Il dolore affrontato dalla fragilità e forza femminile

Al TNC «Ivan de Zajc» ha debuttato lo spettacolo «Fiori d’acciaio» di Renata Carola Gatica basato sull’omonima drammaturgia dello statunitense Robert Harling

0
Il dolore affrontato dalla fragilità e forza femminile

Al Teatro Nazionale Croato “Ivan de Zajc” di Fiume è andato in scena il brano “Fiori d’acciaio” (Čelične magnolije), nella regia di Renata Carola Gatica, direttrice del Dramma Croato. Basato sull’omonima drammaturgia dello statunitense Robert Harling, lo spettacolo viene costruito intorno al contrasto tra la fragilità e la forza delle protagoniste, che si riflette anche nell’ossimorico titolo dell’opera.

 

 

Dall’Off-Broadway al grande schermo
“Fiori d’acciaio” (Steel Magnolias) è una drammaturgia scritta da Robert Harling in seguito alla morte della sorella Susan Harling-Robinson come sorta di procedimento terapeutico per fare i conti con il triste evento. Debuttata nel 1987 al WPA Theatre di New York, parte dell’Off-Broadway, la rappresentazione ha riscontrato un successo immediato e, dopo oltre mille repliche, è stata adattata per il grande schermo dallo stesso Harling. Il successo dell’omonima pellicola, uscita nel 1989, è da attribuire, oltre che all’incontestabile bravura delle attrici (confermata anche dai numerosi riconoscimenti ottenuti, tra cui un Golden Globe e una nomination per l’Oscar conferiti a Julia Roberts), anche e soprattutto all’efficacia dell’equilibrio tra la forma e il contenuto dell’opera di Harling che, piuttosto che creare un contrasto che stona e provoca fastidio, si completano e si esaltano a vicenda: il senso dell’umorismo delle protagoniste funge, infatti, non solo da meccanismo di difesa a livello della trama, ma permea l’intera drammaturgia/sceneggiatura evidenziando e dando ancora più peso alla tragicità del tema centrale.

Foto: IVOR HRELJANOVIĆ

Drammaturgia equilibrata
Due atti da due scene ciascuno fanno della drammaturgia di Harling una struttura piuttosto equilibrata. Se nella prima scena del primo atto, pregna di elementi comici, vengono introdotte le protagoniste con tutte le loro peculiarità sfiorando appena la tristezza della tematica principale, nella seconda inizia a palesarsi sempre di più l’eventualità di una tragica sorte di Shelby. Nel secondo atto l’angoscia cresce e, come un cancro, si diffonde nella trama e affligge i personaggi. La comicità progressivamente cede il posto alla pesantezza della sorte e al dolore di una madre che, nonostante grandi sacrifici, non riesce a salvare l’amata figlia. Prima di far calare il sipario, Harling ci dà un’ultima prova della forza di queste donne, le quali concludono l’opera con un sorriso che cela sofferenza, desolazione, angoscia, ma anche compassione, calore e speranza.

La forza del testo di Harling sta nel modo in cui l’autore porta in scena un argomento serio e delicato come la perdita di un figlio, evitando tautologie e optando, invece, per una scrittura che alleggerisce al massimo ciò che potrebbe appesantire inutilmente l’opera, incorniciando in questo modo e rendendo ancora più forte e sentito il sentimento di dolore del finale.

