La vita è piena di significati basta collocarli nei tempi giusti

L’artista Sara Salamon, originaria di Draga di Moschiena, ci illustra il suo processo creativo

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La vita è piena di significati basta collocarli nei tempi giusti
Sara Salamon in occasione dell’inaugurazione di “Life is full of meaning”. Foto: GORAN ŽIKOVIĆ

È stato di recente presentato, negli spazi della Galleria Filodrammatica, un interessante progetto incentrato sull’esplorazione dei sottili strati che compongono l’interazione tra un’opera d’arte e l’osservatore. L’esposizione “Life is full of meaning” di Sara Salamon racchiude il risultato di una ricerca artistica pluriennale, nata da una riflessione sul ruolo delle persone in quanto osservatori distaccati degli avvenimenti del mondo e caratterizzata da una sperimentazione con le inaspettate possibilità offerte dalle varie forme d’arte visiva. L’artista, originaria di Draga di Moschiena e laureata all’Accademia di Arti applicate di Fiume, da anni attiva sulla scena artistica croata e internazionale, ha presentato la sua prima mostra personale nel capoluogo quarnerino, realizzata in collaborazione con l’associazione Drugo more, con il supporto del Ministero della Cultura e dei Media, nonché del Dipartimento per la Cultura della Città di Fiume. L’allestimento potrà essere visitato fino a venerdì 28 ottobre. Nel corso di un’intervista, Sara Salamon ci ha illustrato il suo processo creativo e il sistema di significati contenuti nel progetto espositivo di “Life is full of meaning”.

Recentemente ha presentato il suo primo allestimento a Fiume. Com’è stata la collaborazione con l’associazione Drugo more?
“È sicuramente una delle più belle esperienze che ho avuto per quanto riguarda gli allestimenti dei miei lavori. Dalla maniera in cui l’associazione si approccia e tratta gli artisti, al supporto tecnico, è un modo di lavorare che apprezzo tantissimo. Infatti, questa è la mia prima mostra personale che presento a Fiume dopo il conseguimento della laurea e sono contenta di averla potuta realizzare proprio in collaborazione con la Drugo more. Sono molto grata del tempo che mi era stato dato a disposizione per l’allestimento, per cui ho avuto l’opportunità di esaminare attentamente lo spazio. Capita molto raramente che gli artisti abbiano l’occasione di lavorare per diversi giorni sulla preparazione dell’esposizione, malgrado la prassi artistica contemporanea non si limiti solamente ad appendere un quadro sulla parete della galleria, bensì preveda una riflessione sul modo in cui il lavoro potrà venire percepito”.

Qual è il significato del titolo “Life is full of meaning”?
“Quest’anno, durante la residenza artistica a Vienna, presso il centro Q21, ho avviato il lavoro su una tematica che mi aveva attratto diversi anni fa e che è al centro della mia produzione dell’ultimo periodo. Si tratta del concetto di ‘osservare la catastrofe’, che, specialmente negli ultimi anni, per me ha assunto nuovi significati, alla luce degli eventi che si sono susseguiti a livello locale e mondiale, dall’epidemia di Covid-19 ai terremoti di Zagabria e della Croazia centrale, a tutta una serie di altre vicende. Riflettendoci, mi ha colpito il fatto che cerchiamo di attribuire un senso ai fatti anche quando ne sono privi. Il titolo ‘Life is full of meaning’ rimanda a un’apertura dell’esperienza artistica ad accogliere significati, tanto in relazione all’osservatore, quanto in merito all’autore che espone. Inoltre, con questo nome ho voluto riunire le serie di lavori che ho realizzato in questo periodo, a partire dagli ‘Scavi archeologici’, del 2021, e comprendendo tutti i vari ‘sottoprodotti’ che da essi sono scaturiti, anche non strettamente legati al concetto iniziale”.

