
Un interessante libro autobiografico, che illustra le difficili esperienze, sofferenze e ricordi, e allo stesso tempo anche la gioia di una bambina italiana nativa di Canfanaro, che assieme alla propria famiglia ha vissuto il dramma dell’esodo istriano. Parliamo del volume “Fogolèr – Storia di una famiglia istriana” della prof.ssa Grazia Del Treppo, presentato alla Comunità degli Italiani di Pola. L’autrice, nata a Canfanaro il 5 maggio del 1941, partita assieme alla famiglia (i genitori e la nonna) da Pola per l’Italia all’età di appena 10 anni (il 10 febbraio del 1951) si è infine sistemata a Torino, dov’è cresciuta e si è laureata in Lettere e specializzata in Psicologia.
Alla presentazione del libro, accanto a Del Treppo, hanno preso parte anche Tiziano Sošić, avvocato e Console onorario d’Italia a Pola molto legato (anche per motivi di lavoro) alla famiglia dell’autrice, e che tra l’altro ha scritto la postfazione, nonché Vito Paoletić, membro dell’Assemblea della Comunità degli Italiani di Pola e moderatore della serata letteraria.
Una raccolta di aneddoti e memorie
Un grande merito per la pubblicazione di questo libro, come puntualizzato da Grazia Del Treppo, va attribuito alla figlia Chiara Bertoglio – tra l’altro una brava pianista (come ha dimostrato negli intermezzi musicali esibendosi nei brani “Rondò capriccioso” e “Notturno”, rispettivamente di Mendelssohn e Chopin) – che l’ha convinta a raccogliere gli appunti, abbozzi, memorie, aneddoti, raccolti anche attorno al “fogolèr”, come simbolo “dell’intimità istriana”, scritti e poi lasciati da parte. Il tutto per far rivivere la storia e raccontare il destino di una bambina di esuli istriani, senza aver l’intenzione di rielaborare gli avvenimenti, bensì di ricordarli e tramandarli, nonostante tutte le difficoltà vissute nei numerosi campi profughi improvvisati in Italia (Udine, L’Aquila, Roma, Torino, dove infine ha trovato dimora fissa), sempre senza rancore e astio.
La vita a Canfanaro
“Fogolèr”, uscito il 24 gennaio scorso (edito dalla “Ares”, con prefazione dello storico Roberto Spazzali), inizia con la descrizione di Canfanaro e gli aspetti della vita del suo paese d’origine, al tempo con la “doppia” cultura italiana e croata; piena di colori, profumi, vivacità e felicità, dove non esisteva alcuna distinzione tra le due etnie. Un’armonia spezzata dalla crudeltà della storia, con la famiglia di Grazia costretta a lasciare per sempre queste terre, con il treno che la portava a Divaccia e poi a Udine il 10 febbraio del 1951, dopo aver ricevuto il permesso. L’autrice ricorda l’incubo delle foibe, la carcerazione dei genitori (la madre Stefania era stata accusata di propaganda religiosa e trascorse due mesi in carcere a Pola, mentre il padre Andrea, macellaio, come “nemico del popolo” venne costretto a sei mesi di lavori forzati a Ossero), ma anche altri fattori, quali la negazione del sentimento religioso.
All’età di appena sette anni Grazia si trasferì a Pola da una famiglia (si pensava che fosse perbene, però non le interessava molto della piccola) per frequentare la scuola elementare italiana. Nel tempo libero girovagava da sola per la città e si fermava a lungo nell’antiquariato allora ubicato in piazza Port’Aurea.
La partenza da Pola
Nel descrivere la sua partenza da Pola, Del Treppo si è emozionata, ricordando il treno che partiva e il campanile che si stava allontanando… per sempre. Poi ci fu il calvario vissuto nei campi profughi, dove le mancavano il mare e il suo paese, e si viveva in miseria e in pessime condizioni, in special modo a L’Aquila. “Però nessuno di noi in famiglia ha mai protestato – ha tenuto a puntualizzare l’autrice –. Anzi, abbiamo sempre mantenuto lo spirito, l’umorismo. Per noi, grazie alla fede, c’era una gioia nel dolore, non eravamo infelici. È stato necessario che passi del tempo per far ritorno in Istria, che è la mia terra d’origine, che amo moltissimo, e sono orgogliosa delle mie radici. La prima volta, però, mi sono trovata a disagio, ricordando le sofferenze e il dolore vissuti. Nonostante tutto ciò che ho provato nella vita, sono felice, perché ho imparato a combattere per ogni cosa bella. La vita viene vissuta giorno per giorno; qualche volta è gioiosa e talvolta dolorosa. Devo comunque ammettere che la mia serenità non è la stessa e paragonabile a quella delle famiglie degli infoibati. Oggi sono una donna al crepuscolo, serena e realizzata, malgrado tutte le situazioni che hanno caratterizzato la mia infanzia”, ha concluso Del Treppo, in forma smagliante all’età di 84 anni.
Da parte sua Sošić ha rilevato che negli ultimi 20 anni è diventato un amico di famiglia di Grazia. “Si tratta di un libro familiare, entusiasmante e interessante, in cui la narrazione si snoda in modo lineare e semplice. La storia parte dalle prime memorie, dal ‘fogolèr’ quale simbolo dell’istrianità. Un altro elemento è il coraggio della bambina che all’età di sette anni è costretta a fare continui tragitti e compiti, poi la dura vita da profuga, fino alla realizzazione della propria identità, sempre con la sua Canfanaro e l’Istria nel cuore”, ha concluso Sošić.
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