
La domanda più difficile per un appassionato di lettura e di libri è “Qual è il tuo libro preferito?”. Come scegliere tra decine e anche centinaia di titoli che ci hanno emozionato, commosso, fatto piangere e rabbrividire, che ci hanno entusiasmato con la bellezza della scrittura, la chiarezza del pensiero espresso, la capacità di coinvolgerci in una storia incalzante, che ci hanno fatto sognare e immaginare mondi nuovi, terre che non abbiamo mai visto, ma descritte in maniera così incantevole da suscitare un’inspiegabile nostalgia. E poi, quale criterio adottare? Scegliere i libri che hanno determinato una svolta nella nostra vita, che ci hanno fatto crescere, che ci hanno emozionato e che ci sono rimasti dentro per giorni, oppure quelli che ci hanno aperto gli occhi in riguardo a un argomento o problema, che ci hanno insegnato qualcosa di nuovo e aiutato a superare un periodo difficile nella nostra vita. Quale che sia il criterio, è sempre un compito quasi impossibile da assolvere senza che ci si senta insoddisfatti della lista stilata. Perché i libri che meritano di venire menzionati sono così numerosi e la lista non sarà mai definitiva. Ed è un bene che sia così perché vuol dire che le possibilità sono infinite e che ci evolviamo di lettura in lettura. Nell’intento di conoscere i gusti letterari di persone di spicco della scena culturale della CNI, come pure quelle appartenenti alla maggioranza, abbiamo posto loro proprio la domanda più difficile: di scegliere cinque libri preferiti in base a un criterio personale.
Alla difficile domanda ha cercato di trovare una risposta la connazionale Rina Brumini, insegnante di lingua e letteratura italiana alla Scuola media superiore italiana di Fiume dal 2010, nonché vicepresidente della Comunità degli Italiani e della Comunità ebraica fiumane, traduttrice e autrice di diversi studi sul tema dell’Olocausto. Nata a Fiume nel 1977, nel 2015 ha pubblicato a Trieste il libro “La Comunità ebraica di Fiume”.
Una lista eterogenea
Nella sua lista dei cinque libri preferiti si è focalizzata su quelli che hanno segnato una svolta nella sua vita.
“Per una che si trova a leggere quasi costantemente, un po’ per piacere e tanto per dovere, stilare un elenco di soli cinque libri si è profilata subito come una missione molto ardua. Chi legge sa bene quanto un buon libro cambi la vita e da questo punto chiave sono partita anch’io nella mia riflessione, pensando ai grandi momenti, quelli proprio di svolta, e alle letture che li hanno accompagnati. Così ho deciso di mettere nel mio elenco non i capolavori del singolo autore, bensì quel loro libro che sono andata a ricercare per leggere ancora qualcosina di un autore che mi era piaciuto in un momento di svolta della mia esistenza. Lascio stare anche i classici, il canone che ho letto a scuola e all’università perché è chiaro che sono state proprio quelle le letture che hanno ‘pilotato’ la mia vita da adolescente fino alla cattedra. Vorrei anche premettere che inserirò nell’elenco i libri così come li ho letti cronologicamente, certo non in base ad un indice di gradimento essendo così eterogenea la lista che compilerò”.
