Ripubblicata dall’Arcipelago Itaca nel 2023, è stata presentata l’altra sera all’estivo di Palazzo Bradamante a Dignano, la raccolta di poesie “La peicia” di Loredana Bogliun, che usciva dalle stampe nel 1996. Un volume, che è in realtà un progetto culturale. Un progetto, perché come ha anticipato la poetessa a inizio serata, l’ha accompagnata attraverso anni e ha visto coinvolti molti collaboratori, traduttori e critici. Culturale perché multilingue: i testi in istroromanzo sono seguiti dalla versione in lingua italiana e dalle rispettive traduzioni in dialetto ciacavo giminese, lingua croata o lingua slovena.
A presentare il volume, accanto a Bogliun, che ha recitato in istrioto, Manuela Geissa, la quale ha letto parti del saggio di Nelida Milani Kruljac su “La peicia” (uscito sull’ultimo numero de “La Battana”) e Livio Belci, che ha recitato in italiano standard. “Loredana non ha mai parlato il dignanese, lo ha appreso ascoltando gli anziani, la nonna, forse la mamma, gli zii, ce l’ha nell’orecchio e nel cuore”, ha spiegato Geissa. Perché usarlo in poesia? “Per lei l’istrioto è una sorta di super-italiano, linguaggio sorgivo, più forte, più incisivo e più vicino alla terra e agli uomini, è insieme verbo e terra, capace di tarpare le ali ad ogni retorica”.
E ancora dal saggio di Milani Kruljac: “La poetessa ha bisogno di andare all’essenza costitutiva della realtà, ma ignora le tematiche locali e bozzettistico-folcloriche, usa l’istrioto come lingua d’arte per nominare realtà elevate, sentimenti alti, lo usa come linguaggio universale del sogno declinato alle esigenze della poesia, obbligandolo a confrontarsi con l’indefinito e la meraviglia. Forse c’è pure la spinta etica di costruire con l’antica parlata una ‘contro storia’ per la vicinanza affettiva con una cultura contadina in via di annientamento: ‘È giusto che questo mondo/tenga ancora animali nella stalla’”.
Attraverso le poesie, spiega ancora la critica, “la poetessa affonda mente e cuore in ciò che è sacro. Sacra è la famiglia, sacra è tutta la natura come paesaggio dell’anima, sacro è il vestitino di merletti, sacro è prendersi cura della pupa, sacro è l’animale che con il fiato scalda la mangiatoia, sacra è la bora che fa respirare l’Istria, sacro è il rotolare dei carri lungo le siepi che serrano le vigne…”. Ad arricchire la serata Massimo Piccinelli al pianoforte. Un grazie a fine evento da parte del presidente del sodalizio dignanese, Maurizio Piccinelli, e di Loredana Bogliun: “La poesia è un dono, un dono per chi la scrive e per chi la riceve”.
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