La tradizione del batik malesiano in chiave moderna

Nota sotto lo pseudonimo di MāMa, la pittrice Mandy Maung crea quadri, illustrazioni e murali valorizzando il ricco patrimonio artistico-culturale della Malaysia

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La tradizione del batik malesiano in chiave moderna

Uno dei motivi di orgoglio degli abitanti del capoluogo quarnerino è l’impronta multiculturale della città. La dichiarata apertura nei confronti delle diversità culturali fa di Fiume una delle destinazioni preferite di molti artisti internazionali. È proprio questo il caso della pittrice e illustratrice malesiana Mandy Maung, una nuova aggiunta alla scena artistica locale. Nota sotto lo pseudonimo di MāMa, Mandy crea quadri, illustrazioni e murali valorizzando, in chiave moderna, il ricco patrimonio artistico-culturale della Malaysia. Lavorando nell’ambito dell’arte figurativa contemporanea, l’artista malesiana conferisce ai soggetti ritratti il segno del bagaglio culturale del proprio Paese. Mandy, il cui soggiorno fiumano è iniziato lo scorso maggio, ci ha parlato della sua esperienza in Croazia e del suo percorso professionale, soffermandosi sulla sua nuova serie di quadri, tuttora in fase di lavorazione, che verranno esposti in Malaysia a marzo dell’anno prossimo: si tratta di opere realizzate con un procedimento del tutto particolare e incentrate sulla tradizione malesiana del batik, una forma d’arte tessile nota sin dal XIII secolo. I lavori realizzati da MāMa vengono regolarmente pubblicati sul suo sito web (www.mandymaung.com) e sul suo profilo Instagram (www.instagram.com/mama.mandym).

 

Sul tuo sito dichiari di essere un’artista autodidatta. Com’è iniziata la tua carriera?

“Ho studiato Grafica all’Accademia d’Arte di George Town, nel Penang. Devo ammettere che, all’epoca, era un corso di studi che andava un po’ di moda e quindi mi ero fatta influenzare. Dopo la laurea, però, ho abbandonato la grafica e mi sono dedicata ad altri progetti. La pittura a olio era, dunque, un nuovo campo per me. Intorno al 2004, ho iniziato a disegnare e dipingere. Ci sono stati tanti tentativi ed errori, ma ho imparato strada facendo e ben presto ho cominciato ad amare proprio la pittura a olio. La trovo piuttosto clemente, nel senso che, se qualcosa non mi piace, posso rimuoverlo o modificarlo. Sto ancora sperimentando con nuovi motivi e soggetti, però l’ambito a cui rimango sempre legata è quello dell’arte figurativa”.

Mandy Maung

Quindi, ora sei un’artista a tempo pieno…

“Proprio così, anche se non è per niente facile. In Malaysia, i murali, che normalmente dipingo su commissione, rappresentano il mio reddito maggiore. È un lavoro che amo molto. Credo porti diverse sfide. Dall’altro lato, ti permette di passare del tempo all’aperto invece che nello studio. E poi ti dà l’opportunità di promuovere le tue opere in spazi pubblici, gratuitamente. In più, vieni pagato per farlo”.

In quali posti hai realizzato dei murali?

“Di solito dipingo nel Penang, su commissione. Ho realizzato anche un murale a Londra che, però, è stato cancellato poco tempo dopo. Ciononostante, è stata una delle mie esperienze più belle”.

“Leila”, un quadro realizzato con una combinazione di tecniche diverse

Hai già avuto una mostra personale nel Penang?

“Sì, la mia prima esposizione è stata allestita nel 2016 presso il G-Hotel a George Town, nel Penang. Era incentrata sull’emancipazione femminile. La Malaysia ha una complessa popolazione multirazziale, in cui dominano tre gruppi etnici – malesi, cinesi e indiani – con altre etnie minoritarie, che possiedono dunque culture diverse. La libertà d’espressione nelle arti è limitata, soprattutto per quanto riguarda il nudo e, in particolare, il nudo femminile. Mi piace stimolare la percezione del pubblico con i miei lavori e perciò ho realizzato, traducendo in essi la mia stessa energia, una serie di ritratti femminili, con una certa dose di nudità, seppur discreta. Non ho venduto nessun dipinto, ma è stata un’ottima esperienza perché sono riuscita a stabilire dei legami con la comunità artistica locale”.

