
Non tutto può essere spiegato. Ci sono occasioni in cui la musica prende per mano la realtà e la trasforma, superando ogni definizione. Non serve presentarsi, né raccontarsi con frasi costruite, bastano la presenza, i gesti, il suono. A parlare sono le storie, le emozioni, il fluire armonico di ciò che si crea insieme. Saša Matovina e Zoran Majstorović appartengono a questa luminosa stirpe. Figure centrali nella vita culturale della regione, anime generose e appassionate, custodi di una bellezza che sa osare, che sa rinnovarsi. Il primo, colonna portante delle klape maschile e femminile Kastav e responsabile dell’Estate culturale di Castua (KKL), è da oltre trent’anni ambasciatore del canto tradizionale croato nel mondo. Il secondo, chitarrista e arrangiatore sopraffino, è direttore artistico del Festival della chitarra di Castua, guida della JazzIstra Orchestra e figura chiave nella promozione della cultura jazz locale. Due artisti che non hanno bisogno di grandi introduzioni, perché è la loro arte a parlarne con forza e chiarezza.
L’occasione per questa chiacchierata è particolarmente sentita, poiché si festeggiano i trent’anni di attività delle klape Kastav, celebrazione che avrà luogo il 12 luglio nella magica cornice della Crekvina, con il concerto-evento “Iskre vremena” (Scintille del tempo). L’appuntamento rientra nella 34esima edizione dell’Estate culturale di Castua (KKL), animata dallo slogan affettuoso “Helou, siti moj” (Hello, mia città). Sarà una serata carica di emozioni, in cui si fonderanno le due realtà guidate da Matovina e Majstorović, le klape, con le loro voci armoniche radicate nella tradizione, e la JazzIstra Orchestra con il suo respiro cosmopolita e contemporaneo. A rendere l’evento ancora più speciale saranno gli ospiti d’eccezione, tra i quali Bruno Krajcar e Mario Lipovšek Battifiaca, amici di lunga data e compagni di viaggio in questa avventura musicale.
Creare, finché c’è voce
“Ci sentiamo ancora energici, vivi e ‘in gamba’ – ha esordito Saša con un sorriso – magari un po’ stanchi per gli aspetti organizzativi, ma quando arriva un’idea che ci appassiona, la stanchezza svanisce e ripartiamo subito. Ci accende l’entusiasmo”. Un entusiasmo che ha guidato le klape per oltre tre decenni, spingendole a reinventarsi continuamente. “Abbiamo iniziato con un repertorio classico, seguendo le regole del canto a cappella. Poi abbiamo sentito il bisogno di avvicinarci alla nostra terra, alla lingua, ai suoni, volgendo l’orecchio alla scala istriana, con i suoi intervalli duri e grezzi, apparentemente spigolosi, ma profondamente autentici. Abbiamo reinterpretato i canti popolari locali, scritto brani originali in ciacavo, sperimentato arrangiamenti pop e collaborazioni con orchestre sinfoniche, come quella del Maestro Bjelinski”. Il primo album, “Svojmu Gradu” (Alla nostra Città, 1997), è un omaggio musicale a Castua, alle sue storie e alle sue radici. Ogni passo fuori dalla zona di comfort è stato per loro un’occasione di crescita. “È stato un atto quasi rivoluzionario per una klapa”.
Dal contrasto alla meraviglia
La collaborazione con la JazzIstra Orchestra nasce proprio da questa spinta verso l’ignoto. “Jazz e klapa sembrano due mondi lontani – ha raccontato Zoran – ma è proprio nella distanza che si nasconde la loro forza”. I due ensemble hanno lavorato con cura alla selezione dei brani, scegliendo quelli in grado di reggere l’orchestrazione jazz, rispettando le peculiarità di ciascun linguaggio musicale. “Non volevamo una semplice sovrapposizione, ma un dialogo armonioso. A volte canta la klapa, a volte suona l’orchestra, e a volte si fondono in un intreccio dinamico”. Con oltre venti voci, una sezione fiati ricchissima – tromboni, trombe, sassofoni, flauti – percussioni e ritmo, il progetto è una tavolozza sonora variegata, che richiede equilibrio e sensibilità. “Il segreto sta nell’alternanza, nel lasciare spazio all’improvvisazione e alla poesia del momento”.
Un repertorio vivo, che parla a tutti
Il concerto presenterà un repertorio che abbraccia composizioni originali scritte per le klape, rivisitazioni di brani noti, come “Beautiful Maria”, e pezzi di autori istriani, oltre a capolavori del panorama internazionale. “Sarà una vera esperienza – ha rilevato Majstorović – un percorso che parte dalla purezza dell’a cappella e arriva all’esplosione orchestrale, alternando passaggi intimi a momenti di grande energia”. Tutto è stato curato nei minimi dettagli, ma senza rinunciare a quella componente istintiva e creativa che è l’anima del jazz.
