
Il 19 gennaio, presso il Teatro Nazionale Croato “Ivan de Zajc”, verrà avviata la prima edizione del Teatro filosofico di Fiume, interessantissimo progetto creato nel 2014 dall’allora sovraintendente del TNC di Zagabria, Dubravka Vrgoč (da poco in carica presso il Teatro fiumano) e dal rinomato filosofo Srećko Horvat. Nel corso degli anni lo stesso ha ospitato personaggi di spicco del mondo dell’economia, della cinematografia, della letteratura, della regia, della musica e altro, quali Herta Müller, Thomas Piketty, Vanessa Redgrave, Slavoj Žižek, Yanis Varoufakis, M.I.A., Gael Garcia Bernal, Javier Cercas, Adam Curtis, Milo Rau e tanti altri. Sulla falsariga dello stesso, il capoluogo quarnerino si prepara ad accogliere personalità intriganti tese ad aprire, insieme a Horvat, una miriade di tematiche attuali e a rimuginarvici su tramite approfonditi ragionamenti dialogici. In tale contesto, abbiamo incontrato il versatile filosofo, che innanzitutto ci ha delucidato come nacque l’idea del Teatro filosofico.
Legami con il capoluogo quarnerino
Prima dello stesso, nel 2008 fondai a Zagabria e guidai fino al 2013 il Festival sovversivo, affiancato da Dora Baras e Nikola Devčić Mišo, nell’ambito del quale ospitammo personaggi eccellenti, tra cui rinomati intellettuali, filosofi, sociologi, premi Oscar quali Oliver Stone”, ha esordito, rimarcando che “a questo riguardo ho un bellissimo ricordo relativo a Fiume, dove nel summenzionato anno venne la figlia di Che Guevara, Aleida Guevara e in quell’occasione sul ‘Novi list’ vennero pubblicate le fotografie inedite del Che, inviategli da un signore, mentre saliva con un amico sul Castello di Tersatto, scattate nel 1959, il che mi ha subito legato al capoluogo quarnerino. Alcuni anni dopo, quando Dubravka Vrgoč era sovrintendente del TNC zagabrese, mi invitò a dare vita al Teatro filosofico, con l’idea di farlo diventare un appuntamento fisso e continuativo, da inserire nel repertorio teatrale. Avendo già curato programmi del genere a Berlino e a Vienna, centrati sul dialogo e il dibattito pubblico, che nel frattempo erano anche divenuti parte del cartellone dei principali enti teatrali europei, accettai volentieri”.
È soddisfatto del progetto in generale?
“In questi otto anni abbiamo realizzato un programma molto mirato e, come già accennato, abbiamo coinvolto ospiti di grande rilievo, tra cui premi Nobel, economisti, attori, registi, musicisti, letterati e altri. La collaborazione viene effettuata in svariati modi: con alcuni, quali Slavoj Žižek, Yanis Varoufakis, il caro amico Gael García Bernal, sono in contatto e conosco da anni, ma tanti altri non ho avuto il piacere di incontrare, come ad esempio il sociologo danese Nikolaj Schultz, il primo invitato del Teatro filosofico fiumano. Ho letto i suoi libri e lo trovo molto intrigante, anche perché sin da molto giovane, poco più che ventenne, cominciò a collaborare con il rinomato filosofo francese Bruno Latour. Ciò che mi fa molto piacere è l’essere riusciti ad attirare un pubblico giovane, a svecchiare il teatro, il che, considerata la loro odierna ‘attenzione da TikTok’ e l’influenza dei social sulle loro vite è un bel successo”.
L’importanza del contatto dal vivo
Che cosa rappresenta l’esperienza fiumana?
