La storia degli italiani delle nostre terre

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La storia degli italiani delle nostre terre

Il Giorno del ricordo è una solennità civile nazionale italiana, istituita nel 2004 e celebrata il 10 febbraio di ogni anno, che ricorda i massacri delle foibe e l’esodo giuliano-dalmata. Il Giorno del ricordo è un’occasione importante per conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre di istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale. In un bellissimo video del Consiglio della minoranza nazionale italiana autoctona della Regione istriana e Mosaico istriano, pensato come un dialogo tra il giornalista Valmer Cusma e Gianclaudio Pellizzer, presidente del Consiglio, intercalato da brani di opere letterarie di scrittori e poeti della CNI, è stata ripercorsa la storia degli italiani delle nostre terre, con tutti i suoi alti e bassi e le sfide affrontate e superate, nonché quelle che ancora ci aspettano.

Mosaico istriano

Il video dell’incontro è iniziato con le note di Piero Soffici e le immagini di repertorio del gruppo Mitteleuropa ensémble e già in apertura Valmer Cusma ha espresso il desiderio di affrontare la questione storica a mente aperta pensando al futuro, ma senza dimenticare il passato.
“Il nostro auspicio è che anche la Regione istriana organizzi in maniera annuale questa ricorrenza per non dimenticare gli italiani e gli altri istriani che se ne andarono da queste terre – ha dichiarato -. La celebrazione rientra nel programma organizzato dalla piattaforma multimediale Mosaico istriano e quest’anno si è tenuta in remoto per ovvi motivi e si è concentrata sulla storia della CNI in Istria e a Fiume”. Gianclaudio Pellizzer si è ricollegato al discorso ricordando gli splendidi interventi dell’anno scorso a Dignano, di cui quelli più interessanti sono stati il discorso dell’onorevole Furio Radin sui fatti dopo la Seconda guerra mondiale e quello dell’allora presidente della Federesuli, Antonio Ballarin. Tra i tanti personaggi storici che hanno lasciato un’impronta profonda e indelebile nella storia della nostra comunità nazionale c’è anche Antonio Pellizzer, ha puntualizzato Cusma, dirigente sempre in prima linea per la causa della CNI per la salvaguardia della lingua e cultura italiana, nonché padre di Gianclaudio Pellizzer.

L’esodo come collante letterario

Il primo brano letto da Gianclaudio Pellizzer e scritto da suo padre riguarda la storia della produzione letteraria della CNI ed è intitolato: “L’esodo, collante letterario, chiavi di lettura della produzione letteraria degli italiani dell’Istria e di Fiume”, in cui gli italiani rimasti tagliati fuori dalla Madrepatria vengono paragonati ad un moncherino sul quale sono state effettuate azioni di pulizia etnica. Il pesante fardello dell’esodo, che tutti i letterati della CNI, volenti o nolenti, traspongono nelle loro opere, rapportandosi con una realtà che è in continuo mutamento e spesso e volentieri pregiudica, accusa e discrimina. L’attività letteraria dei rimasti, di coloro che non hanno abbandonato le loro terre d’origine, è dunque importante non soltanto per ricordare, ma anche per guardare al futuro e ritrovare un senso di unità, che forse spesso perdiamo.

Le quattro fasi

Antonio Pellizzer ha proposto quattro fasi storiche rilevanti per la CNI, di cui la prima sarebbe quella dal 1945 al 1964 e si conclude con l’instaurazione dei primi rapporti con l’Italia e con l’UPT, la seconda è quella dal 1946 al 1971 e si conclude con il rigurgito del nazionalismo croato e la primavera croata, mentre la terza fase va dal 1988 al 2000. Nel dibattito è stato, poi, citato un verso di Alessandro Salvi in cui dice “Poesia è tutto, meno quello che scrivi” e che potrebbe segnare l’inizio della quarta fase, che va dal 2000 ad oggi ed è pregna di rilevanti momenti nella politica internazionale, con profondi sconvolgimenti anche nella CNI.

Partire è un po’ morire

Pellizzer e Cusma hanno ripercorso a grandi linee le ondate dell’esodo, prima strisciante, poi sempre più palese. Il secondo dopoguerra, soprattutto in seguito alla Strage di Vergarolla, è stato un periodo di soprusi, carcere e bastonature, che sono risultati con le opzioni del ‘51 e del ‘53, che hanno svuotato le scuole e le fabbriche.
Per ricordare le esperienze vissute in prima persona da coloro che se ne andavano e quelli che rimanevano, sono stati letti alcuni brani da “Una valigia di cartone” di Nelida Milani, “Lettera alla madre” di Umberto Matteoni e alcuni versi di Giusto Curto.
Calmatesi almeno apparentemente le acque, nacquero la convinzione e la volontà che la vita va vissuta nel rispetto della propria dignità e della propria coscienza. Di questo sentimento si nutre la prima generazione di letterati, la generazione di quello che è stato definito il neorealismo di Mario Schiavato, Lucifero Martini, Giacomo Scotti, Mario Cocchietto, Egidio Milinovich, ed altri ancora. A dare una voce chiara e potente agli italiani è stata pure la nuova casa cinematografica italiana “Istria film”, che nel 1972 produce il film di Florestano Vancini, “Bronte: cronaca di un massacro che i libri di storia non hanno raccontato”. La cultura italiana, seppur ancora isolata dalla Madrepatria e chiusa ermeticamente in sé, ottiene una voce, un suono chiaro e cristallino che parla a tutti gli italiani per raccontare la loro storia, con grande coraggio e determinazione.

Dare voce a una nuova realtà

Nel 1967 è nato il Circolo dei poeti, dei letterati e degli artisti, che abbatte i tabù dell’esodo e delle foibe, mentre l’anno dopo viene istituito il concorso “Istria Nobilissima”, che mette in luce una nuova generazione di poeti e scrittori, tra cui Ugo Vesselizza, Lidia Delton, Maurizio Tremul, Romano Farina, Nelida Milani, Laura Marchig e tanti altri ancora. In conclusione dell’interessante percorso storico, Rosanna Bubola ha letto uno spezzone del suo racconto “1984”, che parla di una gita in Friuli all’età di nove anni e della scoperta del concetto di “rimasti”.
Gli altri brani, tra cui “L’erba non è ancora verde” di Lucifero Martini, “Foiba” e “Istria” di Fulvio Šuran e “L’urlo” di Umberto Matteoni sono stati letti da Marina Paoletić. Alessandro Salvi ha proposto alcuni versi dal “Santuario del transitorio”.

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