Il mare appassito: la poesia di Elio Pagliarani

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Il mare appassito: la poesia di Elio Pagliarani

Dalla Romagna a Milano

Elio Pagliarani è stato uno dei poeti più significativi della seconda metà del Novecento italiano. Fra i fondatori del movimento letterario della Neoavanguardia o “Gruppo 63”, ha sempre mantenuto un proprio stile e un’assoluta originalità in termini stilistici e contenutistici. Nato a Viserba, vicino a Rimini, nel 1927, comincia a scrivere poesie negli anni Cinquanta e la sua opera risente del contesto storico, sociale e letterario romagnolo. Una poesia fondamentalmente realistica, alla base della quale c’è il retaggio della “Linea lombarda” (che va da Manzoni a Porta, da Praga a Dossi) che si doveva rinnovare, nei contenuti e nelle forme, per poter esprimere meglio la sensazione di disagio dell’intellettuale di fronte alle nuove esigenze del Dopoguerra e al successivo scoppio del “boom economico”. Negli anni Cinquanta e Sessanta, infatti, un universo – quello dell’Italia contadina e agraria – stava scomparendo lentamente e l’Italia, da paese in gran parte agricolo quale era sempre stato, si preparava a diventare un moderno Stato industriale. Appena ventenne, Pagliarani si era trasferito a Milano proprio dalla Romagna, dove aveva trascorso gli anni della fanciullezza in un ambiente contadino, popolare ed estremamente vivo.

Un poeta alieno alle ideologie

Il tessuto sociale della regione era costituito da una grande varietà di ceti: c’erano i piccoli e medi proprietari, di cui Giovanni Pascoli fu il rappresentante letterario più insigne (proprio grazie alla forma chiusa del poemetto che Pagliarani riprese aprendola a nuovi linguaggi), i braccianti, gli affittuari, i pescatori della costa. A una simile varietà di elementi sociali, si accompagnava una sfumata molteplicità di ideologie e di movimenti politici: il fascismo agrario si era sviluppato a cavallo fra Emilia e Romagna negli anni in cui il nostro autore nasceva, il pensiero socialista aveva facilmente attecchito fra i braccianti e i pescatori, un certo spirito anarchico toccava trasversalmente tutti i ceti menzionati.
Pagliarani, che non si farà mai ingannare dalle ideologie fino a farne “Grande Altri”, ovvero forme di pensiero assolute, presenta in tutta la sua produzione poetica preziose venature che oscillano fra un populismo ironico e mordace e un anarchismo mai violento e mai arrogante. Una coloritura di visceralità, ovvero di enorme e talvolta rabbiosa “compassione” di fronte a tematiche sociali o a delusioni politiche, intreccia le due componenti del pensiero del poeta in maniera salda, fino a fonderle talvolta in esplosioni di furiosa critica al sistema politico vigente. Tale visceralità è, dal mio punto di vista, un’eredità tipicamente romagnola e investe anche Guerra, Zavattini, Baldini, Roversi…

Una poesia premonitrice

Elio Pagliarani è morto nel 2012 ma la sua poesia sembra aver previsto, con largo anticipo e lungimiranza, ciò che sarebbe successo alla società italiana contemporanea. Le sue opere più importanti sono sicuramente i romanzi in versi “La ragazza Carla”, pubblicato nel 1959, e “La Ballata di Rudi”, la cui composizione fu cominciata nel 1961 e portata a termine nel 1995. Divisa in 27 sezioni, “La Ballata” è una vera e propria storia d’Italia dal Secondo Dopoguerra in poi. Pagliarani descrive, con il suo verso molto ritmico e cadenzato, le vicende di alcuni personaggi, il primo dei quali è Rudi il Conte, un gentiluomo di famiglia decaduta che, nell’immediato dopoguerra, anima i villaggi turistici della riviera romagnola, frequentata dai primi vacanzieri estivi. La società italiana si trasforma lentamente nella “Spaßgesellschaft”, la società dei consumi e del divertimento; il fascismo, la lotta di liberazione, le tematiche politiche serie e le speranze del Dopoguerra lasciano spazio alla ricerca del piacere sfrenato, del consumo senza limiti che dagli anni Sessanta in poi daranno vita a quello che Pasolini ha definito “un mutamento antropologico della società italiana”. Mutamento che non porterà nulla di buono, a parte un benessere materiale non accompagnato da un altrettanto vertiginoso sviluppo intellettuale e spirituale dei singoli individui, tutti presi a ballare la danza sfrenata di corteggiamento al soldo. Il ballo: la poesia di Pagliarani è assolutamente corporea, il corpo è l’antidoto ai “Grandi Altri”, alle ideologie, rosse, nere, clericali. Il corpo non mente, anche se, ci dice Pagliarani: “Il corpo esplode/è la testa che dà il senso alla protesta”. La “Ballata di Rudi” non si conclude: i personaggi di cui si narra scompaiono nel magma indistinto che caratterizza la società neoliberista, vengono inghiottiti dalla danza del soldo e finiscono tutti male, per lo più in depressione. Dopo il “Rap dell’anoressia e della bulimia che sia”, seguono alcune sezioni in cui il senso logico della narrazione si perde: siamo di fronte a dei collage di articoli da quotidiani e da saggi scientifici. Nello stridore dei significanti si creano nuovi significati, che portano il lettore a riflettere sulla società contemporanea: al poeta, che non può opporsi al nonsense della società in cui vive e che ha perso il suo secolare ruolo di ideologo, non resta che la mera opposizione linguistica, il gioco di parole. La “Ballata” si chiude, però, con l’ottimismo della volontà che prevale sul pessimismo dell’intelligenza: “Ma dobbiamo continuare/come se non avesse senso pensare/che s’appassisca il mare”, dice Pagliarani. La resa non è contemplata dall’artista di Viserba.

