In un libro la storia delle sorelle Bucci

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In un libro la storia delle sorelle Bucci

TRIESTE | La testimonianza è catartica, parlare dell’orrore può aiutare a superare il trauma, ma il ricordo rimane sempre presente e doloroso. “Ammiro il coraggio di queste due donne, Andra e Tati Bucci” ha sottolineato in apertura di serata Pier Luigi Sabatti, che ha presentato al Circolo della stampa di Trieste il libro, fresco di stampa, che le due sorelle consegnano all’opinione pubblica, affinché si sappia, affinché “non succeda mai più”. Frase che usiamo spesso, avverte ancora Sabatti “ma siamo ben coscienti di quanto sta succedendo in questo momento, l’ondata xenofoba e antisemita che spaventa”. Secondo le stime più recenti, ad Auschwitz-Birkenau vennero deportati oltre 230.000 bambini e bambine provenienti da tutta Europa, solo poche decine sono sopravvissuti. Loro fanno parte di questa piccola schiera.

E bussarono alla porta

In occasione della presentazione del libro, accanto alle sorelle Bucci, la storica Tullia Catalan, che ha introdotto l’argomento. Questa, in breve, la storia narrata: la sera del 28 marzo 1944 la famiglia Perlow viene svegliata da forti rumori: entrano i nazisti nella loro casa di Fiume. La madre delle bambine allora di quattro e sei anni, era di origine russa. La sua famiglia era fuggita dai Pogrom verso l’Ungheria e di là a Fiume, così come tanti altri ebrei. Ricorderemo la vicenda descritta da Silvia Cuttin nel libro “Ci sarebbe bastato”, sulla storia della sua famiglia di ebrei ungheresi giunti a Fiume per emigrare in America, ma il forte ascendente della città cosmopolita, mistilingue e di diverse religioni, convincerà i fuggitivi a fermarsi e mettere radici. Sarà così anche per il ramo Perlow. La madre sposerà un cattolico istriano, Bucci, nonostante la contrarietà dei parenti. Ma quella notte, quel bussare alla porta segnerà l’inizio di una lunga violenza, dopo una breve sosta nella Risiera di San Sabba a Trieste, saranno deportate ad Auschwitz-Birkenau, dove molti di loro saranno uccisi.
Sopravvissute alle selezioni forse perché scambiate per gemelle o forse perché figlie di un padre cattolico, o semplicemente per un gioco del destino, le due sorelle saranno internate, insieme al cugino Sergio di sette anni in un Kinderblock, il blocco dei bambini destinati alle più atroci sperimentazioni mediche.

Nove mesi di inferno

Alcune settimane fa – ospiti di Fabio Fazio in tv – hanno lanciato il loro appello. Mai più quel freddo, la fame, i giochi nel fango e nella neve, gli spettrali mucchi di cadaveri buttati negli angoli, le fugaci visite della mamma, emaciata fino a diventare irriconoscibile. E sempre, sullo sfondo, quel camino che sputa fumo e fiamme, unica via da cui “si esce se sei ebreo”, come dicono le guardiane. Vivere a Birkenau per le due bambine diventa la normalità, nove mesi d’inferno fino a quel 27 gennaio 1945, la liberazione. Che non significa però il ritorno a casa. Le sorelline trascorreranno ancora un anno prima in un orfanotrofio di Praga e alcuni mesi a Lingfield, in Inghilterra, in un centro di recupero diretto da Anna Freud, dove finalmente conosceranno la normalità vera, umana. Ricordano il caldo della camera e dei lettini che vennero loro assegnati, il cibo finalmente, e giochi e giocattoli. Sarà qui che le ritroverà la mamma.
“In quei fugaci momenti d’incontro al lager – ricordano – nostra madre ci aveva chiesto con insistenza di ricordare i nostri nomi, di ricordare chi eravamo. Lei aveva capito l’importanza di non perdere noi stesse. L’identità in quelle condizioni può determinare la salvezza: così è stato”.
Sergio no, lui non ce l’ha fatta. È caduto nel tranello. “Chi vuole rivedere la mamma faccia un passo avanti…”, loro non si sono mosse perché così le aveva istruite una guardia del campo che le aveva prese sotto la sua custodia. Sergio non ha resistito ed è diventato una cavia da laboratorio. La zia non ha mai voluto accettare la tragica realtà.

Tra giorni il ritorno a Fiume

Colpisce la serenità del loro racconto, coinvolte eppure osservatrici esterne in molti momenti. Il libro scuote, come tutte le storie di quella follia programmata, ma per le due sorelle c’è anche un altro destino tragico, perché dopo la liberazione e il ritorno a Fiume, la famiglia vivrà la terribile esperienza dell’esodo che le porterà altrove, un’altra volta. A Fiume, nei prossimi giorni, parteciperanno alla cerimonia di posa delle pietre d’inciampo di fronte alla loro casa, per ricordare chi vi abitava. In città sono tornate anche con i viaggi della memoria organizzati dalla Regione Lazio, con il coinvolgimento di Donatella Sch ürzel e Marino Micich, con i quali è nato un importante sodalizio.
Andra oggi vive Oltreoceano, Tati a Bruxelles, dove partecipa spesso agli incontri del Comitato Giuliani nel Mondo per fare testimonianza. Diventa uno strumento per incontrare gli altri, creare rete, lasciare un segno di cui il libro, che esce per Mondadori, è una tappa importante.

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