La letteratura dalmata italiana Il fascino delle origini

Il volume, curato da Giorgio Baroni e presentato all'IRCI di Trieste, è un contributo allo sviluppo della lingua del Belpaese grazie alla produzione dei grandi linguisti locali che vissero anche fuori da queste terre

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La letteratura dalmata italiana Il fascino delle origini
Donato Pirovano è intervenuto in collegamento da Milano. Foto: ROSSANA POLETTI

“È un risultato importante questa ‘Storia della letteratura dalmata italiana’, volume curato da Giorgio Baroni, per la coralità del lavoro svolto e perché mostra come la cultura italiana in Dalmazia rappresentò anche lo sviluppo della cultura europea, per i rapporti che instaurò con i vicini d’Oriente”, così ha esordito Franco Degrassi, presidente dell’IRCI alla presentazione ufficiale del libro tenutasi l’altra sera a Trieste. “Non si era mai scritta una storia letteraria di questo territorio, che ha dato un contributo allo sviluppo della lingua italiana attraverso i grandi linguisti di origine dalmata”.

Un appoggio morale
A presentare il lavoro è stato invitato Donato Pirovano, ordinario alla Statale di Milano, studioso dei primi secoli, di Dante e del suo tempo. Ha iniziato il discorso citando Iosif Brodskij, poeta russo, naturalizzato statunitense, che vinse il premio Nobel per la letteratura nel 1987 e che scrisse “Dall’Esilio” dando il senso della letteratura: “Poiché non sono molte le cose in cui riporre le nostre speranze di un mondo migliore, poiché tutto il resto sembra condannato a fallire in un modo o nell’altro, dobbiamo pur sempre ritenere che la letteratura sia l’unica forma di assicurazione morale di cui una società può disporre; che essa sia l’antidoto permanente alla legge della giungla; che essa offra l’argomento migliore contro qualsiasi soluzione di massa che agisca sugli uomini con la delicatezza di una ruspa. Se non altro perché la diversità umana è la materia prima della letteratura, oltre a costituirne la ragione d’essere. Dirò semplicemente che secondo me – non è una conclusione empirica, ahimè, ma solo teorica – per uno che ha letto molto Dickens, sparare su un proprio simile in nome di una qualche idea, è impresa un tantino più problematica che per uno che Dickens non l’ha letto mai. E parlo proprio di lettura di Dickens, Sterne, Stendhal, Dostoevskij, Flaubert, Balzac, Melville, Proust, Musil e via dicendo; cioè di letteratura, non di alfabetismo o di istruzione. Una persona che sa leggere e scrivere, una persona istruita può benissimo, dopo aver letto un libro o un libello politico, uccidere un suo simile e magari provare, nell’ucciderlo, un’esaltazione dottrinaria. Lenin era istruito, Stalin era istruito, e anche Hitler lo era; quanto a Mao Zedong, lui scriveva addirittura versi. Ma tutti avevano una cosa in comune: l’elenco delle loro vittime era infinitamente più lungo dell’elenco delle loro letture.” Da “Esilio” di Bettiza Pirovano riferisce di quella terra come di “una striscia di terra carsica… la Dalmazia ex jugoslava, ex austriaci… i suoi passaggi continui di mano, gli incroci di civiltà, occidentale per alcuni aspetti orientale per altri. L’ecceità incalzante nei secoli le ha conferito un notevole carattere cosmopolita e poliglotta”. Senza dimenticare il Tommaseo che affermò “questa terra destra all’Italia e sinistra alla Grecia, terra che unisce in sé gli opposti”.

Un’appartenenza di confine
“Il volume – ha ricordato lo studioso – è nato per la volontà di un inguaribile romantico come Giorgio Baroni, e punto importante di partenza è stato il convegno dell’IRCI nel 2015. Baroni ha pensato e ha risolto molti problemi, il primo è quello del canone, della tradizione con cui organizzare un tale lavoro e poi si è posto il problema dell’appartenenza: perché inserire Fortunio la cui nascita è incerta, mentre il Boscolo non c’è? Ci sono autori nati in Dalmazia, che poi hanno vissuto fuori da queste terre. Si tratta quindi di un’appartenenza che ha il fascino del confine. D’altronde la storia della letteratura italiana nacque in una terra di confine, alla scuola siciliana ovvero alla corte di Federico II; la Sicilia ha le caratteristiche della Dalmazia anche per i passaggi continui di dominatori. E poi il fascino delle origini, da chi è nata? e quando? Il legame con Venezia e l’Università di Bologna nei primi secoli, abbiamo testimonianze che emergono in alcune città dalmate, in biblioteche private, come quella del commerciante zaratino, Michele Di Pietro, nel cui inventario del 1385 si trova un esemplare della Divina Commedia di Dante. È l’evidenza dell’espansione di Dante, e di Petrarca, in queste terre. La storia della letteratura fotografa un’istantanea di un determinato tempo, abbraccia secoli, ma è anche l’inizio di nuove ricerche, rappresenta l’apertura di dialoghi per scoprire altre sorprese. Marco Marulo (Marko Marulić), nato a Spalato nel 1450, scrittore trilingue, possedeva il Trattatello in laude di Dante.

Studiosi e memorialisti
Nel ‘500 il sistema linguistico culturale dalmata raggiunse una maggiore vitalità, grazie ad una cresciuta circolazione di uomini. Il Fortunio e il suo lavoro fu fondamentale per la realizzazione del primo vocabolario italiano-croato. L’unica copia esistente consta di solo quattro carte ed è conservata presso la biblioteca statale di Monaco di Baviera; l’autore non è né italiano né croato bensì è l’ebreo spagnolo Pedro Lopez. Solo nel 1595 uscirà un nuovo vocabolario di 130 pagine e 5.411 parole, in latino, italiano, tedesco, ungherese e croato. Nel ‘600 nasce il romanzo con Gian Francesco Biondi, autore di una trilogia che forse meritava maggiore attenzione. Nel ‘700 poi troneggia la divertente figura di Stefano Zanovich, avventuriero zaratino, autore di avventure scandalose. Nell’’800 ci sono i grandi nomi e Foscolo aleggia su questa letteratura. Ci sono Nicolò Tommaseo, Abraham Mussafia, Serafino Minich e Antonio Lubin. Nel ‘900 emergono i contrasti, come in tanta parte d’Europa, con Mirko Deanović e Aldo Duro, con la poesia dialettale di Raffaele Ceccon, con una pattuglia di studiosi e memorialisti del mondo dalmata, con Luigi Miotto, Lucio Toth, Enzo Bettiza. Una citazione particolare va a Dario Fertilio, che scrive oggi di crisi ucraina in “Bugie di guerra, la disinformazione russa dall’Unione Sovietica all’Ucraina” e ancora con “Lettere dal Donbas”. “Concludo – ha affermato Pirovano – ricordando che finalmente qualcuno ha avuto l’idea di considerare la letteratura dalmata italiana non come un’appendice, che ha invece una sua dignità, di un popolo diverso, di confine, che nonostante le persecuzioni subite ha una sua dignità e come tale va considerato e apprezzato”.
Il coordinatore del volume, Giorgio Baroni, ha citato i coautori, Renzo Rabboni, Guglielmo Barucci, Elena Rampazzo, Francesca Favaro e Michela Rusi, assieme ad un numero notevole di collaboratori. Ha ricordato che non si può fare una storia della letteratura senza i testi e che pertanto, accanto al libro di carta, su Internet al sito www.libra web.net/letteratura dalmata si trovano 2.000 pagine di antologia, con le scansioni dei libri originali.

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