La poesia come cura del mondo e dell’anima

Il gruppo «La pergola della poesia» si è riunito a Castel Bembo, sede della CI di Valle, proponendo una serata dedicata a versi toccanti, profondi ma anche scherzosi in istrioto e istroveneto

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La poesia come cura del mondo e dell’anima
I poeti che hanno partecipato alla serata. Foto: Roberta Ugrin

Con l’intento di “promuovere la poesia quale veicolo di libertà di pensiero, di trasmissione di sensibilità e di valori esistenziali”, presso la suggestiva sede di Castel Bembo a Valle, il gruppo “La pergola della poesia”, ha proposto una serata dedicata a versi toccanti, profondi ma anche scherzosi, dal titolo “La poesia come cura di sé e del mondo”. La serata è stata realizzata in collaborazione con la Comunità degli Italiani di Valle e con il sostegno finanziario dell’Unione Italiana.

A fare gli onori di casa è stato il presidente del sodalizio, Fabrizio Fioretti, il quale si è complimentato con i poeti che si distinguono per il loro impegno e la grande cura dimostrata nel mantenimento vivo dei dialetti dignanese, gallesanese, rovignese e vallese.

Promuovere la produzione locale
Romina Floris, nelle vesti di moderatrice della serata poetica, ha spiegato al folto pubblico accorso che il gruppo “La pergola della poesia” composto da Gaetano Benčić, Loredana Bogliun, Laura Marchig e Mauro Sambi, è nato nell’ottobre 2021, simbolicamente sotto la pergola di Nelida Milani in seguito a un colloquio sulla poesia. Allora il gruppo decise di riunirsi e proporre la lettura di poesie come momento conviviale per assaporare la bellezza dei versi, ma anche per confrontarsi e discutere di questa forma letteraria. “Il proposito del quartetto è anche quello di promuovere la produzione poetica di altri autori connazionali, di poeti italiani e di poeti tradotti in lingua italiana, dando visibilità alla presenza della cultura italiana autoctona del territorio istro-quarnerino: una poesia itinerante con lo scopo di stabilire un rapporto diretto con il pubblico delle nostre Comunità degli Italiani”, ha detto Romina Floris introducendo i giovanissimi talentuosi ospiti della serata in Comunità. Eric Paretić, Eni Palaziol e Hana Piutti, preparati dalle insegnanti Romana Paretić e Ines Piutti, si sono esibiti rispettivamente con un pensiero scritto sul plurilinguismo e con una simpaticissima interpretazione della poesia “Valexa mi sen”.

Tradizione rovignese e dignanese
È stato poi il momento del primo intervento poetico a cura dell’artista poliedrico rovignese, Riccardo Bosazzi, che per l’occasione ha recitato alcuni versi molto emotivi scritti da Libero Benussi che rievocano il mare, i canti popolari della tradizione rovignese, persone che non sono più tra noi e un sentimento di nostalgia di tempi remoti.
L’evento è proseguito con l’intervento della poetessa Loredana Bogliun che ha proposto alcuni versi nella parlata arcaica dignanese che parlano di ricordi passati e ritraggono la sua terra di provenienza in modo schietto, riuscendo a offrire un’immagine reale e ben palpabile del paesaggio istriano che lei descrive “solitario e silenzioso” e le cui immagini diventano vive nella mente degli ascoltatori.

Passione per il gallesanese e il vallese
A esordire con una poesia scritta all’età di soli 15 anni, è stato Lino Capolicchio, poeta-agricoltore che coltiva la passione per la poesia con la stessa dedizione che la terra richiede, incantando ulteriormente il pubblico con riflessioni poetiche nel suo dialetto gallesanese che descrivono il microcosmo della vita nella campagna istriana, le tradizioni, l’amore sincero e un profondo senso di gratitudine nei confronti della vita stessa.
Romina Floris, una delle più rinomate scrittrici dialettali del nostro territorio, ha fatto rivivere attraverso la lettura dei versi delle sue poesie, tutto quello che c’è di profondo e genuino nel suo paese natìo, Valle, emozionando il pubblico. “Coltivo la mia passione per il vallese e le tradizioni che una parlata così antica porta con sé, oltre alla consapevolezza della mia identità e il senso di appartenenza a questa terra dai confini mutevoli”, ha detto Floris.

Storie personali e di famiglia
Lo storico Gaetano Benčić, profondo conoscitore dell’archeologia, di usi, costumi e tradizioni dell’Istra, attraverso il suo intervento poetico ha ribadito che la poesia serve a curare il mondo ponendoci di fronte a grandi interrogativi personali che a volte sfociano in ricordi e pensieri legati al ciclo della nascita e della morte. Non sono però mancate riflessioni dai toni più vivaci e scherzosi che hanno fatto sorridere di cuore tutti i presenti.
L’artista poliedrica nonché attrice Laura Marchig, ha deliziato i presenti con alcuni versi letti per la prima volta di fronte ad un pubblico, che raccontano degli istinti primordiali e di spezzoni di vita delle nostre genti, interpretandoli con grande enfasi. L’artista ha proposto pure alcune letture dal “Schmarrn”, un ricettario che va alla ricerca del nostro essere con prose e poesie che si strutturano come un romanzo che racconta una storia di famiglia che tramanda la nostra cultura, le nostre usanze e i nostri ricettari.

Canzoni in dialetto
Infine, il professor Mauro Sambi, polese residente da anni a Padova, ha letto alcuni versi che mettono in rilievo il suo vissuto tramite il quale esplora il convivere interiore di due territori e un’identità che soffre l’inesorabilità del tempo che passa. Toccanti i versi dedicati alla memoria del padre che non c’è più, in netta contrapposizione con i versi dedicati al 13esimo compleanno del figlio.
A dare un touch autentico alla serata è stata la voce di Daniele Ferro, cantante e compositore dignanese, che si è esibito con due canzoni in dialetto, una delle quali scritta dalla nonna Ondina Ferro. Dopo la performance, che ha visibilmente allietato il pubblico, l’evento “La poesia come cura di sé e del mondo”, si è concluso con un rinfresco nell’accogliente salone di Castel Bembo, trascorso tra amici e appassionati della poesia che si sono goduti una piacevole serata di febbraio.

L’esibizione di Daniele Ferro.
Foto: Roberta Ugrin

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