La magia pucciniana offerta con ammaliante leggerezza

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La magia pucciniana offerta con ammaliante leggerezza

ABBAZIA | Gustosissimo e applaudito evento musicale martedì pomeriggio nella bella sala della Comunità degli Italiani della Perla del Quarnero, dedicato ai centossessant’anni della morte di Giacomo Puccini e in particolare alle donne pucciniane e al loro ruolo nella vita, come pure nell’intramontabile produzione lirica del Maestro. Protagonisti brillanti dell’evento musicale, che ha preceduto la solenne cerimonia di conferimento dell’Ordine della Stella d’Italia nella classe di Ufficiale al presidente onorario della Comunità degli Italiani di Abbazia Pietro Varljen (della quale abbiamo gić riferito ieri), sono stati Massimo Favento (violoncello), Corrado Gulin (pianoforte) e in questo caso dall’eccellente artista, soprano e attrice toscana Cristina Ferri, che vanno a comporre la formazione “Lumen Harmonicum” di Trieste.

È stato certamente un omaggio musical-drammatico originale e accattivante, un itinerario tra “Arie e Fantasie operistiche” in cui si sono intercalate alcune delle più celebri arie delle eroine puccinane alla narrazione di alcuni stralci di vita privata del Maestro e di riflessioni sull’eterno femminino affidato a Dora Manfredi – interpretata da Cristiana Ferri –, giovanissima cameriera in casa Puccini, a Torre del Lago, per la quale il Maestro aveva un affetto particolare, siccome l’aveva conosciuta fin da piccola ed era a conoscenza del suo stato di povertà. La giovane, affezionata a Puccini, ebbe occasione in qualche modo di seguirlo nel suo non facile percorso creativo. Accusata da Elvira, la gelosissima moglie del compositore, di essere l’amante dei Puccini, si suicidò ingoiando del veleno.

Coinvolgente Cristina Ferri

Artista di grande sensibilità e comunicatrice spontanea e affascinante, Cristina Ferri ha conquistato il pubblico sia con le sue doti di cantante e attrice che con la sua capacità ammaliante di interagire e coinvolgere il pubblico, con esiti molto simpatici e divertenti. La cantante ha dato vita alle più celebri eroine pucciniane, interpretando le bellissime arie con un’ampia e diversificata gamma espressiva e vivissima musicalità, che si è riflessa in modo particole nel libero e morbido fraseggiare. Dalla furba e innamorata Lauretta – “O mio babbino caro” da “Gianni Schicchi” –, all’eroica piccola Liù della “Turandot”, alla tenera, tenace e tragica Madama Butterfly, per continuare con l’appassionata e audace Tosca, la trasgressiva e volubile Manon Lescaut, per concludere con la romantica Mimì. Il bis non poteva mancare con una mattatrice come Cristina Ferri, la quale ha concluso in bellezza interpretando l’aria della civettuola Musetta, “Quando men vo’…”. Ottimi Corrado Gulin e Massimo Favento nel loro importante contributo allo spettacolo.
Siamo convinti che questo tipo di spettacolo – firmato da Massimo Favento – rappresenti indubbiamente una formula vincente (a cui dare prosieguo) nell’avvicinare il vasto pubblico alla grande musica in maniera “leggera” e coinvolgente.

Puccini e il mondo rustico

Ma torniamo un momento alla casa di Torre del Lago. Puccini non amava la vita in città, appassionato com’era di caccia e avendo indole essenzialmente solitaria. Nel 1891 il Maestro si trasferì dunque a Torre del Lago (ora Torre del Lago Puccini, frazione di Viareggio). Ne amava il mondo rustico, la solitudine e lo considerava il posto ideale per coltivare la sua passione per la caccia e per gli incontri, anche goliardici, tra artisti. Ecco cosa scrive a proposito del suo rifugio: “Gaudio supremo, paradiso, eden, empireo, ‘turris eburnea’, ‘vas spirituale’, reggia… abitanti 120, 12 case. Paese tranquillo, con macchie splendide fino al mare, popolate di daini, cinghiali, lepri, conigli, fagiani, beccacce, merli, fringuelli e passere. Padule immenso. Tramonti lussuriosi e straordinari. Aria maccherona d’estate, splendida di primavera e di autunno. Vento dominante, di estate il maestrale, d’inverno il grecale o il libeccio. Oltre i 120 abitanti sopraddetti, i canali navigabili e le troglodite capanne di falasco, ci sono diverse folaghe, fischioni, tuffetti e mestoloni, certo più intelligenti degli abitanti, perché difficili ad accostarsi…”

«Torrelaghìte acuta»

Il Maestro la amava a tal punto da non riuscire a distaccarvisi per troppo tempo e affermare di essere “affetto da torrelaghìte acuta”. Un amore che i suoi familiari rispetteranno anche dopo la sua morte, seppellendolo nella cappella della villa. Qui furono composte, almeno in parte, tutte le sue opere di maggior successo, tranne Turandot. Puccini, l’ultimo dei grandi operisti italiani, influenzato sia dalla musica francese che da Wagner, in vita fu fortemente avversato dalla critica, in quanto ritenuto non in linea con le nuove tendenze musicali. Meno male. Puccini è Puccini e le sue incredibili melodie e il suo genio continuano a trionfare nei palcoscenici mondiali e a incantare il pubblico di tutte le latitudini. Il concerto è stato organizzato dalla Comunità degli Italiani di Abbazia, in collaborazione con l’UPT e il contributo della Regione Autonoma FVG.

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