L’eredità di una famiglia nella penna dello sloveno Goran Vojnović

Il volume presentato a Momiano esplora temi profondi e universali come i limiti della libertà personale, il sacrificio per gli altri e il distacco fisico ed emotivo

0
L’eredità di una famiglia nella penna dello sloveno Goran Vojnović
Goran Vojnović e Neven Ušumović. Foto: Erika Barnaba

Nella Casa dei castelli di Momiano, operante sotto l’egida del Museo storico e navale dell’Istria, è stato presentato il volume “All’ombra del fico” (Smokva) di Goran Vojnović, uno degli scrittori sloveni contemporanei più noti e apprezzati. L’evento, caratterizzato da una straordinaria partecipazione di pubblico, ha messo in luce il valore culturale e simbolico di questo romanzo, profondamente legato alla storia di Momiano e dell’intera regione. La serata si è aperta con un caloroso benvenuto da parte dell’archeologa Tanja Šuflaj, responsabile della struttura ospitante. Dopo aver salutato e ringraziato le numerose personalità presenti, con particolare riguardo all’Assessore alla Cultura e territorialità, Vladimir Torbica e alla viceconsole generale d’Italia a Buie, Giuseppina Rajko, Šuflaj ha sottolineato come l’idea di invitare l’autore a Momiano sia nata su suggerimento di Miriam Monica. Un’iniziativa più che appropriata, considerando che proprio grazie a “All’ombra del fico”, Momiano è stato scoperto e conosciuto da un pubblico molto vasto, anche al di fuori dei confini nazionali, grazie alle numerose traduzioni del libro.

Il dialogo con l’autore
A dialogare con Goran Vojnović è stato Neven Ušumović, scrittore croato originario della Voivodina, noto anche per il suo ricco background culturale: professore di filosofia, laureato in letterature comparate, ungarologia e biblioteconomia, nonché traduttore dalla lingua ungherese. Ušumović ha introdotto l’autore e analizzato le peculiarità del romanzo, offrendo ai presenti una panoramica sulla carriera di Vojnović. Nato nel 1980 a Lubiana, Vojnović è un regista e sceneggiatore, autore di cortometraggi e del lungometraggio “Piran–Pirano”. Nel panorama letterario sloveno si è affermato con il celebre romanzo “Čefuri raus!” (2008), che ha ricevuto un’accoglienza tanto positiva da parte della critica quanto controversa da parte dell’opinione pubblica, attirando perfino l’attenzione della polizia. Questo romanzo gli è valso, nel 2009, il Premio della Fondazione Prešeren e il Premio Kresnik, oltre ad aver ispirato una riuscita trasposizione teatrale e cinematografica. Successivamente, con “Jugoslavia, patria mia” (2012), Vojnović ha nuovamente conquistato il Premio Kresnik, insieme ad altri prestigiosi riconoscimenti europei. Il romanzo “All’ombra del fico” (Smokva) (2016) ha segnato un ulteriore trionfo, aggiudicandosi ancora una volta il Premio Kresnik, mentre il seguito di “Čefuri raus!”, intitolato “Đorđić se vraća” (2021), ha ottenuto una nomination per il medesimo premio.
Durante la serata, Vojnović ha espresso il suo profondo piacere nel poter presentare “All’ombra del fico” proprio a Momiano, un luogo che considera ideale per questo racconto. L’autore ha rivelato che la sua famiglia ha un legame speciale con questa terra: negli anni ‘50, i suoi nonni si trasferirono a Buie, e ancora oggi un albero di fico reale cresce davanti alla casa in cui vissero assieme ai suoi genitori. Proprio quell’albero, simbolo del romanzo, ha ispirato un viaggio nella memoria, una riflessione personale e universale sulle radici familiari. Attraverso una scrittura intensa e delicata, Goran Vojnović esplora temi profondi e universali come i limiti della libertà personale, il sacrificio per gli altri, la rinuncia all’egoismo e quei momenti significativi della vita che spesso passano inosservati.

