«I Puritani» incantano il pubblico triestino

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«I Puritani» incantano il pubblico triestino

TRIESTE | Teatro Verdi. La serata è di quelle che Trieste attende con grande apprensione, la prima del teatro lirico è un evento che coinvolge anche chi non ha grande predisposizione per il melodramma. L’aver scelto poi Katia Ricciarelli per la regia de “I Puritani” di Vincenzo Bellini, con cui si apre questa stagione, ha creato un’esposizione mediatica a cui poi si è data risposta mandando in diretta la rappresentazione su Tele4, televisione locale che si è prestata ad una lunga maratona con interviste ai protagonisti e al pubblico. Il sindaco Roberto Dipiazza nel foyer attende tutti, saluta gli uomini e fa il baciamano alle signore. Molti abiti lunghi fruscianti e qualche smoking abbelliscono la già vivace atmosfera del teatro, addobbato con mazzi di fiori di fattura rigorosamente autunnale. La triste stagione ha fatto infatti finalmente capolino con la bora e l’abbassamento delle temperature, arrivati dopo una lunga e calda estate durata sei mesi pieni. Il Verdi ha deciso questo titolo per l’apertura, l’ha affermato il sovrintendente Stefano Pace durante una delle conferenze stampa che hanno cesellato l’attesa, perché in questo periodo è riuscito a fermare per sé un cast adeguato alla realizzazione dell’opera: Ruth Iniesta, Antonino Siragusa, Mario Cassi, Alexey Birkus, Nozomi Kato, Andrea Binetti e Giuliano Pelizon hanno realizzato uno sforzo corale forte assieme a coro, orchestra, regia e direzione per il pieno successo dello spettacolo.

Opera colma di spunti avveniristici

“I Puritani” è il coronamento della carriera del compositore catanese, l’opera con cui concluse la sua troppo breve vita, che al Théâtre de la Comédie italienne di Parigi il 24 gennaio del 1835 ebbe esito trionfale. Racconta il direttore Fabrizio Maria Carminati che Rossini fece le pulci a Bellini, consigliando tagli e modifiche, forse anche troppi, e non fu l’unico ad esserne abbagliato, quasi invidioso dei risultati ottenuti, qualche anno dopo Richard Wagner ne resterà folgorato. Non a caso i critici musicali sostengono che l’opera è piena di spunti avveniristici, assunto di puro canto infinito, l’espressione più alta del Belcanto italiano. Bellini fece molta fatica sul versante della scrittura del libretto. Il poeta bolognese Carlo Pepoli, a cui era stato affidato il compito di scriverlo, traendolo dal dramma storico di Jacques-François Ancelot e Joseph Xavier Boniface, “Têtes rondes et Cavaliers”, era inesperto e costrinse il compositore a metterci più volte mano.

Sotterfugi nell’Inghilterra di Cromwell

La storia è ambientata nell’Inghilterra di Cromwell, cromvello si dice nel testo con quell’abitudine dell’epoca di italianizzare tutti i nomi, con la sua fazione, i Puritani appunto, che combatte una guerra civile contro gli Stuart, ovvero Stuardi, a capo del regno. Cromwell destituirà il re, inizialmente per spingerlo ad accettare la monarchia parlamentare, costretto poi ad avviarsi ad una democrazia, da lui diretta, destinata a durare pochissimo. I protagonisti in scena incarnano le varie fazioni, Sir Giorgio (Alexey Birkus), zio di Elvira (Ruth Iniesta), ha deciso di far sposare la ragazza a Lord Arturo Talbo (Antonino Siragusa) contravvenendo alle disposizioni del padre della giovane morto, che l’aveva promessa a Sir Riccardo Forth (Mario Cassi): decisione non facile perché Arturo è partigiano degli Stuart, contrariamente alle posizioni cromwelliane degli altri. Arturo riconosce nella prigioniera Enrichetta, la regina vedova di re Carlo, e scapperà con lei per salvarle la vita. Elvira impazzisce, mentre il parlamento decide la pena di morte per il traditore. Al suo ritorno Arturo riporterà in sé la giovane giurandole tutto il suo amore, nel frattempo la fine vittoriosa della guerra per i Puritani consiglierà l’indulgenza e il lieto fine della vicenda dei due innamorati. Al terzo atto Elvira ed Arturo si dichiarano tutto il loro amore in due duetti, il primo “Da quel dì ch’io ti mirai”, che era stato tagliato, perché considerata troppo lunga la durata dell’intera rappresentazione, reinserito in questa versione triestina e il seguente duetto “Vien fra queste braccia”, in un crescendo di tensione amorosa e di paura per il loro destino che si protrae fino alla fine del terzo atto con un altro piccolo duetto dei due seguito da un altrettanto piccolo frammento di variazione di Elvira “Ah sento o mio bell’angelo” che conducono alla chiusura del finale. I due frammenti musicali sono stati estrapolati dalla partitura manoscritta originale conservata alla Biblioteca Cherubini di Firenze, nel Fondo Abramo Basevi.

Espressività dei protagonisti

La scena di Paolo Vitale è immobile e potente all’apertura del sipario. Una fortezza semi diroccata, pareti e colonne di un palazzo in rovina, scale e impalcature in tubi innocenti consentono una percorrenza a tutto tondo della struttura. L’azione si svolge su una spianata del castello che scende verso una breve scalinata. I costumi di Giada Masi sono verosimili dell’epoca e nel loro rigore nero e grandi colli bianchi sottolineano la svolta fortemente religiosa di Cromwell. Solo i due giovani innamorati vestono abiti chiari a significare la loro estraneità ai gravi fatti storici che li circondano: l’amore che travalica i confini della guerra. La regia di Katia Ricciarelli e Davide Garattini si sofferma più sull’espressività dei protagonisti che sulla mobilità degli stessi. Infatti tutto appare immobile, anche la massa corale, salvo poche azioni, è schierata in scena. I cantanti danno tutti grande prova di sè. Il soprano Ruth Iniesta si cimenta nell’opera che la vede quasi continuativamente sul palcoscenico e impegnata vocalmente. Rende straordinariamente il suo personaggio: giovane e ottima interprete del belcanto, capace anche, come richiesto dalla regia, di convincente interpretazione dei sentimenti e della parola. Antonino Siragusa raggiunge inaudite vette tenorili, atteso dal pubblico che lo applaude per la sua grande naturalezza espressiva. Eccellenti il paterno Alexey Birkus nell’aria “Cinta di fiori”, il pretendente deluso Mario Cassi e la regina del mezzosoprano Nozomi Kato. Due gli artisti triestini in scena Andrea Binetti e Giuliano Pelizon, impegnati in ruoli minori, danno ottima prova vocale e scenica di sé, sottolineata dal gradimento del pubblico. Orchestra e coro, magistralmente diretti rispettivamente da Fabrizio Maria Carminati e Francesca Tosi, restituiscono alla platea un’opera che convince e piace molto. Lunghi applausi accompagnano la chiusura del sipario, molte le chiamate in scena dei cantanti, ovazioni e fiori per l’Elvira di Iniesta, giovane, gentile, instancabile e simpatica.

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