Per quanto complessa e articolata, la collaborazione è nata in modo naturale. “La voglia di fare qualcosa di nuovo ci ha uniti – ha rimarcato Matovina – volevamo uscire dai binari e sperimentare. Dopo tanti concerti, anche il pubblico percepisce quando si ripete. Noi invece volevamo sorprenderlo”. Ogni nuova lingua musicale appresa arricchisce l’artista, lo rende più completo, proprio come un poliglotta della musica. “Evolversi significa accogliere la differenza”. La JazzIstra Orchestra, composta da musicisti provenienti da tutta l’Istria e il Quarnero, incarna questa filosofia. “Questo progetto – ha aggiunto il polistrumentista – ha un’anima crossover. Potrebbe essere eseguito in un festival jazz, in un teatro classico o sotto le stelle. È qualcosa di veramente nuovo, mai tentato prima a questi livelli”. Fondato nel 2014, il complesso ha reinterpretato in chiave jazz il patrimonio musicale istriano, rendendo omaggio a Franci Blašković, KUD Idijoti, Tamara Obrovac e molti altri. “Ogni anno creiamo due nuovi programmi – ha riportato Zoran – ogni concerto è una sfida. Il nostro album ‘Musical migrations’ raccoglie mie composizioni e arrangiamenti originali. Non ci ripetiamo mai. E questa collaborazione con le klape ci stimola profondamente”.
Dietro le quinte, la vita
Dietro la musica, c’è sempre la vita quotidiana fatta di sacrifici, logistica, fatica. Zoran, parlando dell’aspetto umano che guida il suo lavoro, ha raccontato quanto sia importante restare in ascolto e sapere di cosa hanno bisogno i suoi musicisti – un po’ d’acqua, un po’ d’ombra, la parola giusta nel momento giusto. E Saša ha aggiunto con sincerità: “Viviamo in tempi frenetici. Per creare bellezza servirebbero tempo e silenzio. Ma anche nella corsa si nasconde qualcosa di prezioso, se tutto è fatto con il cuore”. E quel cuore continua a battere per Castua, per la sua gente, per quel “ton” che ritorna. “È lì che siamo nati – ha ricordato – ed è lì che torniamo sempre. Con la voce e con l’anima. Ogni concerto è un atto d’amore. Ogni nuovo progetto è un invito a condividere questo sentimento”.
Il canto come viaggio
Il titolo “Iskre vremena” non è casuale. Già usato vent’anni fa per un grande concerto umanitario al Teatro Nazionale Croato “Ivan de Zajc” diretto dal Maestro Alan Bjelinski, oggi torna come perfetta metafora di un fuoco che arde nel tempo e lascia bagliori indelebili. “Le scintille sono le memorie, i viaggi, le persone – ha spiegato Matovina – ma anche quei momenti in cui una voce tocca qualcosa di più grande, che resta nel cuore”. I risultati sono concreti, tradotti in sette album maschili, quattro femminili, decine di riconoscimenti, tournée mondiali, dall’Argentina al Sudafrica, dalla Corea alla Nuova Zelanda, e premi importanti, come le medaglie conquistate ai World Choir Games di Auckland. Ma ciò che davvero conta è lo spirito di famiglia. “Siamo una grande famiglia – ha affermato Saša – e in questa festa non potevano mancare amici di vecchia data come Krajcar e Battifiaca. Sono parte di noi”. Per le klape Kastav, il viaggio è stato sempre parte del percorso. Hanno portato la voce della loro terra in ogni angolo del mondo, accogliendo nuove influenze, nuove amicizie. “Ogni viaggio ci ha lasciato qualcosa – ha ancora sottolineato – anche solo un’impressione, una melodia diventata canzone, come ‘Septembre’, nata dopo un viaggio in Spagna. La musica ti rende curioso, aperto. E questo è un dono che vogliamo trasmettere ai giovani”.
Resta l’emozione
Alla fine, dopo tanti anni, cosa resta davvero? “Resta l’emozione, l’umanità”, ha affermato Zoran con convinzione. “Ogni concerto è scambio di energia. Ogni emozione diventa assolo, diventa gesto”. E Saša ha concluso: “La musica è un bisogno. Dopo trent’anni, ci ritroviamo ancora a cantare spontaneamente, solo per il piacere di farlo insieme. E in quei momenti capisci che tutto è ancora possibile. Che la scintilla è ancora accesa”. E così, il titolo del concerto diventa una promessa, un invito, un abbraccio. È il segno che ciò che è stato vissuto insieme non si spegne, ma continua a brillare. Finché ci sarà una voce che si leva e un cuore che ascolta il tempo non potrà mai spegnerne la luce.
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