“Per me è una grande sfida, soprattutto perché i modi in cui studiamo e interagiamo sono completamente cambiati, tutto è digitalizzato, l’attenzione è abbreviata, e nonostante prevalgano i podcast, che sono più lunghi, sono pur sempre digitali. In effetti, ciò che terribilmente manca sono gli incontri e i contatti dal vivo, tipici del teatro, le cui origini risalgono a 2.500 anni or sono, sopravvissuto a tante altre forme espressive, e che a mio avviso si conserverà anche in seguito a qualche apocalisse, caos o catastrofe. Esso possiede un qualcosa, che può essere la catarsi, il nirvana o altro che lo manterrà in vita, e nell’epoca della totale digitalizzazione, la vicinanza fisica è la ragione per cui le persone lo frequentano e spero lo faranno anche nell’esperienza fiumana. D’altro canto, come già detto, l’interesse dei media, della politica e simili è a breve scadenza, mentre nell’ambito del nostro progetto curiamo la conversazione e il dialogo profondi, lunghi anche oltre un’ora, in cui il pubblico s’include e partecipa, tesi a mettere in scena la filosofia”.
D’altronde, nel corso dei suddetti incontri, avviene anche il contrario, ovvero il teatro entra nella filosofia?
“Certo, non vi è filosofia senza qualche tipo di palcoscenico e, in tale senso, l’antica Grecia offre una miriade di esempi: Dionigi mise in scena la filosofia in modo sovversivo, girando nudo per le piazze, prendendo in giro i suoi connazionali e simili, Pitagora insegnò per sette anni dietro a un telo, cosicché in quel periodo i suoi discepoli potevano conoscere solo la sua voce, Platone e Aristotele ebbero le loro scuole, tra le quali quella dei peripatetici, i quali insegnavano la filosofia camminando, pratica in seguito ripresa da Schopenhauer, da Nietzsche e da tanti altri, i quali giunsero a grandi idee facendo alpinismo e passeggiando nei boschi. Quindi, in un modo o nell’altro, in una forma o nell’altra, la filosofia è legata al concetto di palcoscenico”.
Come sarà concepito il Teatro filosofico presso lo “Zajc” di Fiume?
“Lo stesso avrà luogo fino all’estate e, sulla scia di quello zagabrese, ospiterà diversi rinomati personaggi di vari campi: Nikolaj Schultz, il regista fiumano Igor Bezinović (in collaborazione con l’Art cinema), il letterato bulgaro Georgij Gospodinov, la scrittrice albanese Lea Ypi e l’attore teatrale, cinematografico e televisivo Goran Bogdan”.
Il filosofo è un navigatore
Come si trova nel ruolo di intervistatore?
“Lo faccio da oltre vent’anni, per cui mi ci trovo molto bene, come pure in quello da scrittore, quando mi ritiro sull’isola e scrivo i miei libri, che però è tutt’altra sfera. Sono due modi diversi di comunicare, ma tesi allo stesso scopo, quello di rimuginare sulla filosofia. Purtroppo quest’ultima, nata nell’antica agorà greca, quindi svolta all’aperto, in pubblico, attraverso l’accademizzazione avente avuto luogo anche in Croazia, oggidì è rinchiusa negli atenei e non appartiene più alla gente, alle piazze. A mio avviso ai tempi odierni, quando siamo completamente persi e costretti ad affrontare grandi catastrofi, le guerre e la crisi climatica in corso, proprio per il fatto di non accettare risposte economiche e convenienti e porre domande complesse, la filosofia è necessaria più che mai. Solo in questo modo potremo ottenere risposte pertinenti alla situazione in cui viviamo e che, forse, ci indicheranno una via. In tale contesto, Platone parlava della filosofia in qualità di una navigazione, specificando che il filosofo è una specie di navigatore, atto a mostrare la direzione e a solcare i mari sia quando sono calmi che quando i venti sono sfavorevoli. Che fare se non si possono alzare le ancore? Qui, ad esempio, si apre la tematica relativa al nuovo esistenzialismo all’epoca della crisi climatica, che verrà affrontata domenica prossima dal sunnominato Schultz. Non è un caso che sia giovane e condivida le sue sensazioni con tanti della sua età”.
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