La memoria è sacra, alla pari di ciò che compare nel mondo quale realtà

28º Salone del libro in Istria: tavola rotonda dedicata a Pier Paolo Pasolini nel centenario della sua nascita

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La memoria è sacra, alla pari di ciò che compare nel mondo quale realtà
Tatjana Peruško, Marco Antonio Bazzocchi, Erika Koporčić, Davide Toffolo e Valter Milovan. Foto: ARLETTA FONIO GRUBIŠA

Tagliente critico del conformismo e della società dei consumi, della dittatura di mercato dell’industrializzazione travolgente rea di avere compiuto la mutazione antropologica dell’uomo, “Pier Paolo Pasolini è uno di quegli intellettuali che può rientrare a buon titolo nella categoria degli autori perennemente inattuali proprio in virtù della loro costante, disperata e terribile attualità” scrive così tra articoli e preziosi approfondimenti in occasione del centenario dalla sua nascita (Bologna, 5 marzo 1922), il portale di Frammenti Rivista. E se tutta Italia sta riscoprendo alla grande il romanziere, poeta, regista, sceneggiatore, linguista, traduttore, saggista e pittore, l’altra sera il Salone del libro in Istria, nel suo piccolo, si è aggregato con tutto rispetto alle celebrazioni, nell’ambito di una tavola rotonda d’altissimo livello intellettuale.

Una figura controversa
Chi c’è stato – un pubblico davvero numeroso nel salone della Casa dei Difensori croati a Pola – ha avuto il privilegio di ascoltare dal vivo gli odierni più quotati studiosi, critici e interpreti della multiforme opera artistica di uno dei maggiori intellettuali italiani del Novecento, figura a tratti controversa, che suscitò spesso forti polemiche e accesi dibattiti per la radicalità dei suoi giudizi e per il discusso rapporto con la propria omosessualità.
La voce in capitolo alla Rassegna del libro è stata sicuramente quella del saggista e prof. del Dipartimento di Filologia classica e Italianistica dell’Alma Mater studiorum di Bologna, Marco Antonio Bazzocchi, assistito a ruota da Davide Toffolo, fumettista, cantautore e chitarrista italiano. Se il primo ha portato con sé le sue opere di grande pregio (“Alfabeto Pasolini”, “Cento anni di letteratura italiana”, “Pier Paolo Pasolini sotto gli occhi del mondo”, “Pier Paolo Pasolini folgorazioni figurative”, “Pasolini, Foucault e l’esercizio della verità”), il secondo si è offerto con la sua “Intervista a Pasolini”, un viaggio fumettistico davvero sui generis attraverso una comunicazione fantastica condotta per recuperare il pensiero di un intellettuale che ha messo a disposizione della poesia la sua intera esistenza.

Linguaggio e identità
A moderare la tavola rotonda con sapienza ci ha pensato la docente alla Facoltà di Lettere e Filosofia di Zagabria, Tatjana Peruško, mediante interventi dell’interprete Erika Koporčić, mentre attenzione particolare è stata concessa a Valter Milovan, docente della Facoltà di Lettere e Filosofia di Pola, che con la sua opera di dottorato e di traduzione ha avvicinato la produzione letteraria di Pasolini al pubblico croato.
Perché leggere oggi Pasolini? È la domanda principe posta fin da principio, per poi trovare in risposta un’infinità di ragioni. Al quale era la verità della quale Pasolini andava alla ricerca è arrivata la spiegazione oltremodo tosta di Bazzocchi, valida persino per capire, anche se in piccola misura, il connaturato bisogno di recupero di memorie e identità cui va alla ricerca la Comunità Nazionale Italiana del nostro territorio: “Direi – così lo studioso – che al centro della sua opera ci sono degli elementi fondamentali: l’amore per la realtà che ha in sé qualcosa di vero, di arcaico, di originario, che si contrappone a tutto ciò che è falsificato dalla prospettiva della borghesia, cioè della classe sociale che secondo Pasolini domina in Italia, in Europa e nel mondo, almeno dalla fine degli anni ‘50. Questa è la ragione per cui Pasolini ha sperimentato l’uso di più linguaggi: il dialetto friuliano, il romanzesco, i linguaggi della tradizione della lingua italiana a lui più vicina. Per lui era importante fare emergere qualcosa che si salvasse dal processo di trasformazione a cui il mondo era inevitabilmente destinato ad essere sottoposto. Egli, che lotta continuamente contro la metamorfosi che non tiene conto del passato, sostiene che non possiamo trasformarci senza pensare a quello che c’è dietro di noi, dietro alla memoria di tutto ciò da cui proveniamo, la memoria delle nostre origini, quella più lontana”.

