Il legame ritrovato delle Due Rive

Abbazia e Fiume hanno ospitato la prima giornata del Seminario di studio al quale hanno partecipato docenti provenienti dall’Italia e dalle scuole CNI

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Il legame ritrovato delle Due Rive
Il gruppo dei docenti, accompagnatori e guide. Foto: IVOR HRELJANOVIĆ

Oltre cinquanta docenti, provenienti da cinquantasette istituti – cinquanta del Veneto e sette appartenenti alla rete delle scuole italiane attive in Croazia e Slovenia – si sono ritrovati ieri tra Abbazia e Fiume in occasione della quarta edizione del seminario di studio “Le due Rive: Venezia, Istria, Fiume e Dalmazia”. Un’iniziativa ormai divenuta punto fermo nel panorama della formazione transfrontaliera, promossa dall’Associazione Venezia Giulia e Dalmazia e dall’Unione Italiana, con il sostegno del Ministero dell’Istruzione e delle istituzioni scolastiche regionali del Veneto. L’evento ha riaffermato con vigore la sua vocazione al dialogo interculturale, ponendo al centro della riflessione il recupero delle comuni radici storiche, culturali e linguistiche che da secoli uniscono il Veneto ai territori dell’Adriatico orientale.

Il seminario si è svolto in un contesto di particolare suggestione, dove le località di Abbazia e Fiume, intrise di significato simbolico, hanno rappresentato lo scenario ideale per intrecciare nuovamente i fili di un dialogo tra realtà scolastiche che, pur divise nel tempo dalla frattura del confine orientale, continuano a custodire un patrimonio identitario profondo e tenacemente vitale.

Un incontro di culture e memoria viva
La giornata si è aperta con un itinerario alla scoperta della Perla del Quarnero, preludio a un incontro con Sonja Kalafatović, presidente della Comunità degli Italiani di Abbazia, e Norma Tuliak Srbulj, a capo dell’esecutivo, affiancate dalla responsabile del Settore Istituzioni prescolari, scolastiche e universitarie della Giunta esecutiva dell’Unione Italiana, Patrizia Pitacco che hanno accolto gli ospiti con parole che hanno saputo restituire tutta la ricchezza identitaria del sodalizio. Fondata nel 1946 da coloro che decisero di restare su queste terre dopo il secondo conflitto mondiale, la CI locale conta oggi circa 450 soci, tra cui molti sostenitori croati, uniti dall’impegno nella tutela e valorizzazione della lingua e della cultura italiane. La stessa si distingue per un’intensa attività culturale che spazia dall’insegnamento della lingua ai laboratori artistici, gastronomici, fino a spettacoli, concerti, mostre e iniziative rivolte ai giovani, cuore pulsante della continuità identitaria. Punto di forza sono anche le collaborazioni con altre comunità italiane della regione, testimonianza viva di un’appartenenza condivisa. Come ha osservato Kalafatović, il seminario rappresenta un’occasione preziosa di crescita reciproca e di rinnovata consapevolezza delle radici comuni.

L’identità che unisce
Nel pomeriggio, la delegazione ha visitato la Scuola Media Superiore Italiana di Fiume (SMSI), accolta dal preside Michele Scalembra, che ha illustrato la vita scolastica attraverso un video emozionante. Dopo i saluti istituzionali, Pitacco ha introdotto gli interventi. Maurizio Tremul, presidente dell’Unione Italiana, ha ribadito il valore delle sinergie tra le comunità italiane di Slovenia e Croazia e le istituzioni italiane nel promuovere lingua, cultura e memoria storica, citando anche il riconoscimento del dialetto istroveneto come patrimonio culturale. Sulla stessa linea, Alessandro Cuk (ANVGD) ha sottolineato i frutti delle collaborazioni scolastiche tra Veneto e Istria, ricordando il suo legame personale con Fiume. Simonetta Mantovani (Regione Veneto) ha elogiato l’impegno delle comunità e dei docenti nel trasmettere l’italianità con passione e creatività e Giorgia Menditto (USR Veneto) ha ringraziato chi lavora con dedizione nelle istituzioni, rimarcando che “se siamo qui, è perché ci crediamo”.

