Il teatro riparte in quinta con «Il bonsai ha i rami corti»

Il Dramma Italiano ha aperto con successo la stagione teatrale post-coronavirus

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Il teatro riparte in quinta con «Il bonsai ha i rami corti»

“Il bonsai ha i rami corti”, andato in scena al TNC “Ivan de Zajc“ di Fiume, ha aperto ufficialmente il Teatro agli eventi culturali che seguiranno nei prossimi mesi e ha riunito nuovamente attorno al Dramma Italiano alcuni degli esponenti più in vista della Comunità Nazionale Italiana. L’obbligo di portare la mascherina, disinfettare le mani e sedere distanti non è riuscito a spazzare il buonumore e la gioia di rivedersi nuovamente nella platea e nelle logge vellutate del nostro bel Teatro fiumano. E anche se l’ansia per la riapertura e per la nuova forma teatrale in cui il pubblico è diradato, disseminato quasi tra file e sedili vuoti, è scomparsa al momento dello spegnimento delle luci. Nel buio, infatti, gli spettatori si sono fatti tutt’uno e hanno seguito il monodramma con Serena Ferraiuolo nel ruolo di Stefania Laganini, vicini nello spirito.
Una caricatura della quarantena di tutti noi
L’inizio dello spettacolo è una tipica scena vissuta dalla maggior parte delle persone negli ultimi mesi. Stefania passa il tempo a pulire e a disinfettare. È vestita in stile sportivo anni Ottanta, con body e leggings a cui abbina una camicia appariscente ricoperta di lustrini. Sembra simpatica, ride, scherza, sdrammatizza i problemi per ridimensionarli. Pure il bonsai sembra un alberello simpatico con la mascherina bianca e rossa, che nel complesso ci dà l’idea del tricolore italiano.
Stefania fa ginnastica con Jane Fonda, che lei chiama James, salta, balla, segue i video, ma più che fare gli esercizi improvvisa. Nelle pause non beve acqua ma vodka-martini composta per due terzi da vodka, anche se sono soltanto le otto del mattino. Però anche questo elemento fa ridere, perché un po’ ci riconosciamo pure qui e se volessimo negarlo, basta buttare un’occhio sull’incremento della vendita di alcolici nel periodo di quarantena.