Ivna Bruck nei panni di Anita e Judita Franković-Brdar nel ruolo di Patricija

Grande maestria di Leonora Surian Popov
La messinscena di Renata Carola Gatica segue quasi alla lettera la drammaturgia e le indicazioni didascaliche dell’originale, con piccole e trascurabili modifiche. Ed è forse proprio quello uno dei difetti dello spettacolo: molte delle gag sulle quali poggia l’umorismo dello spettacolo fanno fatica a suscitare nei confronti del pubblico fiumano lo stesso effetto che potrebbero avere avuto su un pubblico della fine degli anni ’80, o perlomeno odierno, statunitense. È vero che a momenti l’esiguo pubblico della prima ha reagito con risate sincere e sentite, tuttavia si è trattato di pochi e occasionali momenti, la maggior parte dei quali attribuibili alla maestria e all’innegabile carisma di Olivera Baljak nel ruolo di Luiza Rizling (Louisa Ouiser Boudreaux). Purtroppo, gran parte degli elementi comici di cui abbonda il primo atto della drammaturgia di Harling non sono stati percepiti dal pubblico dello “Zajc” come tali: è capitato forse troppo spesso, nella prima parte dello spettacolo, che le battute non abbiano fatto ridere e, a volte, certe gag hanno persino sfiorato l’imbarazzo. Ciò che salva la messinscena di Renata Carola Gatica è la straordinaria performance finale di Leonora Surian Popov che, con grande maestria e professionalità, dà vita al dolore di Marijana (M’Lynn) dopo la morte della figlia Silvija (Shelby), interpretata dalla carismatica Aleksandra Stojaković Olenjuk. Alla fine dello spettacolo è seguito un forte applauso del pubblico, evidentemente commosso dall’esibizione e dalla magnifica presenza scenica della Surian Popov. Tuttavia, si tratta di una reazione piuttosto aspettata data l’universalità dell’argomento centrale, ovvero il dolore di un genitore per la perdita di un figlio, con il quale il pubblico riesce a empatizzare in maniera immediata, motivo per cui risulta difficile non pensare che l’applauso finale della prima sia da attribuire quasi esclusivamente alle capacità recitative dell’attrice che conclude lo spettacolo.

La messinscena riprende l’originale in modo fedele

Una mancata reinterpretazione
Nel caso dei “Fiori d’acciaio” dello “Zajc” fiumano, non è stata svolta una vera e propria (re)interpretazione a livello drammaturgico e registico che invece sarebbe stata più che opportuna. La messinscena, come spiegato, riprende l’originale in modo piuttosto fedele. Il risultato è un umorismo quasi blando, per la maggior parte della durata dello spettacolo. Di conseguenza, le grandi potenzialità della drammaturgia di Harling non sono state sfruttate dall’ensémble dello “Zajc”. Uno dei punti di forza del finale dello spettacolo è il fatto di poter colpire lo spettatore che, per certi versi, è ancora sospeso nella comicità dell’azione scenica. Data la scarsezza di momenti che suscitino risate, nel caso della messinscena di Renata Carola Gatica, lo spettatore arriva a una conclusione della rappresentazione che sì, colpisce portando in superficie sentimenti universalmente forti e riconoscibili, ma ci arriva con meno impatto rispetto a ciò che proverebbe se, durante la prima parte, fosse sinceramente divertito. Anche l’eccentricità di Anita (Annelle), interpretata in modo mediocre da Ivna Bruck, spesso fallisce nell’intento di intrattenere lo spettatore. “Fiori d’acciaio”, nella versione dello “Zajc”, si presenta dunque come uno spettacolo che non riesce a raggiungere completamente quanto ottenuto dal soggetto di Harling in passato nell’ambito dell’Off-Broadway e sul grande schermo, e ciò a causa dell’inefficacia di far divertire in modo pressoché continuativo lo spettatore prima di portarlo alla sensazione di dolore che emerge dall’ultima parte della rappresentazione. Ad eccezione di poche gag comiche davvero riuscite, come quelle di Olivera Baljak e di Biljana Lovre nel ruolo di Klara (Clairee), lo spettatore rimane piuttosto indifferente nella prima parte dello spettacolo, al contrario pregna di potenzialità comiche.

L’interno del salone di bellezza di Patricija (Truvy), interpretata molto bene da Judita Franković-Brdar, nel quale si svolge l’intera azione scenica, è stato creato dalla scenografa Paola Lugarić, mentre i costumi, che riprendono in modo fedele la moda della fine degli anni ’80 negli Stati Uniti d’America, sono stati ideati da Sandra Dekanić. Alla realizzazione dello spettacolo hanno partecipato anche Natalija Manojlović, dramaturg e assistente alla regia; Zrinka Kolak Fabijan, come consulente linguistica; Carry Lee Hent, assistente alla scenografia; e Sandra Čarapina, direttore di scena. Lo spettacolo è stato realizzato in collaborazione con la casa di produzione britannica Concord Theatricals Ltd.

Tutti i diritti riservati. La riproduzione, anche parziale, è possibile soltanto dietro autorizzazione dell’editore.

L’utente, previa registrazione, avrà la possibilità di commentare i contenuti proposti sul sito dell’Editore, ma dovrà farlo usando un linguaggio rispettoso della persona e del diritto alla diversa opinione, evitando espressioni offensive e ingiuriose, affinché la comunicazione sia, in quanto a contenuto e forma, civile.

No posts to display