La lingua in Rete è priva di un passato e di un futuro

Conferenza della prof.ssa Snježana Bralić alla Biblioteca civica di Spalato

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La lingua in Rete è priva di un passato e di un futuro
La relatrice Snježana Bralić. Foto: DAMIANO COSIMO D’AMBRA

Si è tenuta presso la Biblioteca civica “Marko Marulić” di Spalato, in occasione della 22.esima Settimana della lingua italiana nel mondo, una conferenza dedicata alla lingua italiana nell’era digitata. L’oratrice della conferenza “La lingua usata in Rete e la comunicazione giovanile”, la professoressa del Dipartimento di Italianistica della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Spalato, Snježana Bralić.

Norme e regole precise
Protagonista assoluta dell’evento la lingua italiana vestita in abito serale verde, bianco e rosso, presentata dalla prof.ssa Bralić nel tempo passato con i suoi cambiamenti e le sue evoluzioni del presente. La digitalizzazione della lingua italiana sui social network è vista dagli italofoni in modo piuttosto negativo perché l’italiano veniva usato correttamente con norme studiate e conosciute in cui tali norme erano usate per creare giuste e correte strutture linguistiche. Chi si occupa di linguistica, in particolare il sociolinguista, è affascinato dalla comunicazione in Rete perché racconta e rappresenta la vita e la storia delle persone immerse nel mondo delle manifestazioni linguistiche espresse su Facebook, Twitter o Instagram.

Lo sviluppo attraverso i secoli
Per arrivare al linguaggio dell’italiano presente nella conferenza è stato illustrato un panorama linguistico dell’italiano del passato partendo dall’Unità d’Italia in cui gli italofoni erano presenti in bassissima percentuale inclusa tra il 2,5 p.c. e il 10 p.c. sul territorio nazionale. Negli anni intorno al 1960 la lingua italiana, grazie all’ingresso dei mass media, in particolare della tv e a un programma famoso di alfabetizzazione intitolato “Non è mai troppo tardi”, condotto dall’indimenticabile maestro Alberto Manzi, si diffuse in grande percentuale tra la popolazione sul territorio nazionale. La lingua italiana è rimasta immutata nei secoli passati. Ciò lo dimostra la facile lettura dei testi antichi del Seicento o del Settecento da parte degli italiani. L’italiano cambia velocemente nell’arco degli ultimi sessanta anni. La lingua italiana si divide in due parti: quella imparata a scuola con le sue norme e regole e quella usata in strada dove il linguaggio verbale viene semplificato, i verbi sostituiti con altri tempi semplici e un uso di parole generiche. Negli anni Ottanta cresce un italiano non standard grazie a una nuova forma linguistica, definito da alcuni studiosi del campo, italiano neostandard, italiano dell’uso medio o italiano tendenziale. L’italiano diventa non solo la lingua della cultura e per i colti ma viene usato da tutti.

L’influsso dei media e gli anglicismi
L’italiano dei social network del presente ha subito cambiamenti troppo veloci; si è trasformato ed è stato definito con il termine di “E-taliano” un italiano né scritto né parlato ma appunto digitato. L’italiano usato nella scrittura nei secoli passati era in un contesto di alta formalità, ora nel mondo digitato la scrittura italiana naviga in un contesto informale in cui vi è una grande libertà ortografica e nei contenuti ed ha anche una vita lunghissima perché può essere ripetuta illimitatamente con l’uso dello screenshot. I linguaggi giovanili grazie anche a servizi non più a pagamenti proibitivi o costosi hanno favorito la nascita di uno stile neoitaliano digitato ricco di nuove tachigrafie, acronimi fusi all’inglese come ad esempio “lol” che ha creato il verbo “lollare”. Le abbreviazioni e le emozioni emoji sono ormai molto diffuse perché molto spesso supportano le parole del linguaggio digitalizzato. Il mondo dell’e-taliano viene arricchito con altre parole che appartengono a tecnicismi e pseudotecnicismi del mondo informatico. Nel linguaggio ci sono riferimenti a parole definite appartenenti ad anglicismi di lusso. Fortunatamente vi è un uso nel linguaggio digitato di parole o elementi appartenenti a dialetti tradizionali italiani, un po’ come un recupero della tradizione locale, orgoglio dell’identità dei territori italiani. Appaiono come meteore delle parole che hanno vita brevissima inventate per gioco dai giovani utenti nominate “hapax”. Molto diffuso l’uso dell’hastag simili ad antiche iscrizioni romane. L’uso delle parole maiuscole o minuscole non hanno grande importanza, la punteggiatura invece ha una potenzialità espressiva importante. L’universo di parole dell’E-taliano è nutrito anche da riferimenti di altri generi moderni.

Una forma carente
Il mondo digitato del linguaggio non usato correttamente può diventare pericoloso. Con il passar del tempo queste forme libere comunicative creano particelle impoverite nel linguaggio in cui le idee si basano su piattaforme di presappochismo di breve durata. Tutto ciò finirà nel dimenticatoio in un grande fiume artificiale e superficiale di un panta rei presto senza un valore postumo fondamentale per l’identità individuale nazionale ed universale appartenente ad un mondo culturale con solide fondamenta ben strutturate come quelle del passato.
Tra il pubblico che ha seguito la conferenza, molti giovani, studenti universitari e la presidente della “Dante Alighieri” di Spalato, Ivana Franceschi, organizzatore dell’evento culturale assieme all’Istituto Italiano di Cultura di Zagabria.

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