Tre generazioni, tre epoche
La narrazione segue tre generazioni di protagonisti: Aleksandar e Jana rappresentano la prima, trasferitasi in Istria nel 1955, la seconda è incarnata dalla loro figlia Vesna e dal marito Safet e infine, la terza, è composta da Jadran, il narratore della storia, insieme alla moglie Anja e al figlio Marko. La morte del nonno porta Jadran a Momiano, nella vecchia casa di famiglia, dove, immerso tra i ricordi, cerca di dare un senso alla propria vita. Il suo viaggio diventa un percorso attraverso la storia di tre generazioni della sua famiglia, scandito da figure indimenticabili: il padre Safet, scomparso nel 1992 dopo aver lasciato la famiglia per tornare in Bosnia, la madre Vesna, segnata dalla solitudine, e il nonno Aleksandar, ossessionato dai libri e da un passato irrisolto. Da Lubiana a Momiano, fino alla Bosnia, Jadran raccoglie i frammenti di un passato familiare travagliato, ma soprattutto riesce a comprendere sé stesso e il suo presente. La vecchia casa di famiglia a Momiano, in Istria, occupa un ruolo centrale nella narrazione. Questo spazio, quasi un archivio fisico della memoria, rappresenta il luogo di una storia comune, un simbolo di stabilità ma anche di sofferenza. La descrizione della casa è carica di una dimensione emotiva, dove ogni angolo, ogni parete sembra custodire una parte della loro vita.

Memoria e oblio
Questa forte connessione tra spazio e memoria è ulteriormente enfatizzata dal declino di Jana, che diventa vittima della demenza. La sua malattia, che cancella progressivamente i ricordi, è il simbolo stesso della fragilità della memoria e del rischio del suo smarrimento. Il distacco, fisico ed emotivo, rappresenta un filo conduttore del romanzo. È un tema che si ripete attraverso tutte le generazioni segnate da un “distacco”, una partenza che funge da motore narrativo e simbolico: Aleksandar parte per l’Egitto, Safet per la Bosnia, mentre Anja, nel presente della storia, abbandona Jadran, depositario della memoria familiare, colui che raccoglie frammenti di storie, traumi e ricordi che definiscono il suo percorso identitario. Questi addii non sono meri eventi narrativi, ma diventano un elemento cruciale della “geografia emotiva” della storia, dove l’assenza dei personaggi fa emergere con prepotenza la forza della memoria.
Vojnović affronta anche il delicato rapporto tra memoria e oblio, che trova una chiara rappresentazione nella storia di Ester Aljhen, madre di Aleksandar, una donna ebrea, costretta a rinunciare alla propria identità durante la Seconda guerra mondiale per sfuggire alle persecuzioni. Diventando Branislava Đorđević, cerca di appartenere a una comunità “salva” dal conflitto, pur vivendo nel terrore di essere riconosciuta per ciò che era. Questa storia, intrisa di dolore, è uno dei tanti esempi di come la memoria venga continuamente cancellata o riscritta per adattarsi alle circostanze.

Un racconto universale
Con “All’ombra del fico”, Vojnović offre una saga familiare carica di emozioni forti ma trattenute, una storia capace di toccare le corde più intime del lettore. Nel suo romanzo quindi l’autore torna ad affrontare uno dei temi cardine della sua narrativa: l’identità, esplorata tanto a livello individuale quanto collettivo in un racconto che si snoda su un arco temporale che va dalla nascita della Jugoslavia, attraversa la sua esistenza e giunge fino ai tempi moderni, evidenziando parallelamente il disfacimento della famiglia e quello della nazione. Come ha sottolineato Vojnović, il fico maturo diventa metafora della memoria, un frutto mediterraneo traboccante che rappresenta tanto la dolcezza quanto il peso della storia familiare. Il romanzo è una celebrazione della memoria e dell’identità, raccontando una storia che, pur essendo profondamente personale, risuona come universale e condivisibile, una riflessione profonda sulla natura dell’identità.

Il pubblico nella Casa dei castelli durante la serata letteraria.
Foto: Erika Barnaba

Tutti i diritti riservati. La riproduzione, anche parziale, è possibile soltanto dietro autorizzazione dell’editore.

L’utente, previa registrazione, avrà la possibilità di commentare i contenuti proposti sul sito dell’Editore, ma dovrà farlo usando un linguaggio rispettoso della persona e del diritto alla diversa opinione, evitando espressioni offensive e ingiuriose, affinché la comunicazione sia, in quanto a contenuto e forma, civile.

No posts to display