Immersione nella «cattedrale del suono»

Con la Nona sinfonia di Bruckner, l’Orchestra dell’Opera ha inaugurato brillantemente la nuova stagione concertistica al TNC «Ivan de Zajc» di Fiume

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Immersione nella «cattedrale del suono»

Grandioso, maestoso, complesso, profondo. Questi sono soltanto alcuni degli aggettivi che ci vengono in mente per descrivere la Nona sinfonia di Bruckner (1824 – 1896) con la quale è stata inaugurata la stagione concertistica 2019/2020 del Teatro Nazionale Croato “Ivan de Zajc”.
Sotto la direzione del Maestro Yordan Kamdzhalov, un nome ormai “di casa” per il pubblico fiumano, questa straordinaria opera musicale del Maestro austriaco ha segnato un inizio ambizioso del nuovo anno teatrale per l’Orchestra dell’Opera, visibilmente rimpolpata per potersi cimentare con opere di ampio respiro, come lo sono appunto le sinfonie di Bruckner.
Come osservato in altre occasioni, ogni nuova esibizione dell’Orchestra dell’Opera è sempre un’ulteriore conferma della sua qualità, ma è anche un complimento al Maestro Kamdzhalov – attuale direttore musicale dell’organico fiumano –, la cui sapiente direzione e scelta del repertorio riescono a tirare fuori da ogni musicista il massimo della musicalità e della competenza tecnica.
Spazi musicali di Bruckner
È stato così anche l’altra sera, in un Teatro gremito dal pubblico, accorso per immergersi ancora una volta nella “cattedrale del suono” – come Kamdzhalov descrive le sinfonie di Bruckner, con le quali ha un legame spirituale particolare – e negli spazi musicali creati dal geniale e al contempo umile compositore e organista.
La Nona sinfonia, la sua ultima opera, rimasta incompiuta in seguito alla sua morte nel 1896, in un’ora e mezza di straordinaria musica sembra riassumere tutta la maestria compositiva del Maestro, i suoi tormenti e aneliti spirituali. “Mi irrita terribilmente il fatto che la nuova sinfonia si sia presentata in Re minore, perché ora tutti commenteranno: ‘Ma certo che la Nona di Bruckner deve essere nella medesima tonalità di quella di Beethoven!’”, dichiarò il compositore durante il lavoro alla sinfonia, le cui prime bozze risalgono al 1887.
Riflessioni sulla morte
Anton Bruckner concluse il primo movimento nel 1892, per poi rivederlo diverse volte; il secondo venne completato nel 1893 e il terzo nel 1894, anno in cui iniziò pure a lavorare al Finale. Profondamente religioso, durante il lavoro alla Nona rifletteva intensamente sulla morte e non capiva perché Dio non avesse esaudito le sue preghiere di riuscire a finire la sinfonia, in quanto molto malato e consapevole che non l’avrebbe completata. Alla fine, allo stremo delle forze, scrisse accanto alla sinfonia la dedica “Al buon Dio”. Il Finale consumò le ultime giornate della vita di Bruckner, che ne lasciò un ampio manoscritto custodito dalla Biblioteca nazionale austriaca, a Vienna.
Prima esecuzione
La prima esecuzione della Nona sinfonia ebbe luogo l’11 febbraio 1903 nella versione ridotta e modificata del direttore d’Orchestra e allievo di Bruckner, Ferdinand Löwe. Al posto del Finale, alla prima rappresentazione e a diverse esecuzioni successive veniva eseguito il Te Deum di Bruckner del 1884. La partitura autentica della sinfonia venne eseguita per la prima volta nel 1932 dall’Orchestra filarmonica di Monaco di Baviera, diretta da Siegmund von Hausegger. Questa rimase la pratica per molti decenni, finché Nicola Samale, Giuseppe Mazzuca, John Phillips e Benjamin-Gunnar Cohrs non si cimentarono nella creazione di un Finale basandosi sulle bozze di Bruckner, lavoro che durò vent’anni. La versione conclusiva della Nona sinfonia è stata eseguita per la prima volta nel 2012 nella capitale tedesca dall’Orchestra filarmonica di Berlino, sotto la direzione di Sir Simon Rattle. È stata riproposta, per la prima volta a Fiume, l’altra sera dall’Orchestra dell’Opera.
Tra tardo romanticismo e modernismo
Dal punto di vista musicale, quest’opera rappresenta un legame importante tra il tardo romanticismo e il modernismo, in quanto il tessuto armonico è caratterizzato da un uso sempre più disinvolto della dissonanza – un elemento che Bruckner riprende dalle opere di Wagner, del quale fu grande ammiratore e amico –, la quale, come sappiamo, acquisterà sempre più autonomia con il passare dei decenni e con l’avvento della musica espressionista e seriale.
Come tutte le sinfonie di Bruckner, anche questa indaga nelle profondità dell’anima, per giungere a una verità universale attraverso un linguaggio musicale denso dal punto di vista dell’armonia e della melodia, accompagnato da un timbro brillante dell’Orchestra. L’orchestrazione è vibrante, innovativa, mentre gli ottoni hanno un ruolo di prim’ordine.
L’Orchestra dell’Opera ha restituito le incantevoli melodie, ora malinconiche, ora struggenti della sinfonia, con slancio emotivo, in una dinamica ampia, che nei fortissimi era ulteriormente rafforzata dai potenti interventi degli ottoni. Il gesto autorevole del Maestro Kamdzhalov ha guidato l’Orchestra in uno straordinario percorso musicale che non ha lasciato indifferente il pubblico, il quale ha premiato i valenti musicisti con prolungati applausi.

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