
A vent’anni esatti dal suo lungometraggio d’esordio presentato nella sezione parallela della Quinzaine des Cinéastes, Antony Cordier si riprende il Théâtre Croisette con il suo nuovo film “Classe moyenne”, un’esilarante commedia sui pregiudizi e sui privilegi di classe. Dopo aver esplorato prima gli intricati rapporti adolescenziali (“Douches froides”), poi il confine sottile tra l’amore e il sesso (“Happy few”) e da ultimo le complesse dinamiche del matrimonio (“Gaspard va au mariage”), durante il Festival di Cannes 2025 è la satira sulle relazioni sociali ad animare il climax ascendente, incalzante e indomabile dell’eclettico regista francese.
Quali sensazioni ha provato nel tornare alla Quinzaine des Cinéastes dopo vent’anni?
“Sia con ‘Douches froides’, il mio lungometraggio d’esordio, che con ‘Classe moyenne’, il mio nuovo film, è stata una meravigliosa sorpresa e una grande gioia per me e per tutti coloro che hanno lavorato così duramente alle mie pellicole. Quest’anno, grazie all’esperienza che ho maturato in passato, ho cercato di sfruttare al massimo questa opportunità perché sono consapevole che non è detto che possano esserci altre occasioni in futuro. È stato fantastico trascorrere quasi due settimane circondato da film meravigliosi, mi sento davvero fortunato a fare questo lavoro. Ogni singolo giorno è stato emozionante, a cominciare da quello in cui ho presentato il mio nuovo film al pubblico”.
Qual è il messaggio di “Classe moyenne”?
“In realtà ce ne sono diversi. Ho cercato di porre una serie di domande agli spettatori. Siamo disposti a rinunciare ai nostri valori e alla nostra dignità per il denaro? Un disertore di classe appartiene a due mondi diversi oppure a nessuno di essi? Ma, prima di tutto, ci tengo a sottolineare che questo film non ha un vero protagonista ma segue il percorso di una serie di personaggi che vogliono cambiare la loro vita: i poveri vogliono diventare ricchi, i ricchi vogliono dimostrare di meritare la loro ricchezza, i bambini vogliono cambiare il loro nome, e così via. Ognuno di loro è alla ricerca del proprio posto nel mondo”.
Nel 2006 “Douches froides” è stato premiato al Festival “Schermi d’amore” di Verona: cosa ricorda di quell’esperienza?
“Mentre stavo facendo shopping a Parigi ho ricevuto una telefonata in cui mi chiedevano se potessi mettermi subito in viaggio perché avevo vinto un premio in Italia. Qualche ora dopo ero già a Verona con mia moglie, è stato meraviglioso. ‘Douches froides’ è un film che attribuisce un significato erotico alle relazioni di classe. Le relazioni sentimentali e gli impulsi sessuali sono aspetti fondamentali che delineano i personaggi di tutti i miei film. Sono felice che gli italiani abbiano apprezzato il mio cinema e ho trovato molto interessante l’idea di organizzare un festival cinematografico sull’amore”.
Dall’adolescenza fino ad arrivare al matrimonio, nei suoi lavori precedenti ricorre di frequente il tema della confusione dei sentimenti: come mai ha scelto questo filo conduttore?
“Tutti i miei film precedenti scaturiscono da esperienze che ho vissuto in prima persona e che ho cercato di riproporre in chiave romanzata. I primi due, ovvero ‘Douches froides’ e ‘Happy few’, sono abbastanza realistici, mentre nell’ultimo ho cambiato stile. ‘Gaspard va au mariage’, infatti, è un film onirico, una sorta di fiaba”.
Come si pone “Classe moyenne” all’interno di questo percorso artistico?
“Se i miei primi tre lungometraggi sono accomunati da una visione piuttosto tenera dei personaggi, ‘Classe moyenne’ è pervaso da una certa dose di malizia. Non poteva essere altrimenti dal momento che quest’ultimo vuole fare satira sociale sui pregiudizi e sui privilegi di classe”.
Nel 2010 “Happy few” è stato presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia: cosa si prova a essere in lizza per il Leone d’oro?
“Potrei raccontare mille aneddoti ma il ricordo più bello riguarda Quentin Tarantino, che in qualità di presidente della giuria era seduto accanto a me in sala durante la proiezione. A ogni battuta del film scoppiava a ridere in maniera fragorosa, contagiando tutto il pubblico con il suo senso dell’umorismo. È stato il miglior spettatore che potessi avere e grazie a lui ho imparato che nel cinema ciò che conta di più è divertirsi”.
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