Libero Benussi: «Il dialetto è la mia forza motrice»

Il compendio comprende lemmi dialettali che offrono al lettore la possibilità di ricercare e scoprire nuovi termini in ordine alfabetico e divisi per specie animali

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Libero Benussi: «Il dialetto è la mia forza motrice»
Libero Benussi. Foto: ROBERTA UGRIN

Tra i premiati alla 55.esima edizione del Concorso d’Arte e Cultura “Istria Nobilissima” c’è pure il rovignese Libero Benussi, ingegnere di biochimica ed ex professore del liceo di Rovigno, che per il suo immenso apporto alla salvaguardia dell’idioma della sua terra natale ha conseguito il primo premio questa volta nella categoria dei Saggi di argomento umanistico o scientifico con l’opera “Atlante linguistico comparativo del regno animale riferito alla parlata rovignese”. Stando alla motivazione della giuria, si tratta di “una ricerca, frutto di indagine originale, sostenuta da ampie competenze tecniche in ambito linguistico-dialettologico”. Per capire quale sia l’importanza della tutela del dialetto rovignese, un idioma in via d’estinzione, abbiamo visitato il premiato a casa sua per farci spiegare in che cosa consiste l’opera premiata.

La sua opera è stata premiata nella categoria dei Saggi di argomento umanistico o scientifico. Quali sono i contenuti del suo ultimo lavoro di ricerca?
“La motivazione per la realizzazione di quest’opera è nata tempo fa, quando ero alle prese con la stesura del vocabolario e della grammatica del dialetto rovignese. Durante le numerose ricerche, ho notato delle mancanze e delle lacune per quanto concerne gli appellativi usati per la descrizione e la catalogazione della fauna marina e terrestre nota ai rovignesi. Ho voluto creare un compendio che comprende l’intera mole di lemmi dialettali dando al lettore la possibilità di ricercare e scoprirne di nuovi in ordine alfabetico e divisi per specie animale. Di grande aiuto mi è stata un’opera inedita di Giusto Curto nella quale l’autore elenca gli animali usando la nomenclatura dialettale, ma anche i numerosi libri dedicati al dialetto della mia biblioteca privata”.

L’idioma del cuore
Non è sicuramente una novità per lei aver partecipato al Concorso “Istria Nobilissima”, infatti è stato premiato per più di venti volte. Da dove attinge di anno in anno l’ispirazione per la creazione e la stesura delle sue opere?
“La mia grande ispirazione è di certo il dialetto rovignese. Ho avuto sempre la necessità di lasciare una traccia scritta su carta di questa parlata particolare nel suo genere che si sta esaurendo lentamente. Attualmente sono circa un centinaio le persone a Rovigno che capiscono il dialetto, ma i parlanti del rovignese sono solamente una trentina. Un mio caro amico, il signor Diritti, è l’unico pescatore a Rovigno in grado di gestire l’intera nomenclatura dialettale del mondo marino. L’esigenza di fermare questa deriva del dialetto è la mia forza motrice. Il rovignese è una parlata ricca di lemmi e aggettivi e ciò mi ha permesso di scrivere e creare delle opere che spaziano dalla poesia alla prosa, alle ricerche storiche e ai canti della tradizione autoctona, e chissà, forse il futuro ha in serbo qualche nuova opera interessante che vedrà la luce del sole”.

La lingua prediletta per la sua scrittura è l’istrioto. Il tanto amato dialetto rovignese del quale lei risulta essere indubbiamente un estimatore e parlante. Cosa significa per lei poter comunicare in dialetto?
“È stata mia nonna ad avermi tramandato sin da piccolo l’amore verso la lingua che considero essere la mia lingua materna, cioè il dialetto rovignese indivisibile dal grande bagaglio culturale che ruota intorno ad esso. Ricordo con affetto i miei coetanei e compagni di scuola, il professor Antonio Miculian e la professoressa Lidia Sponza, con i quali ho sempre chiacchierato in dialetto rovignese nei corridoi scolastici o in aula. Nei giorni studenteschi, seppur lontani da casa, tra noi rovignesi si è sempre parlato in dialetto. Si trattava però di un rovignese ‘pastrocià’ ovvero storpiato, che ho poi affinato negli anni, parlandolo con mio padre e i miei suoceri dopo essermi sposato e dedicandomi allo studio approfondito e dettagliato della lingua, riuscendo anche a trasmetterlo a mio figlio Elia”.

Tramandare cultura e tradizione
Trasmettere ai posteri il ricco bagaglio culturale e linguistico di Rovigno è stata la sua missione, un tratto distintivo della sua persona e del suo contributo instancabile alla CNI del territorio. Qual è l’importanza della trasmissione del retaggio culturale alle nuove generazioni?
“Per me è stato d’essenziale importanza trasmettere ai giovani con i quali ho lavorato fino al pensionamento, l’ampio retaggio culturale e il dialetto rovignese. Con la perdita del dialetto si rischia di perdere parte di noi stessi, della nostra storia. Presso la Comunità degli Italiani ‘Pino Budicin’ da anni svolgo il corso di dialetto rovignese, che a causa dell’epidemia da Covid abbiamo dovuto interrompere. Mi auguro che nei prossimi mesi riprenderemo con le lezioni anche perché le richieste non mancano! Mi rende felice quando incontro alcuni miei ex alunni che con far disinvolto mi si rivolgono in dialetto. Ciò mi dà conferma che la mia missione è stata in qualche modo compiuta”.

È stato d’esempio per tantissimi giovani tra i banchi della SMSI di Rovigno ma anche per i colleghi nella sala insegnanti. Come fare a non perdere mai quell’autenticità, originalità e sensibilità verso sé stessi, verso una cultura peculiare impregnata di canti, poesie e sapore di mare?
“La ricetta è la conoscenza e la tutela continua di tutte le cose ribadite e discusse in precedenza, compreso il contenuto dell’Atlante. Vivere a pieni polmoni a cavallo tra due mondi paralleli, cioè quello dei ‘pascaduri e sapaduri’ rovignesi mi ha dato la possibilità di attingere a fonti inesauribili di sapere offrendomi allo stesso tempo esperienze autentiche arricchendo il mio bagaglio di vita personale”.

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