Igor Vlajnić: «Un onore tradurre «Sunset Boulevard» ed «Evita»»

Chiacchierata con il Maestro, autore delle traduzioni per i musical di Andrew Lloyd Webber, allestiti con successo al TNC «Ivan de Zajc» di Fiume

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Igor Vlajnić: «Un onore tradurre «Sunset Boulevard» ed «Evita»»

Il musical ha finalmente fatto ritorno a Fiume. E con “Sunset Boulevard”, allestito la scorsa stagione dal Teatro Nazionale Croato “Ivan de Zajc”, lo ha fatto in maniera trionfale, bissata di recente con l’allestimento di “Evita”, entrambi capolavori composti da Andrew Lloyd Webber. Tra interviste con i protagonisti, critiche musicali, articoli di cronaca e quant’altro, si è in pericolo di trascurare chi fa il suo lavoro totalmente immerso nello spettacolo, ma al contempo scostato dallo stesso, una persona senza il cui impegno, creatività e voglia di fare nessuno dei successi conseguiti si sarebbe avverato. Parliamo del maestro Igor Vlajnić, responsabile della traduzione in croato e dell’adattamento del testo di “Sunset Boulevard” e di “Evita”, nonché direttore dell’orchestra in entrambe le produzioni, con il quale abbiamo voluto ripercorrere la strada che ha portato al revival di un genere scenico-musicale che a Fiume ha sempre avuto tanto successo: il musical, appunto.
Cominciamo dalla fine. Ormai il pubblico fiumano è viziato e si attende un nuovo musical nella prossima stagione. Ha già qualche idea su quale spettacolo portare in scena allo «Zajc»?
“Avrei già qualche idea, ma il problema sono i diritti d’autore. I musical più recenti costano di più. Ad esempio, ci sono musical che sono specifici per il fatto di aver vissuto un revival negli ultimi tempi – ad esempio, una trasposizione cinematografica -, ma il fatto con questo genere è che il prezzo dei diritti d’autore non dipende dai costi di produzione, bensì è dettato dal mercato. Se si tratta di un musical ricercato e popolare questo costa molto di più di un altro forse meno noto, ma allestito nello stesso periodo. Ad esempio, ‘Sunset Boulevard’ è stato composto nel 1992, mentre ‘Evita’ risale alla fine degli anni Settanta. Però, anche se ‘Evita’ è più popolare di ‘Sunset’, il suo prezzo è più basso perché è stato composto qualche decennio prima”.
Aspettando «Il gobbo di Notre-Dame»
Che cosa influisce ancora sulla scelta?
“Oltre al prezzo, sulla scelta del musical da allestire influisce anche il numero di attori del quale il Teatro dispone. In ‘Sunset’ abbiamo avuto bisogno di una ventina-trentina di attori, mentre in ‘Evita’ ce ne sono cinque. Pertanto, se abbiamo capito che all’interno dell’ente teatrale possiamo contare su una o due attrici capaci di ricoprire il ruolo di Evita, allora è chiaro che questa sarà la scelta giusta. Col tempo abbiamo notato che è molto più facile lavorare a uno spettacolo quando tutti gli interpreti fanno parte dell’ensemble perché è più semplice organizzare le prove. Se si lavora con attori-ospiti, allora è necessario prendere in considerazione anche altri progetti nei quali sono coinvolti, per cui non sempre possono essere a disposizione. Ma per il futuro, avevo pensato di occuparmi del ‘Gobbo di Notre-Dame’ di Alan Menken. Ad ogni modo, ritengo che il nostro Teatro non dovrebbe puntare sui musical più popolari e celebri in tutto il mondo, bensì su quelli un po’ meno popolari, ma di qualità”.

