scenografia, nonché la curatrice Tea Kantoci, che ha creato l’installazione e alcuni costumi per ‘Sol’”.

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