La trasfigurazione della realtà in bianco e nero

Con il fotografo Slađan Dragojević alla scoperta del villaggio di Cucciani. Il paesino è stato immortalato nei suoi scatti, che emanano una forte energia ricca di tonalità e disciplina

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La trasfigurazione della realtà in bianco e nero

In un mondo a colori, il bianco e nero si distingue particolarmente in alcune fotografie in cui esalta l’atmosfera dell’antico ricco di mistero. In questo periodo si possono visitare diverse “mostre fotografiche digitali” quando ci si imbatte nel profilo social dell’artista istriano Slađan Dragojević, conosciuto come fotografo professionista diplomato in studio fotografico nella vicina Slovenia e per aver conseguito numerosi riconoscimenti a diversi concorsi fotografici. Un tempo invece, anni ‘80-‘90, era noto per essere apparso su tutte le testate giornalistiche come uno dei migliori atleti a livello mondiale nella corsa, in particolare con la partecipazione di successo alle internazionali Spartathlon di Atene, l’ultramaratona Hirošima – Nagasaki e per aver vinto l’oro ai 150 km in seno all’Euro Cup ‘89.

 

Visitando la penisola, Dragojević propone al pubblico la conoscenza di luoghi, anche sconosciuti, che attraverso il suo obiettivo sembrano animarsi di una luce nuova e un contrasto più denso. Particolari rimasti sepolti riaffiorano, il nero e il bianco della trama e delle fotografie trovano una dimensione diversa, in grado di esaltare i soggetti e le sfumature.

Le ombre come parti fondamentali del contesto

Una località di vigne e memorie
Tra i numerosi viaggi in questo ricco mondo senza colori si trova pure quello a Cucciani (Kučibreg), minuscolo villaggio situato nell’Istria nord occidentale, a poche centinaia di metri dal confine con la Slovenia, in seno al territorio di Buie. Un villaggio che nacque nel XVI secolo, quando giunsero alcuni contadini provenienti dal Veneto e dalla Dalmazia, un luogo di vigne, uliveti e di memorie antiche, spesso dolci, ma anche tristi e dolorose perché legate a momenti tragici della storia. Tutta questa storia prende vita nelle foto in bianco e nero di Dragojević dove le forme emergono maggiormente grazie ai passaggi chiaroscuri attraverso toni di grigio, la tridimensionalità è più evidente, i volumi si fanno più puri e le ombre, grigie o nere, assumono la stessa importanza degli oggetti che le producono e diventano parte fondamentale della composizione.

Zona caduta nell’oblio
“È meraviglioso passeggiare per il Buiese. Di recente, una strada mi ha portato nel suo estremo nord, proprio vicino al confine con la Slovenia, a Cucciani, una città dimenticata con pochi abitanti. Dico scordata perché Cucciani non è menzionata nell’Enciclopedia istriana (caporedattori Robert Matijašić e Miroslav Bertoša, l’opera è stata pubblicata dall’Istituto lessicografico di Miroslav Krleža nel 2005) come nemmeno in altre parti. In lingua italiana ho trovato almeno qualcosa, ma in croato poco o niente. In modo abbreviato ho trovato che sta scritto ‘Lungo il confine con la Slovenia si trova il villaggio di Kucibreg a 432 metri di altitudine da dove si vede un panorama estremamente bello…’. Quindi scopro che il luogo non ha origine, nessuna storia, nessuna esistenza, niente. La chiesa e la battaglia…? In effetti c’è, per quanto ne sappia, una scuola (venduta e ristrutturata) in cui, in una stanza erano site un tempo tutte le classi e l’insegnante, Tugomir Kovačević, per non dimenticare il mio maestro di natura e società nelle scuole dell’obbligo. Poi, da Kućibreg sono i Bubola, un cognome a noi noto e Stojan, detto Bubi, (fisarmonicista di punta)… lo conosco bene, ecco perché lo cito. Io, correndo, partivo da Buie verso Momiano, attraverso Cernaz e Collalto arrivavo a Cucciani, circa 17 kilometri di distanza. Arrivavo alla cappella e ritornavo indietro attraverso Stanzia Vigini, verso Briz, Oscurus e Cremegne. Più o meno questo percorso comprenderebbe il meraviglioso alto Buiese dove ha trovato casa il Moscato di Momiano, nato per ristorarsi dopo un duro allenamento”, ha rilevato il fotografo spiegando come, non lontano da Kućibreg, sta sorgendo un monumento ai combattenti caduti che hanno dato la vita in una delle battaglie più difficili della guerra di liberazione nazionale in questa zona.

Un’immagine silenziosa che emana una forte energia

La casa sulla collina
“Se separiamo la parola Cucciani, non ci vuole molta saggezza… la casa sulla collina, e così che dicono coloro che se ne sono occupati. Ovvero deriva da ‘cucco’, e ha origine dal gallico ‘coiche’ che significa cima, montagna, collina. Ho letto tutta questa grande conoscenza nelle edizioni italiane.

Immediatamente fuori dalla città, sorge una chiesa dedicata a S. Giustina o Justina, di molto tempo fa, eretta nel 1781. Era una ragazza virtuosa che veniva sedotta dal signor Ciprian, che aveva a che fare con i demoni, il diavolo e la stregoneria. Il tutto si è concluso con il rifiuto di lei attraverso la fede e la croce. Lui, dopo avere accettato, si è liberato da Satana, ed è diventato vescovo. Sarebbe tutto andato bene se Diocleziano non li avesse catturati e decapitati. E così pure Cucciani è stato decapitato. Immagino che debba essere così, perché nessuno se ne occupa. Oggi ci vivono soltanto un paio di persone. Gli stranieri hanno acquistato le proprietà e tutti hanno trovato la felicità… sia chi ha venduto che chi ha comprato…! Tutto il resto? Ma dai, denovo kavoli, štavolta grandi..!?”, ha concluso Dragojević senza mettere un punto al discorso, ma lasciando un bel punto esclamativo e un interrogativo come spazio all’immaginazione di chi lo ascolta o lo legge.

Il fotografo Slađan Dragojević

Imparare a osservare
Sono fotografie che attirano, quelle di Dragojević, che pensa in bianco e nero ancor prima di effettuare uno scatto, scegliendo il soggetto, la luce e la composizione in funzione di una rappresentazione composta da tutti i toni del grigio. Insegnando che bisogna imparare a vedere prima di fotografare, ma fotografare può diventare un modo per imparare a vedere. Oltre a percepire e trasmettere la realtà quotidiana, sebbene siano tematicamente silenziose, le opere emanano una forte energia con tonalità e disciplina. Dragojević, usando la luce e combinando le ombre, costruisce una ricca trama selezionando dettagli, superfici e motivi che creano delle composizioni misteriose che giocano con la percezione di chi le osserva. Angoli suggestivi, natura, ombre e ruderi, rievocano il tempo passato e la lunga storia del luogo esprimendo la forte sensibilità dell’autore. Quindi, togliere il colore non costituisce necessariamente una perdita d’informazioni. Può, infatti, rafforzare molto di più il senso di comunicazione dell’immagine, rappresentando una sorpresa, non una rinuncia, diventando un modo per stimolare l’osservatore, parlando alla sua capacità d’immaginazione, di fronte a quella che è una trasfigurazione della realtà, ma pur sempre reale.

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