Le risate fragorose
“Il primo libro che inserisco nella mia biblioteca ideale sono le Maldobrie di L. Carpinteri e M. Faraguna. Le ho lette e le ho viste a teatro, le ho ascoltate narrate dai miei e riassunte da amici, le ho fatte conoscere ai compagni di studio all’università. A casa mia ancora si narra delle risate fragorose del mio giovane papà che leggeva le Maldobrie alla mia ancor più giovane mamma. Mia sorella e io non eravamo, come dicono, nell’anticamera del cervello. Eppure io non ne possiedo una copia, anzi, per essere precisa, non ne possedevo una fino a qualche mese fa, quando Alice Renieri me ne ha donato una copia, lascito di suo nonno. Con una dedica affettuosa da parte della mia alunna Alice, sono rientrata a casa con un tesoro sotto braccio. Le rileggerò con piacere in ogni momento. Così giovane e già ebreo a cura di Moni Ovadia: nel groviglio allegro dell’identità fiumana uno si districa come può per equilibrare e far suoi tutti i contributi di etnie, religioni, storie, orientamenti, preferenze che gli scorrono nel sangue. Questo libro di ‘witz’ yiddish è stato per me un vero maestro di vita. Lascio stare tutti i libri seri e formativi sull’ebraismo e mi soffermo su questo che è in realtà un breviario su ciò che è lo spirito ebraico. Da quelle pagine ho tratto la consapevolezza di non essere una stramba fiumana, ma di essere una mediocre ebrea fiumana che sarà sempre un po’ fuori luogo ovunque e che avrà sempre una considerazione diversa delle cose della vita. Siccome la cosa è incurabile, me la metto via e ci convivo”.
Ricostruire e accettare i dolori
“Il terzo libro è Ogni cosa è illuminata di Jonathan Safran Foer. Di questo libro è stato tratto l’omonimo film, ma nel film alcuni filoni che il libro tratta mancano. Entrambi meritano, però. È una storia che esamina l’eredità e il bagaglio che le giovani generazioni devono affrontare per capirsi e sopravvivere. Ho letto questo libro quando cercavo di ricostruire e accettare i dolori, le rinunce e i sacrifici fuori dal tempo che la mia famiglia così come tante altre ha dovuto affrontare per poter arrivare alla fine della catena, con i miei fratelli e sorelle, qui ed ora.
Segue il Numero zero di Umberto Eco. Dalla penna dell’autore de ‘Il nome della rosa’, l’ultimo romanzo non delude. Ho caro Eco perché è stato professore alla mia facoltà quando ero studentessa a Bologna e perché imbriglia la sua strepitosa cultura nelle pagine dei suoi libri permettendoti di essere partecipe, condividendo con te complotti, intrighi, massoni, rosacrociani e quant’altro. Ho letto questo libro poco dopo la morte dell’autore e l’ho vissuto come un commiato da un mondo che ancora accarezzavo nella memoria. Chi ama il giallo, ma ha una vena intellettuale che si fa stuzzicare, gradirà questo libro!”
Una lettura a mo’ di manuale
“Il quinto titolo è La donna che andò a letto per un anno di Sue Towsend. L’autrice della serie di diari di Adrian Mole ne ha scritti diversi sulla stessa falsariga. Il suo ultimo libro, però, è completamente diverso. La mia esperienza di lettrice è stata duplice: da una parte la sfida di leggere l’originale in inglese (anche se un po’ arrugginito) e da un’altra parte il fatto che mi trovavo su un bivio, la vita stava cambiando e, come la protagonista che, autosegregatasi in casa in una sorta di paralisi esistenziale riscopre una nuova tenera vita dentro di sé, ho fatto delle nuove scelte che hanno avviato nuovi percorsi. Ho vissuto questa lettura a mo’ di manuale quando stavo per compiere quarant’anni.
Vorrei a questo punto usare il bonus del libro 5.1: la mia ultimissima scelta deve immancabilmente essere il Cavallo di cartapesta. L’ho letto tardi nella mia vita perché è uscito tardi. Mi sono posta l’ingenua domanda dei miei studenti quando lo leggono: riassume perfettamente la storia di Fiume, perché ne hanno ostruito le stampe per decenni? Leggendolo ho risentito la voce profonda e vibrante di mio nonno che alla maniera teatrale dell’antica guardia del Dramma Italiano parla del suo collega, amico e capo, Osvaldo Ramous. Chi non c’è più ha pure lasciato la sua traccia ed esiste ed esisterà ancora fintanto che ci saranno pagine che raccontano la sua e la nostra storia, lettori disposti a leggerlo col cuore aperto e, perché no, anche insegnanti che lo assegneranno ai giovanissimi lettori, cambiandone (forse almeno un po’) la vita”.
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