
C’è un momento, in ogni viaggio, in cui la strada percorsa si confonde con quella interiore. Ed è proprio questo che traspare dalle parole di Bruno Zaro, scrittore e viaggiatore, che l’altra sera alla Comunità degli Italiani di Buie ha presentato il suo libro “Terra d’Istria”, un’opera nata da un cammino lungo e profondo, fatto di passi concreti su sentieri e strade, ma anche di incontri, emozioni e riscoperta delle proprie radici. La serata si è aperta con il benvenuto di Martina Dussich, membro della dirigenza del sodalizio che ha portato i saluti della presidente Lena Korenika, impossibilitata a presenziare per motivi di salute. In sala presente pure il vicepresidente della CI, Marino Dussich, la vicepresidente della Regione istriana, Jessica Acquavita e la viceconsole onoraria d’Italia a Buie, Giuseppina Rajko nonché diversi storici e letterati.

Memoria e appartenenza
L’atmosfera si è subito arricchita di suggestione con la proiezione di un video preparato dall’autore stesso, un viaggio visivo tra le immagini delle tante località istriane che hanno segnato il suo cammino. Tra queste, Buie ha avuto un posto speciale, celebrata come la “capitale del dialetto istroveneto”. Sullo schermo scorrevano paesaggi e volti, frammenti di un’identità ancora viva, mentre in sottofondo risuonavano le note evocative di “Miniature istriane”, brano del compositore Luigi Donorà. Il pubblico, immerso in quelle immagini e melodie, ha sentito fin da subito di essere parte di un racconto collettivo, un viaggio tra memoria e appartenenza. E proprio con questo spirito che Zaro ha preso la parola per dare inizio alla presentazione del suo libro con il racconto della genesi di questo viaggio: un bisogno profondo di riconnettersi alla terra istriana, non solo attraverso la memoria familiare, ma con l’esperienza viva del cammino.

