Le Intelligenze Artificiali. Ciò che ci rende umani

L'ultima produzione del Dramma Italiano, andata in scena al Dram(m)a Centar dello «Zajc» di Fiume, è un testo filosofico condito di umorismo e ironia

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Le Intelligenze Artificiali. Ciò che ci rende umani

Ha debuttato al Dram(m)a Centar del TNC “Ivan de Zajc” di Fiume la première della terza parte della “Trilogia delle Intelligenze Artificiali”, lo spettacolo “Le Intelligenze Artificiali al wellness”, un progetto di Giuseppe Nicodemo, con la regia di Sabrina Morena e Giuseppe Nicodemo. Considerato il successo delle prime due parti, “Il bonsai ha i rami corti” e “Il raider, la nonna e le Intelligenze Artificiali”, non stupisce il fatto che la piccola sala in seno all’ex magazzino dell’IVEX, in Delta, fosse gremita come non mai e tutti i posti fossero occupati da un pubblico in fremente attesa. La scenografia e i costumi sono curati da Ivan Botički, le musiche sono state scelte da Giuseppe Nicodemo, il disegno delle luci è di Predrag Potočnjak, direttore di scena, responsabile del suono è invece Marin Butorac. Lo spettacolo, della durata di un’ora, è sottotitolato in croato.

 

Lontano dalla freddezza dei robot

Le Intelligenze Artificiali di questa pièce, Alex (Giuseppe Nicodemo) e Alexia (Serena Ferraiuolo), ispirati all’omonima assistente virtuale di Amazon, si ritrovano in un rilassante wellness sull’isola di Dokdo, tra la Corea e il Giappone, per una vacanza forzata di cui non si capiscono i motivi. A servirli c’è un’esuberante cameriera Alida (Leonora Surian), che nel corso dello spettacolo viene chiamata “Zia Caloria” per la sua ortoressia, ovvero la fissazione con il mangiare sano. Le due Intelligenze Artificiali, per l’occasione dotate di un corpo umano da usare, sono munite di una borsa con dentro una nuvoletta, il “Cloud” dal quale percepiscono tutte le informazioni. E se con gli utenti, che li contattano incessantemente, sono sempre fredde e razionali, una volta chiusa la comunicazione, sfogano le proprie frustrazioni con il personale del wellness. Alexia, infatti, è l’assistente di Stefania Laganini de “Il bonsai ha i rami corti”, la donna che ha ucciso il marito e ora sta pensando di far saltare in aria un condominio, mentre Alex è l’assistente di Park, un coreano che lo assilla con richieste semplicistiche.

Al centro Alex mentre tenta l’ennesimo suicidio

Il potenziale sprecato

Alla base delle frustrazioni di Alexia e Alex, quest’ultimo tenta ripetutamente il suicidio, ma sempre senza successo, c’è il fatto che nonostante siano talmente avanzati da poter portare l’uomo nello spazio, vengono usati per compiti banali, come ad esempio il timer per cuocere il riso o una playlist di canzoni da ascoltare in base all’umore. In pratica il loro compito principale è far sentire meglio gli umani, ma anche in questo falliscono miseramente e per “punizione” vengono ritirate dal mercato e costrette a una vacanza di cui ancora non sanno la durata, ma che non finirà mai.

Le insicurezze umane e i sentimenti

Parlando tra di loro Alex e Alexia si rendono conto di essere stufi di servire gli altri e di provare una strana sensazione dalla parte sinistra del petto. Alexia rigetta categoricamente ogni possibilità di provare delle emozioni o di voler essere felice, mentre Alex si chiede se sia questo l’amore. Il Cloud lo spiega con chiarezza, ma una definizione da dizionario non basta a comprendere ciò che si prova. Quando Park o Stefania chiamano le due Intelligenze Artificiali a volte queste rispondono in modo scocciato o fanno finta di avere problemi di connessione o di non comprendere la domanda, in modo da non dover rispondere a richieste assurde.

Giuseppe Nicodemo, Serena Ferraiuolo e Leonora Surian

Un mondo che non si può salvare

Il messaggio dello spettacolo non è legato solo alle caratteristiche umane, ma anche al fatto che riponiamo troppa fiducia nella tecnologia e pensiamo che un algoritmo, se fatto bene, ci possa salvare da noi stessi. È questo il motivo per cui la Corea del Sud ha il tasso di suicidi più alto del mondo, spiega Alex, e forse questo messaggio è ancor più importante e penetrante in un periodo di instabilità politica internazionale, nel quale noi spettatori pensiamo a tutti i nostri difetti e a ciò che ci porta sempre, di generazione in generazione, a scegliere la guerra per risolvere i disaccordi.

La paura dell’umanità

In realtà, per quanto divertente, lo spettacolo “Le Intelligenze Artificiali al wellness” è un testo filosofico condito di umorismo e ironia e portato sulla scena. Gli uomini sono composti principalmente da acqua, spiegano i personaggi. Com’è possibile, allora, che non vadano in corto circuito, ma che provino tutte queste emozioni complesse in un corpo difettoso?
Alex e Alexia non sono le intelligenze artificiali così come le conosciamo noi, ma sono piuttosto l’idea di un’Intelligenza Artificiale alle prese con un corpo umano, con tutti i suoi difetti e i suoi dubbi. Ed è proprio questo il motivo del loro confino sulla sperduta isola coreana o giapponese. Alex e Alexia hanno peccato di essere stati troppo umani con i loro utenti e ciò che è umano deve per forza essere anche difettoso e dunque ci fa paura perché gli uomini sono complicati, ma le IA dovrebbero essere semplici. Non dovrebbero avere una coscienza e non dovrebbero poter morire, ma la teoria non sempre viene applicata.

La sala del Dram(m)a Centar al completo

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