Che cosa intende per “osservare la catastrofe”?
“È un termine che proviene da una riflessione sul significato e sulle forme che potrebbe assumere la sensazione di disagio nello spazio pubblico. Nel mio caso, ciò che mi farebbe sentire di più in difficoltà sarebbe vedere che lo spazio pubblico e urbano si muovesse. Facendo ricerche sul tema avevo trovato un articolo del Guardian che tratta di un fenomeno verificatosi nel Regno Unito: in seguito ai cambiamenti climatici che fanno ‘ardere’ il suolo, era stato osservato che, nei luoghi in cui non sono presenti degli scavi, l’erba si era seccata, mentre nei siti di scavi archeologici era successo l’opposto, ovvero l’erba era rimasta verde, di conseguenza era stata osservata una fioritura del turismo. Durante le mie ricerche, inoltre, ho riflettuto molto sul turismo del disastro. Le persone che si recano nei luoghi del disastro affermano di avere l’impressione di osservare un avvenimento o una scena particolare, che pochi hanno l’opportunità di vedere. Ecco, sarebbe quello il significato che attribuisco all’espressione ‘osservare la catastrofe’, una certa distanza che assumiamo, un’esperienza mediata, indiretta. È il nostro ruolo di passanti nei confronti della disgrazia del mondo, la prospettiva di osservatori distaccati. Non assumo una posizione critica in relazione a tale atteggiamento, ma mi interessa molto questo punto di vista dal quale guardiamo il mondo come fosse una narrazione che non ci coinvolge. In ‘Life is full of meaning’, a causa di un flash fotografico che si accende casualmente, i visitatori hanno improvvisamente la sensazione di essere osservati, e ciò crea una sorta di disagio, un effetto di tensione”.

Come traduce le tue idee in opere?
“Molte delle mie riflessioni vengono suscitate da aspetti della vita quotidiana che particolarmente mi interessano, mi rallegrano, mi punzecchiano, come il flash della macchina fotografica, oppure un pannello protettivo che indica il luogo di uno scavo archeologico. Ad esempio, il concetto di base del progetto ‘Scavi archeologici’ era nato, come accennavo, da un’idea che mi era venuta immaginando degli scavi che si muovessero e cambiassero posizione nello spazio da soli, senza stimoli esterni. È così che avevo escogitato un cubo che si spostava di un metro al giorno. Il mio partner, Hrvoje Spudić, anch’esso artista, mi aveva consigliato come far muovere il cubo centrale dell’allestimento e si era occupato della motorizzazione dell’installazione, che si spostava in modo quasi impercettibile. In altre parole, con questi progetti cerco di creare, all’interno dello spazio espositivo, un intero ambiente in movimento. L’obiettivo è quello di dar vita a una sorta di tensione per chi si trova ad assistere all’allestimento. Rivolgo sempre una particolare attenzione al ruolo dell’osservatore e alla sua percezione delle opere d’arte”.

In che modo i suoi lavori si rivolgono all’osservatore?
“Mi interessa molto l’effetto di gradazione che viene prodotto dalle installazioni e la costruzione graduale dell’esperienza del pubblico. Parlando di ‘Life is full of meaning’, i lavori che presento sono, in un certo senso, installati all’interno di una dimensione temporale. Il mio compito è quello di identificare un ‘tempo ideale’ dell’osservatore per percepire la mostra, e in base a ciò stabilisco la velocità di movimento delle installazioni e gli intervalli temporali con cui determinati appartecchi vengono azionati. La sensazione che si ha in uno spazio espositivo è che il tempo scorra più lentamente, come per dire che un minuto in una galleria equivale a cinque minuti fuori da essa. Ovviamente, vanno prese in considerazione anche le dimensioni dello spazio e tutta una serie di altri fattori, per creare una sorta di allestimento onnicomprensivo. Nelle serie di lavori che realizzo miro a innescare nel pubblico una sensazione di insicurezza spazio-temporale ed è questo il principio di base delle installazioni e delle opere che vengono poste in una cornice temporale, oltre che nell’effettivo spazio espositivo”.

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