Un paese di adozione
“Io non sono nato in Istria, ma il mio sangue è istriano. Ma non è solo una questione di sangue o di radici, in quanto mio padre è di Isola, ma è qualcosa di più profondo. Io non ho fatto un semplice giro turistico, volevo vivere l’Istria, conoscerla nel modo più autentico e, dopo questo viaggio, posso dire che anche il mio cuore lo è”, ha rilevato Zaro che oggi vive in provincia di Torino, dove è nato nel 1960 ed è di origine istriana, di Isola, da parte paterna.
L’autore ha sentito il bisogno di creare un suo cammino, un “Cammino dell’Istria”, che ancora non esiste sulle mappe ufficiali ma che, passo dopo passo, ha preso forma nei suoi appunti, nei suoi incontri e, infine, nelle pagine del suo libro.
Due scelte dolorose
Il viaggio è iniziato da Trieste, porta storica dell’Istria, ed ha seguito un percorso che lo ha portato a toccare i quattro punti cardinali della regione: “Inoltrandomi nei suoi borghi, nei suoi silenzi, nei suoi ricordi, ho attraversato città vive e villaggi semiabbandonati, coste battute dal vento e colline solitarie, lasciando che i miei passi raccontassero la storia di un popolo segnato da partenze e ritorni. L’esodo e il restare sono stati due scelte ugualmente dolorose. Chi ha lasciato la propria terra ha affrontato l’ignoto, la povertà, il sospetto di chi li considerava stranieri persino in Italia. Chi è rimasto ha vissuto da estraneo tra le proprie mura, cercando di mantenere vive lingua e cultura in un contesto ostile. Nessuna delle due strade è stata facile, nessuna può essere giudicata con leggerezza. La storia ha seguito il suo corso, inarrestabile, ma la memoria non deve svanire. Oggi, per fortuna, le ferite si stanno rimarginando. Bisogna continuare a lavorare per la comprensione, per il dialogo, per la fratellanza tra i popoli. Coltivare odio e pregiudizi non ha più senso. Alla fine, l’Istria è sempre lì, immobile, testimone silenziosa del passare degli uomini. Le sue onde continuano a lambire le coste, il vento accarezza le sue colline, la sua bellezza resta intatta. E chi la ama, che sia nato lì o che ci sia arrivato per scelta, continua a sentirne il richiamo”, ha raccontato Zaro.
Non ha quindi scelto sentieri predefiniti, ma ha lasciato che il cammino fosse guidato dalle persone, dalla loro disponibilità a raccontare, dalla voglia di condividere storie e ricordi.
Un mosaico complesso
“La cosa più straordinaria di questo viaggio è stata l’accoglienza. Nelle varie località e Comunità degli Italiani istriane, le persone mi hanno accolto con il cuore aperto, con la generosità di chi sa riconoscere un compagno di viaggio, un figlio di questa terra che ritorna. Le testimonianze raccolte non sono state interviste nel senso giornalistico del termine. Non c’erano domande precise, né un filo conduttore prestabilito. C’era solo la voglia di ascoltare, di lasciare che ogni persona raccontasse ciò che sentiva nel cuore. Ogni incontro è stato un tassello prezioso nella costruzione di un mosaico complesso e autentico, quello della vita istriana di oggi, tra ricordi del passato e speranze per il futuro”, ha raccontato con emozione.
Tra maggio e giugno del 2023, ha sentito la necessità di andare alla ricerca delle sue origini, decidendo di attraversare la penisola quasi interamente a piedi: 450 chilometri percorsi con le sue gambe, altri 77 tra bus e treno, per un totale di 527 chilometri. Ma il vero viaggio è stato quello interiore, quello che ha portato Zaro a riscoprire la sua identità istriana e a condividerla attraverso la scrittura. Un anno di lavoro ha trasformato le testimonianze raccolte in quasi 300 pagine edite da “LAReditore” e che in copertina vede una finestra sull’Istria, fotografia di Giuliana Donorà con elaborazione grafica di Gabriela Cervantes.
Dialogo tra esuli e rimasti
Quando si è lasciato posto al dibattito, la voce dell’attrice e giornalista Rosanna Bubola, ha rotto il silenzio con una domanda che ha aperto un nuovo capitolo della serata: “Lei ci ha raccontato delle storie che ha raccolto qui, ma c’è un’altra parte della storia nel libro di cui non ha parlato, ovvero le testimonianze degli esuli raccolte a Torino e dintorni, giusto?”
“Giustissimo!” esclamò Zaro. Ed è in quel momento che il discorso ha preso una direzione ancora più profonda. Il suo è stato un viaggio anche attraverso le storie, i ricordi e le voci di chi ha lasciato l’Istria, un dialogo tra chi è partito e chi è rimasto. Una raccolta di testimonianze e un ponte tra due mondi che per decenni si sono guardati da lontano, talvolta con nostalgia, altre con silenziosa incomprensione. Dalle parole di Zaro è emerso che le storie degli esuli sono state narrate molte volte, ma quelle di chi è rimasto, quelle che hanno taciuto per paura o rassegnazione, sono più rare.
A intervenire è stata pure la poetessa Loredana Bogliun, con una voce di consapevolezza: “Per anni siamo stati isolati, l’esodo ha diviso famiglie e comunità, ma ora vedo una nuova apertura, un dialogo che si sta ricucendo. Anche noi che siamo rimasti sentiamo il bisogno di capire il nostro passato”. È seguito un momento di silenzio, denso di emozione nella sala. Le parole della poetessa hanno toccato un nodo profondo, una ferita collettiva che da poco è iniziata a rimarginarsi.
Incontri spontanei
Dopo altre curiosità da parte dei presenti sulla vita dell’autore e del suo percorso in solitaria, nel raccontare il suo viaggio, Zaro ha svelato di aver percorso l’Istria da solo. Non per una scelta di distacco, ma perché il camminare in solitudine permette di aprire porte invisibili: “Se sei solo, le persone si sentono più libere di avvicinarsi, di raccontare. Quando cammini con il tuo zaino, senza un gruppo, senza un programma rigido, il viaggio diventa un susseguirsi di incontri spontanei”, ha spiegato.
Alla fine della presentazione, il pubblico ha ascoltato con attenzione alcuni passi del libro, lasciandosi trasportare dalla forza evocativa delle parole. Non era solo la storia di un viaggio, ma il racconto di un legame profondo, di una terra che continua a vivere dentro chi la ama. Le parole, lette con voce ferma ma sentita, hanno evocato immagini potenti, dove nel silenzio attento della sala si percepiva la verità profonda che la storia dell’Istria non è solo fatta di confini e divisioni, ma di persone, di sentimenti, di un legame che va oltre il tempo e la distanza. E così, tra emozione e partecipazione, la serata si è conclusa, lasciando nei presenti la sensazione che, forse, anche loro avessero percorso un pezzo di quel cammino. Perché l’Istria non è solo un luogo sulla mappa, ma è un’appartenenza, un’identità che si rafforza attraverso le storie, le memorie e la voglia di non dimenticare.

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