«Il piccolo Verdi». Una giocosa scoperta artistica

L'infanzia del piccolo grande compositore raccontata a Pola sulle note di un pianoforte dai burattini del Teatro medico ipnotico, per accompagnare i bambini tra le atmosfere che evocano le suggestioni delle sue terre

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«Il piccolo Verdi». Una giocosa  scoperta artistica
La messinscena ha fatto divertire i ragazzi della “Giuseppina Martinuzzi”. Foto: DARIA DEGHENGHI

Magnifico spettacolo di burattini nella migliore tradizione italiana di un’arte evidentemente sempreverde. “Il piccolo Verdi” ovvero una “Biografia fantastica di Giuseppe Verdi sulle ali della sua immortale musica” è andato in scena al Teatro Popolare Istriano di Pola per una platea di ragazzini dell’elementare italiana “Giuseppina Martinuzzi” su iniziativa dell’Istituto Italiano di Cultura di Zagabria. Magnifico ed eccezionale: insistiamo sui superlativi non perché siamo di manica larga con gli aggettivi (guai: hanno il potere di svalutare ogni discorso iscritto nel DNA) ma perché tale è stato questo spettacolo che avremmo voluto veder destinato anche ad un pubblico di adulti, oltre ovviamente ai ragazzi cui è dedicato in primo luogo.

Comicità e malinconia
I due burattinai Patrizio dell’Argine e Veronica Ambrosini, coadiuvati dalla figlia Thea, si sono distinti come autori e interpreti portando in scena una decina di personaggi, eventi e situazioni tra il comico e il malinconico, non senza improvvisare per adeguarsi al luogo con riferimenti “locali” (vedi la “rakija”, la “kuna” e il “dinaro”, valute già sepolte o in via di inumazione, ecc).
Protagonista o figura centrale un Giuseppe Verdi bambino, Peppino, che all’età di nove anni pensa solo a suonare l’organo in chiesa e va male a scuola (scarso in lingua, in geografia, in aritmetica) mentre nel tempo libero s’affretta a sotterrare il suo tesoro (il cappello, il talento e il salame) in una buca scavata in campagna con l’aiuto dell’amichetta perennemente raffreddata, Violetta. Il teatrino è all’antica, molto elegante, i burattini sono di legno, scolpiti e vestiti alla perfezione, s’incontrano e si scontrano per rievocare un’infanzia fatta di talento e d’invidia, di ansia e di gioie, di eventi tragici e comici, ma soprattutto della solitudine che necessariamente costituisce il destino del genio precoce.

Le avventure di Peppino
Peppino vive la sua tenera età in compagnia di un’amica immaginaria, di una gazza ladra e di un talpa. I genitori gestiscono un’osteria e vivono la dannazione della gente semplice che si ritrova a tirare su un bambino dalle doti eccezionali. Violetta non ha la mamma perché è “un personaggio”, cosa che i ragazzi cominciano a capire con molta ragionevolezza all’età delle prime visite al teatro. Peppino sarà anche il futuro Maestro dell’opera, ma da ragazzo preferisce sfuggire i doveri e rincorrere i piaceri, per cui finirà per azzuffarsi col parroco che lo castigherà con un sonoro ceffone provocando la proverbiale imprecazione del ragazzo destinata a tramutarsi in profezia autoavverante: “Che Dio le mandi una saetta!”. Non l’avesse mai detto! Non solo gliela manda, Iddio, ma la rende pure fatale, tanto che ne rimangono fulminati il parroco e altre quattro persone. Il ragazzo si salva per un altro proverbiale miracolo ma le malelingue non tardano a ricamarci sopra una storia di dannazione eterna: già era un talento precoce, un fanciullo prodigio, fatto di per sé curioso che nell’immaginario popolare finisce sempre per invocare spiegazioni fantastiche (quando non diaboliche), ma dopo la triste fine dei religiosi al Santuario la condanna della città natale sarà plateale: in quella vicenda della saetta doveva esserci di mezzo lo zampino del demonio e il piccolo Verdi doveva avere le mani in pasta!

Protagonista la musica
Profetico anche il burattino di Gesù che gli parla dalla croce con prescienza divina: “Un giorno capirai l’importanza di restare fuori dal coro”… Ecco, dunque, è così che comincia la biografia fantastica di Giuseppe Verdi nella concezione di questo Teatro medico ipnotico che a Pola è stato vissuto come una giocosa e saporita scoperta artistica. I due burattinai hanno realmente rappresentato l’irrappresentabile e narrato l’inenarrabile, accompagnati dal pianista Enrico Padovani, essendo la musica protagonista dello spettacolo in misura uguale se non maggiore dei burattini stessi.

L’incontro con gli spettatori
Questa singolare fusione tra animazione, recitazione, scenografia e musica ha tenuto il piccolo pubblico della “Martinuzzi” col fiato sospeso per la canonica ora di lezione fuori sede, a teatro, concepita come preparazione del bambino all’arte drammatica e scenica nel senso più ampio del termine. A fine rappresentazione gli autori hanno omaggiato la scolaresca con manifesti, cartoline e locandine dello spettacolo, gadget illustrati dallo stesso Patrizio Dall’Argine che si presenta come un artista a tutto tondo: burattinaio, pittore, attore, regista, scrittore di canovacci, interprete e direttore. Il suo “Piccolo Verdi” prodotto dal Teatro Regio di Parma è un lavoro completo sotto ogni profilo: tecnico, artistico ed intellettuale nell’accezione più pregiata del termine. È un lavoro comico, divertente e istruttivo al tempo stesso. La chiacchierata con i ragazzi, le risposte degli autori e interpreti alle sagaci domande dei piccoli sono un valore aggiunto che conferisce allo spettacolo quel valore propedeutico di cui pochi artisti sono capaci.

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