Serena Ferraiuolo. Foto: Željko Jerneić

Quando il riso diventa amaro…
Il primo elemento che desta un po’ di tristezza è vedere che Stefania parla col bonsai come se fosse il suo compagno e gli rinfaccia le cose che non ha fatto o aveva detto di voler fare, ma ha poi trascurato, lasciandola sola. Stefania ricorda i numerosi viaggi che avrebbe dovuto fare ma che Gianpaolo (lo scopriamo più tardi, è il nome del suo secondo marito impersonato dal bonsai) ha sempre sabotato a causa degli impegni di lavoro, dei meeting, dei photo-shooting, delle interviste, delle photo session, delle telefonate dell’ultimo momento della sua segretaria. “Vai da sola, che io ti raggiungo”, le diceva; ma Stefania non se la sente e resta a casa. La tristezza dei ricordi e di una vita piena di infelicità viene messa in risalto dal trucco eccessivo, l’ombretto appariscente, il mascara che poi si rovina, il rossetto sbavato.
L’immenso bagaglio della solitudine
Nel ricordare i tempi passati prima della chiusura in casa, Stefania si confida con Alexa, un’assistente personale intelligente, che lei continua a chiamare Alexia. Nella vita della protagonista sembra esserci pure un’amica del cuore, Rosalba, anche se nel corso di una videochiamata la voce di Rosalba ricorda innegabilmente quella stessa intelligenza artificiale chiamata Alex(i)a. Alla solitudine va ad aggiungersi pure l’isolamento dovuto all’appartamento in cui vive, uno spazio che ha un’unica finestra che guarda sul muro del condominio di fronte, perché suo marito ha voluto così.
Un’instancabile ricerca di amore
Anche se la protagonista si definisce “felicemente single” guardando i vecchi film, come ad esempio “Un tram che si chiama Desiderio”, immagina di essere la compagna di Marlon Brando e in lei si risveglia un misto di sentimenti che sfociano nella rabbia verso l’ex marito.
La ricerca dell’amore e il bisogno di essere accettati e rispettati è alla base di questa piéce teatrale apparentemente frivola, ma in realtà estremamente complessa. Gianpaolo, il marito, non ama Stefania (lo dice lei stessa), non la rispetta e non si interessa particolarmente a lei. Ma in questa storia coniugale per certi versi sin troppo comune, cosa c’entra un albero di bonsai? E perché il bonsai ha i rami corti? Non tutte le risposte si possono trovare in un articolo di giornale, e per scoprire il senso del monodramma vi invitiamo ad andare a seguirlo a teatro.
Grande successo di pubblico
Alla biglietteria dello “Zajc” ci è stato riferito che sono stati una settantina gli spettatori ad avere presenziato alla prima de “Il bonsai ha i rami corti”, il che corrisponde quasi al tutto esaurito della nuova disposizione del pubblico. A testimoniare il favore dei presenti è stato innanzitutto l’applauso incessante rivolto a Serena Ferraiuolo e a Giuseppe Nicodemo, ma anche i tanti sorrisi “sfoderati” dalle mascherine una volta usciti dal teatro in una tiepida serata primaverile. La prima persona a cui ci siamo rivolti per chiedere le sue impressioni non tanto sul pezzo, ma su questo nuovo tipo di teatro per così dire a distanza, è stato Marin Blažević, sovrintendente dello “Zajc”, affiancato dalla direttrice del Dramma Croato, Renata Carola Gatica.
“Durante lo spettacolo, anche se ero seduto in prima fila, non mi è sembrato di avere alle spalle un teatro mezzo vuoto – ha dichiarato Blažević –. Si tratta sicuramente di un cambiamento sostanziale, però reputo che un pubblico soddisfatto riempia le lacune dei posti vuoti”.
L’atmosfera di sempre
Marin Corva, presidente della Giunta esecutiva dell’Unione Italiana, ha dichiarato che al di là della rappresentazione è stata una cosa assolutamente positiva ritornare a teatro. “Lo spettacolo è stato stupendo – ha continuato Corva –, Serena è bravissima come sempre e pure Giuseppe è stato ottimo. Sono contento che la quarantena abbia dato loro e a tutto il Dramma Italiano, l’opportunità di andare in scena e riaprire lo ‘Zajc’. Complimenti a tutti. Per quanto riguarda l’atmosfera di cautela e le precauzioni, forse all’inizio è stato un po’ strano, ma poi non ho sentito differenze rispetto all’atmosfera di sempre. Dobbiamo continuare ad andare cauti anche in futuro ma penso che il peggio sia passato e che potremo continuare a goderci il nostro teatro.
Aria di comunità
Maurizio Tremul, presidente dell’Unione Italiana, ha dichiarato di aver perso l’inizio a causa di un contrattempo, ma ha aggiunto di aver apprezzato molto il pezzo. “È un’opera vivace e simpatica, a momenti ironica, che riesce a scherzare sulla vita vissuta in questi mesi con un approccio riflessivo – ha dichiarato –. È stata molto brava l’attrice, ma anche il testo è molto simpatico, quindi bravi entrambi e anche il Dramma Italiano che li ha sostenuti e ha riportato le persone fisiche a teatro. Ci tenevo a esserci e sono contento di averlo visto. Sono contento che nonostante il distanziamento fisico si ricominci a respirare un’aria di comunità e noi, come CNI, abbiamo bisogno di riportare i connazionali in Comunità e a tutte quelle attività culturali che ci avvicinano”.
Melita Sciucca, presidente della Comunità degli Italiani di Fiume, non ha celato il suo entusiasmo non solo per lo spettacolo, ma anche per il grande ritorno a teatro. “Sono contentissima e orgogliosa che il Dramma Italiano abbia fatto da rompighiaccio – ha dichiarato – e soprattutto che il rientro sia avvenuto con questo spettacolo di cui sono veramente entusiasta. Bravissimi tutti!”
Ana Alebić, un’affezionata spettatrice, ha definito il monodramma divertente e ben riuscito, se si considera che è stato realizzato in soli due mesi. Se il duo Ferraiuolo-Nicodemo avesse avuto più tempo a disposizione, ritiene Alebić, forse il risultato sarebbe stato ancor più sorprendente.

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