
Grande serata brahmsiana al Teatro Nazionale Croato “Ivan de Zajc” di Fiume, ma purtroppo, con tanti, troppi vuoti in platea. Il programma di mercoledì sera – la prima parte prevedeva l’esecuzione del Concerto per pianoforte e orchestra n. 2 Op. 83 in Si bemolle maggiore (solista il francese Guillaume Bellom) e la seconda la Sinfonia n. 2 in re maggiore Op. 73 – è stato infatti una splendida occasione per immergersi nel mondo sinfonico e concertistico del compositore tedesco Johannes Brahms, uno dei giganti del Romanticismo. Un’occasione imperdibile per trascorrere una serata indimenticabile, ma per motivi che ci sfuggono, il pubblico non è stato così numeroso come i protagonisti avrebbero meritato.
Le due opere in programma rappresentavano due versanti espressivi diversi, ma complementari della poetica brahmsiana: l’uno monumentale, drammatico e introspettivo, l’altro luminoso, sereno, decisamente più lirico e disteso. Insomma, con il Concerto n. 2 e la Seconda sinfonia, il pubblico ha assistito a due capolavori della piena maturità del compositore tedesco, nato ad Amburgo il 7 maggio 1833 e morto a Vienna il 3 aprile 1897.
Orchestra alla… tedesca
Dopo aver metabolizzato il rammarico per l’assenza di un pubblico delle grandi occasioni – lo avrebbero meritato sia l’orchestra sinfonica fiumana che il pianista Guillaume Bellom –, la prima sorpresa è stata la disposizione dell’orchestra. La disposizione più diffusa è quella cosiddetta “americana”, introdotta dal grande direttore d’orchestra britannico Leopold Stokowski intorno agli anni ‘30 del ‘900 ed è quella che solitamente possiamo vedere allo “Zajc”: i violini, le viole e i violoncelli sono disposti a cerchio, i contrabbassi si trovano dietro ai violoncelli; in mezzo troviamo i legni con dietro gli idiofoni, membranofoni e ottoni. Stavolta, il Maestro Valentin Egel ha optato per una disposizione “tedesca”. Tedesco lui, tedesco il compositore… La differenza è che i primi e secondi violini sono contrapposti – i primi alla sinistra del direttore, i secondi a destra –, i contrabbassi dietro ai primi violini, le viole accanto ai secondi violini e i violoncelli al centro. Non sappiamo se i musicisti – i quali devono ascoltarsi attentamente tra loro per suonare insieme – lo abbiano gradito. Il pubblico certamente, anche se molti probabilmente non ci hanno nemmeno fatto caso.
Bellom, virtuosismo e sobrietà
La serata è iniziata con l’esecuzione del Concerto n. 2 – si articola in quattro tempi, in luogo dei tre tradizionali –, che ha visto nel ruolo di protagonista Guillaume Bellom, il quale ha regalato al pubblico emozioni davvero intense. Il pianista francese ha saputo rendere il sottile equilibrio tra virtuosismo e poesia richiesto da Brahms, che lui ha affrontato con intelligenza musicale, sensibilità poetica e rigore formale, caratteristiche che hanno dato vita a un’esecuzione del Concerto n. 2 di grande qualità, profondità e respiro sinfonico. Il pianista francese va apprezzato per la capacità di unire chiarezza classica e intensità romantica, caratteristiche che lo rendono un interprete particolarmente adatto a Brahms, che richiede, appunto, equilibrio tra virtuosismo e sobrietà. Va elogiato per la chiarezza del fraseggio e la maturità espressiva, doti non comuni in un musicista così giovane.
Spulciando nella sua biografia – è nato a Besançon il 28 giugno 1992 –, scopriamo che ha iniziato gli studi musicali molto presto presso il Conservatorio della sua città natale e che si è diplomato sia in violino che in pianoforte, e crediamo che sia proprio questa qualità a distinguerlo per una sensibilità particolare nell’interazione con gli altri strumenti e anche lui, dopo il concerto, ha espresso la propria soddisfazione per il rapporto di simbiosi con l’orchestra fiumana.
«Pianoforte obbligato»
Il Concerto per pianoforte e orchestra n. 2 in Si bemolle maggiore – senza dubbio una delle opere più ambiziose del repertorio romantico – è stato composto da Brahms circa vent’anni dopo il suo primo concerto per pianoforte. Brahms lo scrisse in un periodo di piena maturità e padronanza formale, e lo definì ironicamente una “piccola sinfonia con pianoforte obbligato”, alludendo alla sua struttura complessa e alla ricchezza dell’orchestrazione. Mercoledì abbiamo assistito a una partitura virtuosistica, ma non esibizionistica: il pianoforte non ha mai dominato l’orchestra, anzi, dialogava con essa in un equilibrio quasi cameristico, con uno spirito sereno, maturo e nobile, con occasionali slanci eroici o malinconici. A partire dal primo movimento Allegro non troppo, solenne e maestoso, che inizia con un dolce dialogo tra corno (Alessandro Saraconi) e pianoforte. Ben presto subentra il travaglio della passione: la delicatezza dei fiati e del piano sono turbati da un improvviso cambio di scena e dalla repentina drammatizzazione dei toni che gli archi e fiati hanno prodotto magistralmente.