Damir Kedžo e Leonora Surian Popov in “Sunset Boulevard”. Foto: Željko Jerneić

Andiamo da capo. Come mai l’idea di tradurre un musical come «Sunset Boulevard»?
“Sono stato sempre molto interessato a progetti crossover, interdisciplinari. Ritengo che se parliamo di un genere che coordina la recitazione, il canto e la danza, allora dobbiamo sempre prendere in considerazione il fatto che le persone che partecipano nell’allestimento devono possedere tutte e tre le competenze: devono saper recitare, cantare e danzare. Certo che il canto è la componente che si nota prima di tutte le altre e che il pubblico coglie immediatamente. Appena uno sbaglia due note, è chiaro che qualcosa non funziona. D’altro canto, la qualità della recitazione si può magari giudicare al termine dello spettacolo. Esistono, però, musical in cui la recitazione è in primo piano e questo è il caso con ‘Sunset Boulevard’. Secondo me, questo è un capolavoro drammatico-musicale superiore a ‘Evita’, che è effettivamente un susseguirsi di scene che non hanno una storia elaborata, bensì piuttosto piatta. Una prova della qualità di ‘Sunset Boulevard’ è anche il fatto che questo dura addirittura 45 minuti in più di ‘Evita’, mentre nell’adattamento del musical non ho eliminato nemmeno una frase. La scelta di questo musical è stata anche dettata dal fatto che in seno al Teatro non disponiamo di attori che si occupano di questo genere scenico-musicale. Per questo motivo, avendo deciso di realizzare lo spettacolo esclusivamente con le forze ‘di casa’, la mia scelta era caduta su ‘Sunset Boulevard’.”
È stato difficile realizzare la traduzione di “Sunset Boulevard”, in quanto bisogna tenere conto anche della musica e del ritmo?
“Mai fino a questo musical, a parte delle occasionali collaborazioni, non ho tradotto un testo che accompagna la musica. Ma avevo deciso di prendermi del tempo. Sapevo che la première era fissata per febbraio 2019, per cui avevo deciso di lavorare durante l’estate e concludere il tutto il 1º settembre. Nel caso in cui la traduzione sarebbe stata fatta bene, allora si sarebbe iniziato subito a lavorare sull’allestimento, ma se no, ci sarebbe stato abbastanza tempo per ingaggiare qualcun altro per rivedere il testo. Avevo iniziato a lavorare tranquillamente e il lavoro era stato fatto nell’arco di tre settimane. Si tratta di tre settimane in cui lavoravo ogni giorno, quattro ore di mattina e altre due di pomeriggio. Più di così non mi era possibile perché tradurre è stancante e dopo diverse ore la concentrazione comincia a vacillare e si inizia a sbagliare. Dopo aver concluso la traduzione, ho bisogno di una decina di giorni per rileggere il tutto e apportare le necessarie correzioni. Segue, infine, il lavoro più difficile: scrivere il testo nella partitura, la quale sarà in seguito fotocopiata per tutto l’ensemble.”
Traduzioni puntualmente approvate
“Non dobbiamo dimenticare che queste traduzioni devono essere approvate dalla famiglia dell’autore, per cui per ‘Evita’, ad esempio, era necessario compilare un documento in tre colonne. Nella prima il testo originale in inglese, nella seconda la traduzione in croato e nella terza colonna la traduzione letterale del testo croato in inglese. Ho spedito tutto a Londra e dopo tre settimane abbiamo ricevuto la risposta. In questo contesto le regole sono molto rigide. In veste di traduttore, dovevo stipulare un contratto molto dettagliato con la famiglia dell’autore. Innanzitutto, è necessario ottenere il permesso di tradurre nella lingua del Paese in cui lo spettacolo viene allestito, dopodiché alla famiglia viene spedita la biografia del traduttore e in seguito vengono dettate una serie di regole. Nel caso di ‘Evita’, ad esempio, la famiglia ha richiesto di visionare la traduzione di otto brani (il musical ne conta una ventina) prima di dare il beneplacito. Il contratto che ho firmato è molto complesso: in uno degli articoli io rinuncio ai diritti sulla traduzione, mentre la famiglia mi garantisce il diritto a un compenso nel caso in cui il musical in croato venisse allestito da qualche altro Teatro e il diritto ad avere il mio nome e cognome stampato sul manifesto del musical. In questo caso è stata definita pure la grandezza dei caratteri con i quali viene riportato il mio nome”.
«Traducevo anche in spiaggia»
Una bella soddisfazione, in ogni caso!
“Per me una grande soddisfazione da più punti di vista. Innanzitutto, si tratta di traduzioni di due grandi musical di un maestro come Webber, il che è un onore di per sé; inoltre, ‘Sunset Boulevard’ ed ‘Evita’ sono stati eseguiti come prime assolute in Croazia e, infine, mi pare che in Croazia non ci siano tante persone che si occupano di traduzione di musical, per cui vedo questo lavoro come un ulteriore sbocco professionale. Devo dire che questo lavoro è stato una piacevolissima sorta di relax estivo. Infatti, ho trascorso due vacanze estive facendo questo lavoro. Usavo alzarmi prestissimo al mattino, già verso le sei, preparavo un caffè, due matite, una gomma per cancellare, un temperino e il libro per scrivervi la traduzione. Mi mettevo sul balcone e lavoravo fino alle dieci, quando iniziava a fare troppo caldo per stare fuori. Era il momento di fare una pausa. Traducevo anche in spiaggia, nelle pause tra due tuffi. La parte stressante, però, è stata la traduzione di brani molto popolari e noti, come il celeberrimo ‘Don’t cry for me Argentina’.”