Elio Pagliarani e la letteratura mondiale

L’intera opera di Pagliarani va, però, inserita in quella che il comparatista Dionýz Ďurišin definisce letteratura mondiale. Sono infatti molti i rapporti che legano la poetica di Pagliarani a quella di altri autori del Centrismo interletterario dell’Europa occidentale: Per centrismo interletterario Ďurišin intende un insieme di letterature nazionali che presentino fra loro numerose affinità. Ritengo sia possibile intendere appieno il significato di tutta la produzione letteraria di Pagliarani solo se si evidenziano i legami stilistici e ideologici che impongono di considerare Ezra Pound, Thomas Stearns Eliot, Cesare Pavese, Bertolt Brecht e lo stesso Pagliarani come artisti appartenenti a un’area geopoetica storicamente e letterariamente affine.
Un simile quadro, se sufficientemente chiaro e se affiancato da analoghi studi che provvedano all’analisi di opere a loro volta inquadrate in altre aree geopoetiche omogenee, permetterebbe di aprire gli orizzonti della critica letteraria occidentale a un proficuo confronto degli influssi, delle differenze e degli scambi fra letterature e culture altre. Sono fermamente convinto che la letteratura sia un dialogo fra le diversità. Ribadire questo concetto è importante soprattutto al giorno d’oggi: le migrazioni degli ultimi decenni hanno sconvolto l’assetto chiuso della società, mettendo in crisi il concetto ottocentesco che considera la nazione come “un’unità etnica cosciente di una propria peculiarità e autonomia culturale”. Oggi nessuna etnia, nessun popolo può definirsi autonomo: la società nel suo complesso va verso una creolizzazione inarrestabile, nonostante vi siano all’interno del panorama politico e culturale mondiale molti elementi di freno che vorrebbero ostacolare questa tendenza e che potrebbero portare le diverse parti che costituiranno la società multietnica a scontri violenti.

Il duemila immediato futuro

In un’epoca in cui la politica e le ideologie hanno mostrato i propri limiti e la totale sottomissione a leggi e potentati economici universali, la cultura e in modo particolare la letteratura hanno ancora molto da dire: esse possono incoraggiare l’intera società a una nuova convivenza, basata sul rispetto dell’altro e sull’apertura nei confronti della diversità, considerata come fonte di ricchezza per tutta l’umanità. Solo in questo contesto si può, a mio avviso, costruire una critica letteraria seria e consapevole.
L’impegno intellettuale è valido quanto quello materiale dei missionari comboniani in Africa, soltanto condotto con le poche forze e risorse che hanno a disposizione artisti e critici, come ci ha ampiamente dimostrato Elio Pagliarani.
La monografia “Il mare appassito: La Ballata di Rudi di Elio Pagliarani” di Christian Eccher è scaricabile on-line in versione gratuita sul sito:
http://digitalna.ff.uns.ac.rs/sadrzaj/2018/978-86-6065-493-1

Dalla “Ballata di Rudi”, sezione XI:
[…] voi con molta disciplina organizzate il vostro capitale detto storia
misura misurata ogni momento con il metro impossibile dei ritmi
lunghi che segnano nel tempo
e io che me ne faccio? il tallone d’Achille ora è la gioia
è di qui che io entro.
Dalla sezione IX:
Tutte le notti ancora degli uomini
si conciliano il sonno
lustrando coltelli che luccicano
dormono coi pugni stretti
si svegliano coi segni sanguigni delle unghie
sulle palme delle mani
E invece ha senso pensare che s’appassisca il mare.

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