Come si è sviluppata poi la tua carriera? Al momento stai preparando un’esposizione?

“Dopo il primo progetto individuale, ho lavorato a una mostra di dimensioni più piccole, intitolata “SELF-ISH”, che è stata inaugurata nel 2019 presso la galleria Open Studios Penang. È una serie di autoritratti incentrata sull’esplorazione del sé e sulla sperimentazione con idee e tecniche varie. La mia terza mostra sarà completamente diversa dalle prime due e non includerà nessun ritratto. Sarà intitolata “Orikata Tales” (Storie di Orikata) e verrà allestita a marzo del 2022 nel Penang. Si tratta di una esposizione dedicata al batik malesiano. Il batik è una forma d’arte comune a tutti i malesiani indipendentemente dallo status economico-sociale e dall’etnia. Simboleggia l’unicità data dal melting pot di culture, a cui corrispondono anche le mie stesse origini birmano-cinesi. La parola ‘kata’ viene universalmente usata nell’inglese, nel giapponese e nel malese. Unendo ‘ori’ e ‘kata’, ho cercato di racchiudere ed evidenziare l’unione delle varie eredità culturali. Ciò che amo del batik malesiano è l’abbondanza di colori, che molto spesso è una caratteristica anche dei miei lavori. L’anno scorso, prima dell’inizio della pandemia, ho cominciato a lavorare sulla serie di dipinti che verranno esposti nella mostra. L’idea è nata dopo aver visto su YouTube un video sull’origami; dunque, ho iniziato a piegare dei tessuti applicando questa tecnica. Una cosa ha tirato l’altra e ben presto mi sono resa conto che avrei potuto realizzare una serie di lavori da esporre”.

Uno dei quadri della serie “Orikata Tales”

Spiegaci il modo in cui realizzi i dipinti che confluiranno in «Orikata Tales».

“Innanzitutto creo delle sculture di animali con vari metodi di piega, utilizzando tessuto di batik che precedentemente ho riempito di altri tessuti. Si tratta sempre di animali di forma riconoscibile, come il coniglio o la giraffa. Fotografo il ‘soggetto’ ricavato e, dopo aver scelto la foto che mi piace, la uso come riferimento. Quando dipingo, ho sempre bisogno di un’immagine di riferimento ed è per questo che è necessaria tutta questa preparazione. È un processo piuttosto lungo e comprende tanti tentativi ed errori poiché prima bisogna scegliere il giusto stile di batik, poi tagliarlo e cucirlo”.

Di quali dimensioni sono i quadri della serie?

“Il più piccolo è di 30 cm per 30 cm, mentre quello più grande è di 182,88 cm per 121,92 cm”.

Quanto tempo impieghi, in media, per un dipinto di questo tipo?

“Di solito ci vuole circa un mese per realizzarne uno di dimensioni medie, a causa della lunga preparazione che ciascuno di essi prevede. Quando torno nel Penang completerò l’ultimo della serie, per cui fortunatamente la parte più difficile è terminata”.

”Prime time”, tecnica mista su tela

Oltre ad «Orikata Tales» stai lavorando ad altri progetti?

“Sì, sto completando un lavoro per una mostra collettiva che verrà aperta a febbraio dell’anno prossimo nel Penang. Si tratta di un dittico composto da due quadri a olio connessi. È uno dei motivi per cui devo tornare in Malaysia a gennaio. Però pianifico di trasferirmi a Fiume a maggio dell’anno prossimo”.

Quindi, Fiume ti piace…

“Sì, qui mi trovo bene. La cultura qui è molto diversa da quella malesiana. È una nuova città, una nuova lingua, ma sto imparando e mi sto adattando! Fiume la vedo come una città molto in gamba. Sto ancora cercando di acquisire familiarità con la scena artistica fiumana e quella croata in generale. Mi piacerebbe molto conoscere la comunità artistica locale e spero di poter prendervi parte, specialmente l’anno prossimo quando mi stabilisco qui”.

Hai dipinto durante il tuo soggiorno fiumano?

“Sì, al momento sto completando un quadro che ritrae una scena di mare come una sorta di collage ispirato alla mia esperienza dell’estate in Croazia. È anche il mio primo lavoro con più di una persona come soggetto e verrà esposto nel Penang. Nel quadro ho cercato di raccontare l’estate croata in modo da poterla tramandare al pubblico del mio Paese”.

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