Elena Brumini e Ivan Šimatović in “Evita”. Foto: Dražen Šokčević

Devo confessare che mi ha sorpreso scoprire che “Evita” è un musical intonato criticamente nei confronti di Eva Peron. Non è una glorificazione del personaggio, come ci si aspetterebbe…
“Vero. Probabilmente, l’autore, Andrew Lloyd Webber, doveva far fronte ad almeno tre problemi. Intanto scrivere un musical nel quale avrebbe rispettato alcune regole del genere dettate da Broadway e West End: la musica deve essere bella e orecchiabile, ci deve essere una storia romantica, un cliché che bisognava soddisfare. D’altro canto, Evita era un personaggio controverso, la moglie di un dittatore. Il peronismo era, infatti, un ibrido tra il comunismo conservatore nel quale da un lato si glorificava il lavoratore, che è una caratteristica dell’ideologia comunista, e un forte nazionalismo dall’altro. Inoltre, all’epoca in cui il musical venne scritto, il Regno Unito e l’Argentina erano praticamente sul piede di guerra. Quindi, si trattava di una situazione molto delicata, dove Webber ha scelto un taglio ironico, dal momento che si trattava di un musical scritto per il West End, non destinato al pubblico argentino. È discutibile in quale misura tutti i fatti riportati nel musical corrispondano alla verità, ma è imprescindibile che Eva Peron diede vita a una grande rivoluzione, che fu una donna molto intelligente che ebbe successo, nonostante le sue umili origini e il fatto di essere stata figlia illegittima.”
I Miserabili? Costo troppo elevato
C’è qualche musical che preferisce?
“Non ho delle preferenze. Mi piacciono quelli di qualità, ma che non sono così celebri. Ho già tradotto alcuni brani tratti da diversi musical. Tra questi c’è anche il famoso ‘I dreamed a dream’ tratto da ‘Les Miserables’. Anche questo è un musical straordinario, ma il suo allestimento sarebbe troppo costoso da tutti i punti di vista. Per quanto riguarda l’allestimento di un nuovo musical nel nostro Teatro, sono molto realistico: una cosa è avere un musical preferito e un’altra avere le risorse per metterlo in scena. Bisogna prendere in considerazione diversi aspetti e valutare il progetto da tutti i punti di vista. Se l’anno prossimo si farà un altro musical, bisognerà vedere di quali risorse disponiamo e in base a ciò scegliere quello più idoneo. Possiamo fare anche un musical croato”.
Negli ultimi anni ha iniziato ad ampliare le sue competenze dedicandosi anche allo studio del canto e al corso di laurea in economia…
“Mi sono diplomato in direzione d’Orchestra a Laurana, nell’Istituto superiore di musica ‘Ino Mirković’ nel 2004, mentre nel 2018 ho conseguito la laurea in canto all’Accademia di Musica di Zagabria. Attualmente sto per concludere il corso di imprenditoria alla Facoltà di Economia di Fiume, dove presto conseguirò la laurea. Questa decisione è scaturita dal mio lavoro di direttore dell’Opera nel 2014, quando ho capito quanto sia importante per una persona che ricopre la funzione di direttore in qualsiasi settore possedere delle conoscenze nel campo del management, oltre che quelle relative alla sua professione. Avevo così iniziato a seguire dei seminari su Internet e in seguito ho ottenuto una borsa di studio per un corso di management all’Università di Harvard a Boston negli Stati Uniti, che ho superato; dopodiché mi sono iscritto alla Facoltà di Economia. Al contempo, sto portando avanti un dottorato in management nella cultura all’Università di Osijek”.
Oltre a tutte queste attività, è anche direttore artistico del coro misto «Jeka Primorja»; e ha pure una famiglia.
“Tutto si può fare, bisogna soltanto organizzarsi bene. Adesso ho 35 anni, ma ho deciso di concludere gli studi fino ai 40 anni compiuti. Una volta concluso tutto questo lavoro, ho deciso che mi dedicherò a me stesso, soprattutto alla mia salute, che è la più bistrattata al momento. Anche se mi sono abituato a questi ritmi stressanti, sento che questo non va bene e che a un certo punto dovrò dire basta”.
Come trascorre il tempo libero?
“Mi piacciono i blockbuster di fantascienza come, ad esempio, ‘Guerre stellari’, delle quali sono grande fan. Non disdegno, però, nemmeno i film di attori eccellenti, ma meno noti. I film mi rilassano. Ad ogni modo, anche il mio tempo libero è organizzato. Ho l’abitudine di compilare liste di compiti ai quali devo assolvere”.

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