Il secondo movimento (Allegro appassionato in re minore) ha inquietato ulteriormente l’atmosfera, aprendo le porte a un dualismo agitato e vibrante tra pianoforte e orchestra che hanno trasportato il pubblico in un complesso itinerario di concitazione emozionale. Drammatico e allo stesso tempo dolce il duetto in crescendo tra il pianista francese e il violoncello (Giovanni Genovese) nel terzo movimento, che dagli iniziali scenari drammatici ha riportato il tutto alla calma iniziale. L’“Allegretto grazioso” del quarto movimento, infine, ci ha proposto un rapido susseguirsi di temi festosi quasi a voler controbilanciare la melanconia e l’inquietudine appassionata dei precedenti movimenti.
Il dialogo con l’orchestra
Guillaume Bellom e l’orchestra sono stati uniti dall’inizio alla fine in un dialogo sempre assai teso ed espressivo, in un crescendo profondamente romantico. La bravura del pianista francese ha ottenuto conferma nel superamento di alcune delle difficoltà più ardue che si conoscano nella letteratura pianistica, come ci è stato detto dopo lo spettacolo da un direttore d’orchestra.
Gli applausi prolungati a Bellom sono sfociati in un bis, che ha dato modo al pubblico di ascoltare uno dei pezzi più lirici e introspettivi di Brahms, con una linea melodica tenera e malinconica, l’Intermezzo n. 2 in la maggiore, Op. 118, “Andante teneramente”, eseguito con grande delicatezza dal pianista francese, che poi si è seduto comodamente in platea per assistere alla Sinfonia n. 2 in re maggiore Op. 73 (da qui il nome dello spettacolo, Brahms 2×2), che ha dato modo all’orchestra sinfonica fiumana, diretta dal Maestro Valentin Egel, di ribadire la propria caratura.

Foto: IVO VIDOTTO
Un clima… pastorale
Questa Sinfonia fu composta da Johannes Brahms nell’estate del 1877 durante una visita alle Alpi austriache. La gestazione di quest’opera – nella sua seconda sinfonia Brahms preserva la forma tipica della sinfonia classica e i suoi quattro tempi – è stata sorprendentemente breve se paragonata ai 15 anni impiegati dal compositore per ultimare la sua Prima Sinfonia, con la quale è in forte contrasto. Quella che abbiamo avuto modo di ascoltare mercoledì sera, viene spesso paragonata alla Sesta Sinfonia (Pastorale) di Ludwig van Beethoven, in quanto caratterizzata da gioiosità e quiete, da una semplicità quasi… pastorale che infonde un senso di pace. I musicisti dell’orchestra fiumana, guidati dal Mº Egel, hanno saputo esaltare la bellezza dei temi e la forza dei contrasti. La sinfonia è trascorsa tranquilla, facendo affiorare di tanto in tanto episodi malinconici o più marcatamente passionali.
Il tema di apertura (Allegro non troppo), presentato dai fiati, è profondamente melodioso, mentre i motivi festosi sono affidati ai corni. Il secondo tema, affidato a violoncelli e viole, si sviluppa dolce e melodioso. In questo primo movimento è seguita poi una successione di passaggi di effetto quasi burrascoso, con gli ottoni impetuosi e squillanti fino alla dissonanza, calmati dagli oboi che hanno fatto scivolare il movimento fino alla coda, con il corno accompagnato in pizzicato degli archi. Molto brahmsiano, per una consumata perfezione, il secondo movimento (Adagio ma non troppo), mentre il terzo (Allegretto grazioso quasi andantino) ha riversato sul pubblico tantissima allegria, aprendo comunque con una delicata melodia pastorale. Il Finale, Allegro con spirito, ci riporta con la mente ai finali mozartiani, in cui si fondono quasi tutti i temi precedenti, trattati in maniera meravigliosa da Brahms, che dà libero sfogo al proprio estro, fino a una conclusione molto sonora, con lo… sprint finale dei timpani (Antonio Ceravolo). Insomma, tornando all’inizio, è un vero peccato al “Brahms 2×2” non abbia assistito un pubblico più numeroso, considerata anche la qualità dell’esecuzione, sia dell’orchestra che del pianista francese.
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