Fondamentale lottare per la verità
Come sottolineato, Pasolini diceva che la memoria è sacra, alla pari di ciò che compare nel mondo quale realtà. E veniamo all’aspetto che più suscita sconcerto e turbamento con il rischio di rigettare l’arte provocatoria. Secondo Marco Antonio Bazzocchi, l’ultimo terreno in cui esiste il sacro per Pasolini è il nostro corpo. “Pasolini ha capito – e questa è la ragione per cui ha urlato la verità – che non eravamo più liberi di usare il nostro corpo e la nostra sessualità, perché ci sono dei poteri sopra di noi che ci hanno indotto a cambiare i comportamenti. Questo egli lo chiama omologazione o mutazione antropologica. Quindi, la ricerca della verità è voler dire la verità, per avvertirci che stiamo tutti diventando uguali. Non riconosciamo più la diversità, mentre tutta l’opera di Pasolini è un tentativo di difendere tutte le forme di diversità possibili: fisica, intellettuale, psicologica, antropologica e storica. Questa è la sua lotta per la verità”.

La produzione di massa
Pasolini e cinematografia, due aspetti indivisibili, sono stati oggetto di ragionamento per capire quanto il medesimo non crea racconti con il film quale linguaggio della verità per eccellenza, ma misteri che non cercano risposte esatte e con cui l’uomo deve sapersi misurare mettendosi un una posizione di ascolto. Da un cinema mitologico (Teorema, Edipo re, Medea ecc.) a una produzione sempre più pesante e provocatoria. Voleva che il film non diventasse merce di largo consumo? “Pasolini – così Bazzocchi – aveva il terrore che le opere d’arte potessero essere oggetti da consumo come la merce. Egli aveva esattamente prefigurato che saremmo diventanti consumatori di tutto: di oggetti, di sentimenti, di rapporti e anche di opere d’arte. Purtroppo, credo ormai che il 95 p.c. delle opere d’arte prodotte oggi, siano fatte per essere consumate da grandi gruppi di pubblico”.
Molto accattivante anche l’invito alla lettura dell’Intervista di Davide Toffolo, rivolta soprattutto agli allievi e studenti, allo scopo di comprendere meglio il poeta-regista, simbolo d’impegno intellettuale mai visto prima attraverso questa sorta di diario disegnato. È un modo inedito per affrontare una parte del pensiero del Novecento con un linguaggio, il fumetto, che più di altri rappresenta il secolo appena passato e che, da quanto appreso, riporta e riproduce intere citazioni e disegni realizzati dallo stesso “inquietante e anomalo intellettuale, dall’azione artistica intensa e poeticamente molto potente”.

Versi originali e in ciacavo
Tanto ascolto attraverso la serata letteraria è stato riservato anche a Valter Milovan, autore del dottorato di ricerca su Pasolini, nonché traduttore dei suoi versi friulani. Come mai questa scelta? “Avrei voluto occuparmi della poesia contemporanea di Ungaretti, ma mi è stato, invece, consigliato Pasolini, sulla cui opera dalle mille sfaccettature resta ancora tantissimo da dire perché non è mai stata esaurita”. Dulcis in fundo la lettura “Il dì da la me muàrt” (Il giorno della mia morte) in versione originale friulana e in quella egregiamente tradotta in ciacavo che ha chiuso la serata trasmettendo la potenza di chi ha lasciato in eredità la sua immagine e la sua opera nella coscienza degli uomini. Il programma del Salone del libro prosegue oggi con una serie di appuntamenti tra i quali citiamo la presentazione del volume “Città sommersa” di Marta Barone (ore 18), con la partecipazione dell’autrice stessa e di Tatjana Peruško. Alle ore 20, sempre nell’ambito di Storie italiane, si terrà la performance “Pasolini: concerto disegnato” presentata da “Tre allegri ragazzi morti”.

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