Maurizio Tremul.
Foto: IVOR HRELJANOVIĆ

Come una goccia sul palmo della mano
Momento di particolare intensità è stato l’intervento della prof.ssa Norma Zani, la quale, nella sua relazione intitolata “Come una goccia sul palmo della mano… Fragilità e resilienza. Il concetto di identità attraverso il racconto di sé nella città in riva al mare che unisce” ha narrato gli ottant’anni vissuti dalla Comunità Italiana di Fiume in condizioni di minoranza. Ha aperto il suo intervento ricordando l’occupazione nazista della città nel settembre del 1943 e l’ingresso dei partigiani jugoslavi nel 1945, momento in cui – ha detto – per gli italiani è iniziata “la vita da minoranza”.
Ha spiegato che in quegli anni il 95 p.c. degli studenti fiumani frequentava scuole italiane, ma già dieci anni dopo le percentuali si erano rovesciate. Ha descritto un clima di repressione tradotto in fucilazioni sommarie, deportazioni, sparizioni notturne. L’italiano venne progressivamente escluso dalla vita pubblica, sostituito dal serbo-croato, diventato lingua ufficiale dal 1953 al 1974. Le scuole italiane chiudevano una dopo l’altra; quelle rimaste operavano con programmi imposti dalla maggioranza, sotto costante controllo politico. L’ex preside e docente della SMSI ha parlato altresì dell’esodo che svuotò la città, e del coraggio dei pochi rimasti, che si trovarono a vivere in una realtà alterata, con le case occupate da nuovi abitanti giunti dall’interno della Jugoslavia, estranei alla lingua, alla cultura e alle tradizioni locali.

Norma Zani.
Foto: IVOR HRELJANOVIĆ

L’educazione delle «nazionalità»
Ha ricordato come l’italiano fosse sparito anche dalla vita quotidiana, lasciando i bambini fiumani incapaci di comunicare perfino tra coetanei. Ha poi riferito della “Primavera croata”, il movimento nato tra il 1967 e il 1971 per chiedere maggiori diritti alla Repubblica di Croazia all’interno della Federazione Jugoslava, represso con durezza. Tuttavia, ha spiegato, proprio da lì si aprì un processo che portò alla Costituzione del 1974, la quale garantì maggiore autonomia alle singole repubbliche. Nel 1979 fu approvata la legge sull’educazione delle “nazionalità”, un passaggio importante per il riconoscimento dell’istruzione in lingua italiana. La professoressa ha parlato anche degli anni Ottanta, segnati dal cosiddetto “silenzio croato”, ovvero un clima politico chiuso e pesante seguito alla summenzionata repressione. Dopo la morte di Tito nel 1980, il Paese precipitò nella povertà e nel razionamento. Le scuole italiane sopravvivevano con grande difficoltà, tra scarsità di risorse, burocrazia ostile e pressioni politiche. Infine, ha accennato agli anni Novanta, quando con la dissoluzione della Jugoslavia e l’indipendenza della Croazia, la CI ha affrontato una nuova fase, più libera, ma non priva di sfide. Ha concluso affermando con orgoglio che, nonostante tutto, la minoranza italiana, anche se “come una goccia sul palmo della mano”, è ancora presente, viva e consapevole, capace di custodire e trasmettere la propria identità attraverso le generazioni.
A seguire, ha avuto luogo la fase laboratoriale, durante la quale i docenti si sono suddivisi in gruppi di lavoro, elaborando nuove proposte progettuali in vista di collaborazioni future. La giornata si è conclusa con la restituzione plenaria dei lavori.

Michele Scalembra, Patrizia Pitacco, Alessandro Cuk, Giorgia Menditto e Simonetta Mantovani.
Foto: IVOR HRELJANOVIĆ

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